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La Toscana nuova - Anno 5 - Numero 11 - Dicembre 2022 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 3. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074

Emozioni visive

L’immane forza della natura

Testo e foto di Marco Gabbuggiani Capita spesso di trovarsi in luoghi abbandonati dove si capisce chiaramente che la natura si è ripresa i propri spazi a scapito di quanto creato dall’uomo. Mentre nei luoghi abbandonati questo processo è palese, un occhio abituato ad osservare e a pensare riesce a percepirne le tracce anche quando l’abbandono ancora non c’è stato e le strutture ed i luoghi sono ancora vivi nell’uso quotidiano. Tutto questo a dimostrazione che la natura non si ferma e pare quasi lottare contro ogni modifica umana per dimostrare la sua potenza, evidenziando così la nostra fragilità e le nostre effimere opere. Le foto qui pubblicate sono rappresentative di questo fenomeno e sono state scattate in luoghi tutt’altro che abbandonati. La prima mostra una porzione di muro lungo l’argine del fiume Mugnone, nei pressi di viale Redi a Firenze, dove, a dispetto di pietre e cemento, la natura ha saputo sfruttare una minima quantità di terra per far nascere una splendida edera rossa che pare uscire dal muro in maniera quasi magica. L’altra foto rappresenta invece il rugginoso palo di una recinzione interrotta in via di Corbignano: l’albero adiacente lo sta letteralmente mangiando ed è certo che, nel giro di pochi anni, il palo sarà destinato a sparire. Sono foto che non hanno nulla di speciale se non quello di farci riflettere sull’impari lotta che il genere umano ha intrapreso con la natura. Una lotta in cui la natura pare metterci in guardia fin da subito circa la sua forza e la sua potenza. Segnali che dobbia-

[email protected]

mo saper recepire come io ho fatto nel momento in cui il mio occhio ha visto queste due situazioni che facilmente possono passare inosservate perché del tutto integrate in un paesaggio anonimo.

Da oltre trent'anni una realtà per l'auto in Toscana

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DICEMBRE 2022

I QUADRI del mese

7 Piccoli musei da scoprire: il Polo Culturale Pietro Aldi a Saturnia 8 Cecil Beaton, uno dei massimi creatori del divismo hollywoodiano 9 11 12 13 14 16 19 20 25 26 27 29 30 31 33 34 36 37 39 40 42 44 47 48

Loretta Casalvalli, Il profumo delle rose, acrilico su tela, cm 40x60

50

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53 54 59 61 62 65 67 69 71 73 74 76 78

Margherita Biondi, Neve a Campo Tizzoro, acrilico su tela, cm 30x40

[email protected]

In copertina: Davide Sigillò, Ritratto a Venezia (2020) olio su tavola, cm 37x42

Periodico di attualità, arte e cultura La Nuova Toscana Edizioni di Fabrizio Borghini Via San Zanobi 45 rosso 50126 Firenze Tel. 333 3196324 [email protected] [email protected] Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 Iscriz. Roc. n. 30907 del 30-01-2018 Partita Iva: 06720070488 Codice Fiscale: BRGFRZ47C29D612I

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Anno 5 - Numero 11 - Dicembre 2022 Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L 27/02/2004 n, 46) art.1 comma 1 C1/FI/0074

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Luciano Artusi

Stampa:

Luciano Artusi Foto:

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Stefano Marrucci

Abbandono a Limite, olio su tela, cm 70x70

Opera premiata con il Fiorino d’Oro nell’ambito della XXX edizione del Premio Firenze 2012

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Note dʼarte A cura di Rosanna Bari

Torna a risplendere a Firenze la Cappella di Palazzo Portinari Salviati Intervista alla restauratrice Anna Medori di Rosanna Bari / foto Rosanna Bari e courtesy Faberestauro

D

opo anni di chiusura è tornata a risplendere la Cappella di Palazzo Portinari Salviati. Il restauro, iniziato a febbraio 2019 e inaugurato lo scorso settembre, ha ridato nuova brillantezza alla superficie pittorica danneggiata da infiltrazioni di umidità. Da sempre considerati degli affreschi, il restauro ha rivelato, invece, che si tratta di un raro esempio, in ambito fiorentino, di pittura a olio su muro. Fu eseguita, tra il 1579 e il 1580, da Alessandro Allori su commissione di Jacopo Salviati, all’epoca proprietario del palazzo. Dedicata a Santa Maria Maddalena, la cappella fu consacrata nel 1581, così come si legge sopra la porta d’ingresso. All’interno, al di sotto di un elegante fregio, tre storie della Maddalena, mentre, all’altare, una preziosa tavola con Cristo in casa di Marta e Maria. Arricchisce il piccolo ambiente l’abbondante stesura di oro che crea un luminoso effetto mosaico. Su una delle pareti, la firma del pittore e l’anno di ultimazione dei lavori. L’importante opera di ripristino della cappella, e delle altre decorazioni del palazzo, è stata eseguita da Anna Medori (Faberestauro) con la collaborazione di Andrea Vigna (Habilis) e la direzione di Adriana Novelli, project manager LDC Group e il restauratore Guido Botticelli. Qual è l'impressione che si ha entrando nella cappella? È come entrare in uno scrigno, per i suoi colori brillanti e, soprattutto, per l’abbondante utilizzo di oro che impreziosisce tutte le scene.

Alessandro Allori, Cristo in casa di Marta e Maria, particolare

Qual è stata la novità di questo restauro? La scoperta della particolare tecnica utilizzata dal pittore: la pittura a olio su muro, qui sperimentata e poi, da un collaboratore dell’Allori, applicata nel Terrazzo delle Carte Geografiche agli Uffizi. Avete affrontato una specifica difficoltà? Sì, quella di riuscire a trovare un sistema di pulitura per un dipinto tecnicamente difficile che fosse adatto a riscoprire la lucentezza dei colori celata da strati di dipinture alterate e vernici ingiallite. Qual è stata l’emozione a fine restauro? Quello è stato per me il momento più emozionante, perché ultimare un restauro è come restituire nuova vita all’opera. La restaurata Cappella Salviati rappresenta, oggi, una preziosa perla incastonata all’interno del palazzo che ospita, al piano nobile, un’esclusiva residenza d’epoca mentre, al piano terra, un bar e bistrot e un ristorante.

Guido Botticelli e Anna Medori

Anna Medori durante il restauro

PALAZZO PORTINARI SALVIATI

7

I grandi della fotografia A cura di Maria Grazia Dainelli

Maurizio Galimberti Dal frammento all’unità dell’insieme per raccontare la complessità del reale: intervista al maestro del “mosaico fotografico” di Maria Grazia Dainelli / foto Maurizio Galimberti

I

l suo primo incontro con la fotografia?

Ho scattato la mia prima fotografia all’età di 12 anni durante un pranzo di famiglia in un famoso ristorante in provincia di Como. Materialmente, il primo contatto con la fotografia è avvenuto grazie ad un’Agfa Optima che avevamo a casa: era una macchina compatta senza pretese, con un rullino 24×36 che mi ha fatto da subito innamorare della fotografia. Ogni qual volta mi recavo in cantiere con papà, all’età di 10 anni, prendevo il livello, uno strumento per fare le quote dei cantieri, e ci guardavo dentro fingendo fosse una macchina fotografica. A 18 anni mio padre mi regalò una Canon FTB e iniziai a lavorare in camera oscura per lo sviluppo e la stampa. Quando ha capito che la fotografia sarebbe diventata per lei una professione? Nel 1983, quando compresi di non amare la camera oscura, passai ad utilizzare la Polaroid, che mi ha cambiato la vita. Successivamente, iniziai a collaborare da esterno con Polaroid Italia per il lancio della macchina fotografica Spectra Cam dedicata agli architetti. Ai tempi facevo il geometra per l’impresa di famiglia, ma ero insoddisfatto e nel 1992 decisi di aprire la partita IVA. Perché si è appassionato alla Polaroid? La mia passione per la Polaroid nasce in realtà dall’impazienza di non voler aspettare i tempi della camera oscura e all’epoca quella era l’unica tecnologia che permetteva di avere la stampa immediata delle foto dando densità, sangue e materia agli scatti. Non mi interessava riprodurre la realtà come la vedevo sul negativo, ma utilizzare un mezzo che reinterpretasse il reale. Trasformai così la mia visione di geometra nello sguardo di un futurista e surrealista perché la Polaroid mi ha consentito di giocare al meglio con le avanguardie storiche del Novecento, in particolare Dadaismo e Futurismo. Fu allora che iniziai a realizzare immagini che rivisitavano in chiave contemporanea quel tipo di arte. Perché la scelta del “mosaico fotografico” come tecnica espressiva? Perché sintetizza la mia ricerca ossessiva del ritmo e della perfezione estetica della realtà così come la vedo. In un certo senso, questo linguaggio è frutto della mia vita: sono vissuto in un orfanotrofio, da dove vedevo il mondo attraverso le grate delle finestre. Di questa tecnica mi servo per realizzare mosaici di architetture, paesaggi e ritratti, attraverso numerosi frammenti di immagini combinati tra di loro da sinistra verso destra, dall’alto verso il basso. 8

MAURIZIO GALIMBERTI

Cosa rappresentano per lei arte e fotografia? L’arte per me è tutto, è un modo di vivere e respirare, una passione, una fata ignorante che vive dentro di me. La mia fotografia dialoga con l’arte, con la letteratura, con il cinema e in molti dei miei lavori si muovono contaminazioni di varie radici artistiche e concettuali. Apprezzo molto Man Ray come sperimentatore, Franco Fontana, al quale mi sono ispirato nei miei paesaggi dei primi anni Ottanta poi abbandonati, e subisco l’influenza della poetica di Mondrian e Duchamp. Che siano scatti singoli, mosaici o ready-made che rileggono le immagini scattate da altri fotografi, è sempre l’istinto a spingermi a realizzare la mia ricerca. Osservo la realtà attraverso milioni di occhi di artisti, fotografi o registi che mi hanno preceduto e dai quali mi lascio contaminare per costruire nuove immagini. Al di là delle tecniche utilizzate, dietro ogni mia foto c’è sempre una situazione mentale, uno stato d’animo, che determina un tipo di lavoro piuttosto che un altro. In questo senso, la Polaroid è un mezzo che non crea la mia libertà creativa, ma la agevola. In che modo elabora e manipola gli scatti realizzati con la Polaroid? Mio padre, impresario edile, mi portava sui cantieri per fare il conto di quanti ponteggi sarebbero serviti per le facciate;

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è così che ho imparato a scomporre lo spazio con precisione. Si può dire che vedo il mondo a finestre. La composizione fotografica nasce prima nella mia testa e gli scatti che compongono l’opera hanno già una sequenza. Con la Polaroid la manipolazione delle immagini è solo manuale: da quando si scatta a quando l’immagine si solidifica passano circa due minuti e in quel breve lasso di tempo, facendo pressione con dei bastoncini di legno o con delle punte o semplicemente con le dita, si possono ottenere risultati incredibili. Successivamente ritaglio e incollo le foto con il nastro adesivo in modo da realizzare un grande affresco con una sorta di incisione pittorica. Quando e perché è passato alla Fuji Instax? Le pellicole prodotte dopo il fallimento della Polaroid erano disastrose, allora decisi di passare alla Instax Square SQ 20 della Fuji. Costruii così un modo diverso di lavorare che mi ha consentito di realizzare nuovi progetti e di stampare foto di grandi dimensioni. Come sceglie i soggetti da immortalare? I miei progetti, come quello su New York o Parigi o il progetto Italia, sono sempre su commissione ma sono nati anche all’interno di manifestazioni internazionali dove c’erano delle star. È stato così in tante edizioni della Mostra del Cinema di Venezia, del Festival di Sanremo o in svariate altre occasioni per Polaroid a New York oppure in gallerie d’arte a Londra.

Ha fotografato mostri sacri della cultura e del cinema: c’è qualche aneddoto che ricorda in particolare? Come ambassador Polaroid ricordo l’approccio durissimo nel realizzare gli scatti a Robert De Niro. Quando vide il ritratto si commosse e mi fece fotografare tutta la sua famiglia. Ricordo con molto piacere Dario Fo, personaggio leggendario dall’incredibile cultura. Le foto di Johnny Depp furono molto importanti per me perché vennero pubblicate sul Times Magazine di Londra. Un ricordo negativo me lo ha lasciato invece Sabrina Ferilli, che non mi ha mai guardato in faccia mentre mentre le facevo il ritratto. A quali progetti tiene maggiormente? Recentemente ho realizzato due progetti che rappresentano momenti cruciali della storia degli ultimi cento anni attraverso la composizione e scomposizione di foto scattate da numerosi autori della fotografia come Steve McCurry, James Nachtwey o i fotografi Magnum. Con queste immagini ho creato mosaici giganteschi nei quali il soggetto viene fuori in maniera potente. A questo proposito ho pubblicato due libri: Uno sguardo nel labirinto della storia e L’illusione di una storia senza futuro. A breve uscirà un ulteriore libro, sempre con lo stesso linguaggio espressivo, sulla strage nella miniera di carbone di Marcinelle che avvenne la mattina dell’8 agosto 1956 e nella quale morirono 136 italiani e 95 di altre nazionalità europee. www.mauriziogalimberti.it

MAURIZIO GALIMBERTI

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Buone Feste

Spunti di critica fotografica A cura di Nicola Crisci

Sarolta Ban

Il fascino della surrealtà racchiuso in un’immagine di Nicola Crisci / foto Sarolta Ban

N

ata nel 1982 a Budapest, Sarolta Ban realizza fotografie di impronta surrealista mediante la manipolazione digitale. Dopo gli inizi come designer di gioielli, ha scoperto le infinite possibilità espressive del fotoritocco digitale. Sperimentando da autodidatta, è riuscita a costruire uno stile personale che le ha permesso di farsi notare nel panorama internazionale e di vendere le sue foto per copertine di libri e cd musicali. Dal punto di vista tecnico, la giovane ungherese utilizza una fotocamera non professionale, perché dice che ancora non può permettersi di meglio. Dopo tutto, il grosso del suo lavoro avviene in Photoshop, con il quale arriva a costruire più di 50-100 livelli diversi per ogni immagine. I suoi lavori mescolano elementi ordinari, dando vita a molteplici storie tra di loro parallele. Ogni immagine si apre a varie interpretazioni, in modo che ciascun osservatore possa trovarvi un significato personale. La bellezza della sua fotografia consiste nella creazione di scene lontane da ogni esperienza reale, immagini che sembrano appartenere ad un mondo diverso da quello già conosciuto, contenitori di storie, sogni e incubi. Sarolta riesce a tessere i fili della creazione e a porgerci un mondo fiabesco fatto di tonalità fredde e cupe. Traendo ispirazione dalle opere surreali di Chema Madoz e dalle utopie visive di Shana e Robert ParkHarrison (fotografi surrealisti statunitensi), Sarolta conserva la magia della meraviglia nella scoperta, arricchisce la realtà di trame fantasiose, permettendoci di volare sospesi al di fuori dello spazio e del tempo. Le sue sono allegorie di sensazioni, emozioni, lotte e idee che incantano l’osservatore accompagnandolo in un mondo fiabesco. «Non sono molto brava a parlare di me – dichiara la fotografa – preferisco lasciare parlare le immagini. Mi piace usare elementi ordinari e, combinandoli, creare varie storie e attribuire

loro una personalità. Spero che i significati delle mie foto non siano mai troppo limitati ma siano in qualche modo aperti; ogni spettatore può trasformarli in un aspetto personale. Quindi sono felice se persone diverse trovano significati diversi nelle mie immagini». www.saroltaban.com

SAROLTA BAN

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Personaggi

Aleandro Baldi

Una vita costellata di incontri fortunati e di successi sempre nel segno dell’amore per la musica di Doretta Boretti

C

osa chiedere alla vita quando non ti ha concesso la possibilità di vedere con i tuoi occhi ma ti ha donato la capacità di sentire, capire, parlare più di molte persone e poi ti ha anche donato una voce straordinaria? Ci troviamo in compagnia del famoso cantante Aleandro Baldi. Quanti ostacoli hai dovuto superare per raggiungere il successo? Grazie a Dio pochi. Il successo è arrivato in maniera inaspettata, all’improvviso, in un momento particolare; ogni momento della vita è particolare, ma per me è arrivato in modo repentino, brusco, tanto che il problema è stato riuscire ad afferrarlo, ad esserne completamente consapevole.

Aleandro Baldi

Ad un certo punto della tua attività hai incontrato Bigazzi: che esperienza è stata per te? Forse se non incontravo Bigazzi il successo non arrivava, perché è arrivato Bigazzi e il successo è stato immediato. È stata l’esperienza di una persona molto ricca di amore e di passione per la musica. Due persone mi hanno insegnato e trasmesso cos’è l’amore per le cose, per la vita: Bigazzi e la professoressa di matematica Mirabassi. Tutti e due, ciascuno nel loro campo, mi hanno trasmesso l’insegnamento che nella vita ci vuole grande amore per far bene le cose. Più uno ama quello che fa, più è facile che lo faccia bene. Prima di loro avevo un senso di perfezionismo per cui una cosa era fatta bene, era perfetta, fatta bene così, invece l’amore è sempre più perfettibile e ti porta ad analizzare che cosa manca ad una cosa per essere migliore di prima. Hai dedicato tutto te stesso alla musica. Ci sono stati momenti faticosi? Sì, ci sono stati, perché quando lavoravo in ospedale, dover svolgere contemporaneamente due attività lavorative ad alto livello era molto faticoso. Però dopo ho fatto la mia scelta, ho lasciato l’attività ospedaliera e ho continuato con la musica.

Ti sei diplomato con il massimo dei voti e sei professore di musica già da alcuni anni. È difficile insegnare musica ai giovani di oggi? Penso che bisogna imparare a rapportarsi ai ragazzi, avere una certa dose di introspezione in noi stessi per capire psicologicamente anche loro. In questo modo, non è difficile insegnare musica, oggi come ieri. Ma se uno non riesce a stabilire questa empatia, allora, no, non è facile. Non hai mai smesso di comporre, vero? Mai, perché mi viene naturale, anche se per lavoro bisogna comporre a volte in maniera sistematica e ci sono dei momenti così detti di aridità, in cui non viene niente, ma per fortuna sono rari. Hai creato una nuova canzone? Sì, la sto creando. Vincitore a Sanremo nel 1994 con la canzone Passerà

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ALEANDRO BALDI

A molti tuoi ammiratori piacerebbe che tu tornassi sul palco dell’Ariston... Più che tornare a Sanremo ai miei ammiratori piace ascoltare qualcosa da me. Ti piacerebbe portare la tua nuova canzone a Sanremo oppure la consideri un’esperienza passata di moda? Ho sempre cercato di far capire alle persone che non è tanto il fatto che mi piaccia o non mi piaccia tornare a Sanremo, non è che sia un’esperienza già vissuta o che non voglia rifarla. Sanremo è una vetrina, la musica è quando tu vivi la realtà. Diciamo che le esperienze che ti portano a comporre, a scrivere musica e a darle una tua connotazione, una tua interpretazione, rispetto ad andare al festival di Sanremo, sono più emozionanti. Sei riuscito a raggiungere gli obiettivi che ti eri posto in questi anni? L’obiettivo del diploma di chitarra sì, ad altri obiettivi sto lavorando per raggiungerli. Terminata l’intervista, le sue belle dita iniziano a scorrere veloci sui tasti bianchi e neri di un accordato pianoforte mentre la sua meravigliosa voce dona attimi indimenticabili. In un live tour nel 2008

Con Francesca Alotta al Festival di Sanremo nel 1992 quando vinsero con la canzone Non amarmi

ALEANDRO BALDI

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Tre artisti della MA-EC Gallery di Milano premiati alla XXXIX edizione del Premio Firenze 2022 Xunmu Wu

Chen Fang

Fiorino d’argento “ex aequo”

Tingshuo Yan

Sezione Fotografia: medaglia di bronzo “ex aequo”

MA-EC Gallery, Palazzo Durini di Monza, via Santa Maria Valle, 2, 20123 Milano

MA-EC @maecgallery

Premio Firenze Giovani- 1° classificato

Grandi mostre in Italia A cura di Miriana Carradorini e Maria Grazia Dainelli

I Macchiaioli

A Pisa una mostra su origini e sviluppo di una delle più originali avanguardie del XIX secolo di Miriana Carradorini / foto courtesy ufficio stampa Palazzo Blu

A

l Caffè Michelangiolo a Firenze, intorno al 1855, si riuniva un gruppo di giovani artisti “progressisti” che sentivano l’esigenza di rinnovare la pittura dell’epoca, troppo legata alla principale concezione artistica di quel periodo insegnata dalle Accademie di Belle Arti. Il loro sguardo iniziò a posarsi sulla realtà quotidiana che li circondava rappresentando nelle loro opere non più i miti e le storie del passato, tanto amate dai loro contemporanei, ma i paesaggi e le persone che vivevano intorno a loro. Differivano dagli artisti dell’epoca non solo per i temi raffigurati nei quadri, ma anche per la tecnica pittorica utilizzata: la luce che investiva i vari soggetti veniva resa attraverso “macchie” di colore, senza contorni o dettagli ben definiti. La loro singolare tecnica definì anche il nome del gruppo, i In questa e nellʼaltra foto alcuni dei capolavori in mostra Macchiaioli; tra i nomi più celebri del movimento troviamo Giovanni Fattori, Telemaco Signorini e Silvestro Lega, benché molti altri giovani artisti italiani vi presero parte anche solo per un breve periodo. Questo gruppo di ragazzi con le loro opere sono protagonisti della mostra I Macchiaioli, in corso a Pisa fino al 26 febbraio 2023 negli spazi espositivi di Palazzo Blu. Con oltre centoventi opere provenienti da grandi musei come gli Uffizi e da collezioni private, la mostra segue lo sviluppo del movimento dalle origini fino alla seconda e ultima generazione di artisti, approfondendone le radici culturali attraverso le opere di Saverio Altamura e la relazione con scrittori come Giosuè Carducci e Diego Martelli. Ne vengono spiegati, inoltre, i punti cardine e le influenze che ha avuto su artisti più giovani come Giovanni Boldini e Giuseppe De Nittis, i quali hanno mosso i loro primi passi in questo movimento per poi avviare una car- nazione, senza però diventarne i rappresentanti in pittura. Atriera artistica autonoma. La mostra illustra le vite di tutti i pit- traverso un viaggio nell’epoca risorgimentale, fatto di macchie tori macchiaioli, presentando per lo più le opere di componenti e storia, il visitatore può quindi conoscere uno dei movimenti meno noti come Nino Costa, Vincenzo Cabianca e Vito d’Anco- artistici più importanti della cultura italiana ed immergersi nei na, che hanno dato un grande contributo alla nascita della po- paesaggi e nella vita quotidiana di un secolo fa. etica macchiaiola. Le opere vengono presentate in rapporto al contesto d’origine, spiegando dunque come i singoli pittori vi- www.palazzoblu.it vessero il loro tempo e lo rappresentassero in pittura. In particolare, i quadri con scene di battaglie del Risorgimento sono Dr. Fabio Giannarini tra i più ricorrenti: alcuni pittori macchiaioli, infatti, vengono Wealth Advisor associati al periodo dell’Unità d’Italia, anche se nella mostra +39 347 3779641 viene spiegato come ne condividessero solamente i valori [email protected] rali ed etici, vivendo a pieno lo spirito di rinascita di una nuova

I MACCHIAIOLI

15

Eventi in Toscana

Nozze d’argento per il Rotary Club Firenze Valdisieve nella splendida cornice di Villa Cora a Firenze di Giacomo Guerrini / foto Carlo Midollini

L

’importante traguardo dei venticinque anni del Rotary Club Firenze Valdisieve si è celebrato lo scorso 19 novembre a Villa Cora a Firenze e ha offerto l’occasione di ripercorrere almeno alcune delle innumerevoli iniziative di cui il club si è reso protagonista nel corso di tutti questi anni. Fondato nel 1997, anno in cui ha ricevuto la sua “Charta”, il club ha ampliato il proprio corpo sociale dai primi 24 soci ai 60 attuali. Da quella lontana data, i partecipanti si sono impegnati in progetti che per tematiche e sforzo economico hanno spaziato in molti disparati ambiti come cultura, sanità, solidarietà. Fra i più emblematici, il Premio Rotary Vallombrosa, che si tiene annualmente nell’omonima splendida abbazia, nasce nel 1999 con lo scopo di dare un riconoscimento alle eccellenze del territorio premiando molte personalità nel campo della cultura, del sociale e del lavoro. Al suo interno si svolge il premio letterario che ha visto vincitori scrittori di grande levatura nazionale. Peculiarità della manifestazione è il coinvolgimento degli scrittori con gli alunni dell’Istituto Superiore Balducci di Pontassieve e nella partecipazione al premio degli studenti stessi con elaborati sul tema del premio di volta in volta prescelto. Sempre sul fronte della cultura i progetti hanno seguito molteplici direzioni: dalle visite a mostre e luoghi d’arte alla raccolta fondi per diversi restauri, quali i dipinti murali del pittore Paolo Galli sotto i portici a Dicomano e la partecipazione al restauro della Porta Santa e delle due porte di San Miniato al Monte in occasione delle celebrazioni per il millenario della basilica; e ancora l’intervento di restauro del Cristo Crocifisso attribuito alla scuola del Giambologna, scultura sacra in cartapesta riportata al colore originario, nella chiesa di Sant’Egidio interna all’ospedale di Santa Maria Nuova. Molto è stato fatto anche per i più giovani: dall’ac-

quisto di strumentazione per seguire le lezioni a distanza durante la pandemia per gli alunni dell’Istituto Balducci di Pontassieve, all’informazione e formazione degli studenti delle scuole medie, e ancora screening per ragazzi e adulti per la prevenzione del melanoma nell’area della Valdisieve. Sempre per questa zona, una raccolta di oltre 7000 euro per fornire beni di prima necessità a famiglie bisognose nei sei comuni della valle; dello stesso tenore il contributo raccolto per collaborare alla realizzazione di un parco giochi davanti alla Croce Rossa di Scandicci, e un secondo per Sampierdarena, a Genova, in ricordo delle vittime del crollo del Ponte Morandi. Moltissime poi le iniziative in ambito sanitario sia nazionale che internazionale: dall’acquisto di un ecografo a doppia sonda destinato al reparto di oncologia dell’ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri, cui da ben 19 anni il club dona il sangue dei soci, alla sostanziosa partecipazione alla raccolta della cifra necessaria a realizzare il progetto Huruma medical team promosso dal Rotaract Firenze Centenario per un ambulatorio medico a St. Dominique in Kenya; dai quasi 3000 euro per acquistare 247 saturimetri da distribuire ai pazienti di Covid durante la pandemia alla raccolta fondi per portare medicine e installare un impianto fotovoltaico nel Burkina Faso. E ancora: iniziative per sovvenzionare una raccolta di farmaci da destinare alla popolazione ucraina colpita dalla guerra e l’attuazione del service di prevenzione dall’ictus nell’ambulatorio della Croce Azzurra di Pelago. E poi, sostegno all’ATT, volontariato per il banco alimentare, raccolta medicinali e il finanziamento di varie borse di studio. Alla celebrazione per il XXV anniversario, dove ha fatto gli onori di casa l’attuale presidente Saverio Giangrandi, sono intervenuti numerosi ospiti, tra i quali il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, il governatore del Distretto Rotary 2071 Nello Mari e molti presidenti dei Rotary Club dell’area fiorentina. Numerosa anche la delegazione dei soci del club gemellato di Angers Plantagenet, con la senatrice Catherine Deroche e dei giovani del Rotaract Firenze Centenario. Durante la serata il presidente ha ricordato e ringraziato i fondatori del club e illustrato i principi rotariani che li hanno ispirati e continuano ancora oggi ad essere portati avanti dai soci, rendendo il club un importante testimone di solidarietà nell’area fiorentina e della Valdisieve.

Da sinistra: Nello Mari, governatore del Distretto 2071 e Saverio Giangrandi,

Il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, ospite della serata, con il

presidente Rotary Cub Valdisieve

presidente Giangrandi

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NOZZE D’ARGENTO PER IL ROTARY CLUB

Percorsi d’arte in Toscana A cura di Ugo Barlozzetti

Museo Comunale di Lucignano

Uno scrigno di capolavori dal Trecento al Cinquecento di Ugo Barlozzetti / foto courtesy Museo Comunale di Lucignano

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l Museo Comunale di Lucignano racchiude tra i suoi tesori un’opera unica al mondo: L’Albero della Vita. La Toscana, grazie alla densità della rete dei musei cosiddetti “minori” e della qualità dei materiali conservati, costituisce un esempio prezioso dell’eredità culturale della civiltà fiorita in questa terra. Il museo, fondato nel 1924, è collocato al piano terreno del Palazzo Comunale (già Palazzo Pretorio di probabile origine duecentesca ma rimaneggiato nel Trecento) che presenta un antico orologio meccanico del 1730 di Antonio Giacchei. Il palazzo, inserito in un contesto urbanistico di grande interesse con la forma ellittica a strade anulari, costituisce uno dei più interessanti esempi di “urbanistica” medievale. Nella prima sala sono esposte due coppie di “testate di bara” (secc. XVII-XVIII) di scuola aretino-senese, dipinte in entrambe le facciate, attribuite entrambe alla Bottega di Sebastiano Folli (Siena, 1569-1621). Tra gli oggetti provenienti dal santuario di Santa Maria della Querce vi è uno stupendo cofanetto in legno e osso, opera della Bottega degli Embriachi (Genova, fine XIV - inizio XV sec.), una tavoletta di Lippo Vanni (doc. 1344-1373) con una Madonna in trono che in origine faceva parte di un’anconetta (rubata nel 1974) e una croce astile (sec. XVI) di bottega umbro-toscana raffigurante Cristo crocifisso con Dio Padre tra San Sebastiano e San Rocco. I santi rappresentati erano particolarmente invocati contro la peste. Si può inoltre ammirare in questa sala una Crocefissione del XIII secolo attribuita a un ambito umbro e per la qualità cromatica e la restituzione delle immagini è un’opera considerata di grandissimo valore artistico e culturale. Inoltre, è conservata un’opera attribuita a Segna di Bonaventura, pittore senese del XIV secolo,

Una parte del percorso espositivo

e due tavole di Luca Signorelli. La sala seguente è quella delle udienze dell’antico tribunale: la volta e le lunette sono affrescate con un ciclo di uomini illustri realizzato tra il 1410 e il 1479, collocandosi nella tradizione che decora palazzi pubblici da Firenze a Siena e poi a Perugia. Al centro della sala è posta una vetrina contenente L’Albero della Vita detto anche Albero d’oro o Albero di Lucignano o Albero dell’Amore, esempio unico di reliquiario a forma di albero. L’opera ha richiesto oltre 120 anni di lavoro: iniziata nel 1350, è stata terminata nel 1471 dal grande orafo senese Gabriello d’Antonio. In rame dorato e argento, è decorata anche con smalti, cristalli di rocca, coralli e miniature su pergamena che la rendono di raro pregio e bellezza. Una grande base sorregge un tempietto gotico sul quale s’innesta l’albero vero e proprio formato da dodici rami (sei per parte) con foglie di vite, piccole teche e medaglioni incastonati. Sulla sommità dell’albero ci sono un Cristo crocifisso e sopra un pellicano che si becca il petto, così come il Cristo ha versato il proprio sangue (simboleggiato dal corallo) per generare una nuova vita. Questo capolavoro ha subito innumerevoli disavventure, tra le quali il furto e il ritrovamento dopo essere stato sotterrato. Il reliquiario, alto due metri e settanta, largo quasi un metro, è tripartito in radici, tronco e chioma, per divenire così la metafora delle fasi della Salvazione con la vita del Cristo: nascita, passione e gloria. Casa della cornice www.museodilucignano.it

www.casadellacornice.com

L'Albero della Vita, tra i capolavori del museo

MUSEO COMUNALE DI LUCIGNANO

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Firenze mostre

Duilio Tacchi Di nuovo protagonista al Florence Dance Center con la personale Mondi lontanissimi di Daniela Pronestì

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distanza di tre anni dalla personale Techne / Il segreto della pittura, Duilio Tacchi torna ad esporre al Florence Dance Center di Marga Nativo a Firenze con la mostra Mondi lontanissimi che comprende un ciclo di opere di recente realizzazione. Il consueto immaginario dell’artista fiorentino, da sempre dedito a raccontare un mondo in cui s’intrecciano natura e civiltà, reale e fantastico, si arricchisce, in questi ultimi dipinti, di nuove “auree” visioni che combinano l’elemento vegetale – soprattutto foglie e fiori – con la figura umana – talvolta citazioni della scultura antica come la Menade danzante di Skopas – oppure lo isolano all’interno di uno spazio in cui la foglia oro si unisce alle pennellate di colore e al tracciato del disegno per generare raffinati simbolismi che sembrano guardare, rileggendolo, al repertorio visivo della Secessione viennese. Da sempre la pittura di Tacchi si avvale dell’oro per suggerire una dimensione “altra”, un mondo lontanissimo, come recita il titolo della mostra, in cui la natura è ambientazione insieme del mito e della storia, luogo in cui l’essere umano ha lasciato le proprie tracce consegnandole all’erosione del tempo, destinandole a diventare

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DUILIO TACCHI

nient’altro che rovine. Di questa eredità tramandata dai secoli il mondo vegetale pare impossessarsi, inglobando anfore, sculture, frammenti di architetture, tutto ciò che di alto e nobile l’uomo ha creato, a significare che la natura è madre, origine di ogni cosa, e allo stesso tempo è forza irresistibile al cui potere nulla può sottrarsi. Quella evocata dalle opere di Tacchi è un’età dell’oro talmente lontana e irraggiungibile da confondersi con la leggenda, e come in una leggenda anche in questi quadri si ha l’impressione che una parte del significato sfugga, rimanga nascosto sotto l’enigma di simboli che non si lasciano decifrare mai del tutto. Da questo nucleo misterioso, da questo cuore segreto, nasce il fascino di una pittura al di là del tempo proprio per il suo essere rappresentazione di un mondo che appartiene alla fantasia. Le ultime opere, in particolare, accentuano questo carattere di irrealtà ritagliando gli elementi vegetali su fondali di colore nero, con un effetto che talvolta ricorda il commesso in pietre dure, con l’azzurro intenso dei lapislazzuli e la lucentezza della giada, talaltra richiama la traslucenza del vetro, con colori dall’aspetto liquido, cangiante, come se fosse il riflettersi della luce a modificarli. Quando prevale invece il fondo oro se ne ricava una sensazione diversa, non solo perché in

questo caso si tratta di opere quasi monocromatiche, con pochi stacchi di colore e tutto il resto ricavato tono su tono mescolando pittura a disegno, ma anche perché in questi quadri l’atmosfera è quella di un mondo ormai irrimediabilmente perduto, un paesaggio arcano popolato di segni che non sappiamo più interpretare perché il divenire del tempo ne ha disperso il significato. Segni che l’artista raccoglie e fissa sulla superficie come un linguaggio segreto in un manoscritto antico o come testimonianze di una civiltà troppo lontana nei secoli per poterla interpretare. In questi mondi lontanissimi lo sguardo approda come in una terra mai esplorata prima, una specie di eden dalla vegetazione lussureggiante, con anfore decorate e statue di idoli disseminate nel paesaggio. Sono opere che evocano il senso del meraviglioso, il gusto dell’evasione fantastica, l’irresistibile fascinazione del mistero; enigmi senza soluzione proprio come senza soluzione è l’enigma della bellezza, il cui segreto, in effetti, non appartiene al mondo già conosciuto, ma ad un mondo lontano nel tempo e nell’immaginazione. Quel mondo che Tacchi invita ad esplorare con gli occhi e con la mente, sospendendo per un attimo le certezze già acquisite per predisporsi alla scoperta di nuovi e inattesi significati. La mostra Mondi lontanissimi si inaugurerà sabato 17 dicembre alle ore 18 presso il Florence Dance Center in via Borgo Stella 23 r a Firenze. Per l’occasione, il corpo di ballo della scuola si esibirà in una coreografia ispirata alle opere esposte. Domenica 18 dicembre alle ore 11, presso il Circolo degli Artisti “Casa di Dante” a Firenze, si aprirà invece la collettiva dell’omonimo circolo alla quale Duilio Tacchi prenderà parte con alcune opere.  Duilio Tacchi  duiliotacchi

DUILIO TACCHI

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Emanuele Matronola Call my name!

L’opera nasce come uno studio dell’evoluzione tridimensionale del mosaico nello spazio. L’intarsio musivo delinea gli elementi fondamentali che descrivono il volume di solidi primitivi (come la piramide) togliendo al mosaico e al solido la sua tradizionale specificità legata alla superficie e il rivestimento. Si tratta di un ribaltamento necessario con il quale ho fatto mio il mosaico unendolo alla progettazione e al design, per trarne un’opera dal profilo artistico. Gli elementi della tradizione musiva, le tessere d’oro bizantine, si coniugano con le più recenti tecnologie contemporanee, progettazione e stampa 3D, dandosi forza vicendevolmente. L’opera non ha un titolo, perché questa serie nasce con l’intento di esprimere uno spazio intimo che può aderire con l’immaginario dei fruitori. All’opera segue un piccolo quaderno recante la frase Call my name! spingendo gli altri a porsi in una ricerca simile a quella che l’artista svolge nel raggiungimento dell’opera compiuta. Queste forme semplici, queste volumetrie effimere vengono messe alla prova e trovano nuove direzioni di significato per ogni persona che, infine, le nomina. Questi primi lavori sono la “messa in prova” di un progetto più grande: sviluppare sculture intarsiate più grandi e in quantità tale da costruire degli allestimenti, ambientazioni, luoghi in cui il fruitore possa muoversi e vivere un’esperienza comunicativa totale. Come se ad ogni nuovo allestimento si ricreasse il mondo di Fantasia. 

Emanuele Matronola Quanti ne posso dire? Tutti quelli che vuoi! Più tu ne esprimerai e più il regno di Fantasia diventerà splendido. Sul serio? Prova! Tratto dal film La storia infinita

Fotografia contemporanea A cura di Alberto Desirò

Mauro Pinotti L’arte di raccontare il presente tra visioni oniriche e denuncia sociale di Alberto Desirò / foto Mauro Pinotti

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ato nel 1974 a Vigevano, dove vive e lavora, Mauro Pinotti ha sempre desiderato raccontare storie rivolgendo la sua attenzione agli aspetti sociali e contaminando così la sua fotografia. Al suo primo reportage, che indaga l’inserimento territoriale da parte degli extracomunitari, fa seguito un lavoro commissionato dalla Consulta Femminile del Comune di Vigevano sul tema della violenza contro le donne. Un suo lavoro fotografico sul pugilato è stato scelto per la realizzazione di una scenografia del film L’intrepido del regista Gianni Amelio. Negli anni successivi i suoi progetti fotografici si distaccano dal reportage vero e proprio e prendono forme narrative più elaborate, ma anche in questa nuova espressione non tralascia di mettere a fuoco problematiche e denunce. Negli anni successivi i suoi lavori si trasformano in veri e propri storyboard che cura personalmente in ogni minimo dettaglio attraverso l’utilizzo di scenografie e con l’aiuto di più persone. Nel 2019 è stato uno dei diciassette fotografi selezionati per il progetto 17 Graffi / Piazza Fontana 50° la mostra patrocinata dal Comune di Milano e tenutasi presso la Casa della Memoria al fianco di Berengo Gardin, Graziano Perotti e Francesco Cito. L’ultimo progetto I leocorni vuole proporre in sintesi le sue riflessioni attraverso una visione onirica e poetica della situazione di incertezza che si è generata in questi ultimi anni e che ha evidenziato profondi sintomi di malessere sociale. Miscelando l’arte con la vita, Pinotti crea una metamorfosi mettendo a nudo i problemi strutturali della società contemporanea, in questo particolare periodo di passaggio verso un futuro che nessuno di noi oggi saprebbe immaginare migliore a causa delle guerre, delle pandemie globali e di numerosi altri scenari distopici. La coppia di leocorni, che nella versione tradizionale della storia non sarebbero mai saliti sull’arca di Noè, è stata abbandonata a terra da una comunità di pensiero inibita, da un’arca che non ha fatto spazio alla vulnerabilità e alle incertezze e che per questo ha costretto i leocorni, ovvero gli esclusi, a scomparire

dalla vista del mondo. Questa metafora malinconica rappresenta il pensiero fuori dagli schemi, di coloro che, nell’avere opposto resistenza, sono i “sopravvissuti” che non si lasciano influenzare dalla massa. Sono rimasti soli, ma con il loro futuro tra le mani. Anche le sculture che crea hanno sempre una coerenza tematica con la visione del futuro e riscuotono molto seguito. www.mauropinotti.com [email protected]

www.adgallery.it

MAURO PINOTTI

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Ritratti d’artista

Le meraviglie del marmo statuario dal Monte Altissimo allo studio di Anna Cecchetti di Fabrizio Borghini / foto courtesy Anna Cecchetti

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razie all’artista Anna Cecchetti ho potuto vivere una delle più originali e interessanti esperienze della mia ormai quasi quarantennale carriera giornalistica. Anna, oltre ad essere una validissima e ormai affermata pittrice, da diversi anni dedica gran parte del suo lavoro alla scultura. È stata allieva di un maestro importante come Salvatore Cipolla e poi, dopo aver raggiunto una ragguardevole maturità, ha intrapreso, su queste solide basi, un percorso artistico del tutto personale contraddistinto da una cifra stilistica che ormai la identifica nel panorama nazionale e internazionale. Da tempo aveva il desiderio di far conoscere al pubblico dei suoi ammiratori e collezionisti, la genesi delle sue opere, il percorso variegato che porta un anonimo frammento marmoreo ricavato da una montagna a diventare un’opera d’arte. Per questo ha convocato la troupe della rubrica Arte Incontri di Italia 7 alla Villa di Seravezza di primo mattino per decollare, dalla splendida dimora medicea, verso le Cave Cervaiole che si trovano sulle vicine Apuane a quota 1300 che abbiamo raggiunto seguendo la vecchia strada tracciata da Michelangelo cinquecento anni fa.«Ogni volta che salgo alle Cave Cervaiole» ci ha detto Anna appena arrivati «provo sempre un’emozione fortissima, mi batte il cuore come fosse la prima volta...». Ci dà il benvenuto il geologo Edoardo Cosci. «La storia delle Cervaiole parte da lontano, da quando Michelangelo dalle cave di Carrara fu dirottato a quelle di Seravezza. Nel 1821 Jean Baptiste Alexandre Henraux, ex ufficiale dell’esercito napoleonico, di ritorno dalla Campagna d’Egitto, dette impulso all’estrazione del materiale lapideo facendone una lavorazione industriale. Da qui hanno cominciato a partire blocchi di marmo pregiatissimo destinati alla statuaria, all’arredamento, all’edilizia, agli oggetti di design, all’architettura. I nostri marmi sono molto puri, sono composti da carbonato di calcio al 100 per 100: lucente, brillante, resistente. La maggior parte della produzione va negli Stati Uniti ma il nostro è

Cava di Cervaiole, Monte Altissimo, con gru, ruspe, camion in azione

Anna Cecchetti accanto a grandi blocchi di marmo statuario pronti per esser ca-

L’artista a Pietrasanta accanto al suo grande Angelo caduto in volo scolpito in un

ricati sul camion con destinazione Deposito Henraux

blocco di marmo statuario alto 2 metri

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ANNA CECCHETTI

un marmo apprezzato e richiesto in tutto il mondo». Ritornando a valle, Anna ci ha guidato alla scoperta di un altro luogo da lei abitualmente frequentato e particolarmente amato che si trova a poca distanza dall’abitato di Seravezza.«Quando per la prima volta ho scoperto il torrente Serra, quello che mi è rimasto nelle orecchie è stato il gorgoglio delle acque che scendono dall’Altissimo. Arriva dalla valle del Serra e racco-

Fabrizio Borghini intervista il direttore della Cava; a fianco Anna Cecchetti

glie anche le acque di un torrente che scende dalle Cervaiole; confluisce, insieme al fiume Vezza che nasce dalla Pania, nel Versilia che va a sfociare al Cinquale. Questo è un posto magico con alle spalle il Monte Altissimo che ci guarda dall’alto dei suoi 1600 metri. Per secoli lungo il letto del Serra sono scese a valle una miriade di pillole di marmo che vi si sono sedimentate. Qui trovo marmi di varie dimensioni arrotondati dall’erosione secolare che gli ha fatto assumere forme particolari che stuzzicano l’intelletto, la memoria, la fantasia; come tutti i marmi che sono stati impregnati di acqua per secoli, anche questi sono bianchissimi e molto duri e solidi». La tappa successiva ci porta al grande stabilimento della Henraux Spa di Querceta dove ad attenderci c’è Domenico Coppedè. «Da noi arrivano marmi di tutti i tipi provenienti da ogni parte del mondo. Dalle Cave Cervaiole scendono i blocchi tagliati col filo diamantato e qui in sede diventano lastre e subiscono altre lavorazioni. La nostra azienda ha ospitato i più grandi artisti del mondo, da Moore a Giò Pomodoro, da Mirò a Cascella. Per festeggiare i duecento anni di attività abbiamo organizzato una imponente mostra facendo tornare opere che qui sono state realizzate negli anni Sessanta e Settanta ora di proprietà della banca Intesa San Paolo». Infine raggiungiamo il laboratorio di Pietrasanta dove approdano i marmi delle Cave Carvaiole e del torrente Serra per confrontarsi con l’arte di Anna Cecchetti.«Qui ho tutti gli attrezzi e i macchinari necessari per lavorare; nel giardino ho trovato un blocco di marmo statuario di due metri e i proprietari mi hanno chiesto di ricavarne un bassorilievo: ne è nato Un angelo caduto in volo che evoca le Apuane e il vicino Mar Tirreno». Il nostro lungo tour si conclude nello studio fiorentino dell’artista in via Kyoto dove, ammirando le sue sculture, è possibile capire come un anonimo frammento di marmo possa assumere una nuova identità, che lo nobilita nel rispetto della sua secolare storia, diventando un’opera d’arte.

La scultrice alle prese con del marmo statuario nel laboratorio di Pietrasanta

Anna Cecchetti al lavoro nel laboratorio di Pietrasanta, mentre da residui di mar-

Nello studio della Cecchetti a Firenze: a sinistra Vegetazione e fiore in marmo

mo statuario ricava piante e figure umane

statuario e a destra Albero e coppia in marmo statuario

ANNA CECCHETTI

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Dimensione salute A cura di Stefano Grifoni

L’acufene, un rumore fantasma di Stefano Grifoni

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dire bene è l’elemento fondamentale per una buona interazione sociale. Sentire di meno può associarsi alla presenza di acufeni. Gli acufeni sono fastidiosi rumori alle orecchie come fischi, sibili, ronzii, acqua che scroscia. Il rumore può essere avvertito nelle orecchie o nella testa di chi ne soffre in assenza di fonti sonore esterne; può essere continuo, intermittente, temporaneo o permanente e può creare un vero e proprio disagio sociale. L’acufene è un rumore fantasma percepito solo dal pa-

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ziente affetto e questo può generare ansia, depressione e anche insonnia. Colpisce prevalentemente il sesso maschile ad un solo orecchio nel 22%, tutte e due le orecchie nel 34% e si ritiene che il 15 % circa della popolazione ne soffra. Talvolta si fa finta di non sentire, di essere diventato sordo, specie quando qualcuno ti dice che non potrai realizzare i tuoi sogni. Dice il proverbio: «Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire». Vero, ma meglio sordi che privi di speranze.

tefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.

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L’ACUFENE

Psicologia oggi A cura di Emanuela Muriana

La solitudine sofferta di chi teme il giudizio altrui di Emanuela Muriana

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i sono sempre difesa dall’angoscia del giudizio degli altri evitandoli, lasciandomi risucchiare dalla solitudine e ora mi sembra di non voler bene a nessuno». Sono le parole di una professoressa che ha rinunciato anche al proprio lavoro per le sue difficoltà relazionali con colleghi ed allievi, essendo sempre stata attanagliata dal timore insopportabile che gli altri vedessero la sua debolezza, la sua incapacità di riconoscere le regole del gioco e di conseguenza di saper giocare. Non ultima, anche la colpa per non aver saputo difendere gli studenti deboli pur di difendere se stessa. Il tutto cucito nella trama della paura, della vergogna e del risentimento, che non ha mai trovato canali di espressione per mancanza di fiducia nell’interlocutore, sempre percepito con la spada del giudizio spregevole. Lei è ormai vittima certa di ogni scambio relazionale. «Così sono passata dai rapporti formali a quelli inesistenti» aggiunge. L’incapacità di opporsi per paura del giudizio degli altri l’ha portata a «subire sempre». È questo il suo problema, che

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occupa il passato per quello che è stato, il presente per quello che vive e il futuro per la certezza della propria incapacità relazionale che non le permette di contare su se stessa; difendersi dagli altri è il solo tema che la rimanda alla sua impotenza. «Per correttezza – dichiara – ho scelto il ritiro volontario dall’insegnamento». La liberazione patologica supportata dalla morale. Il risultato è stato l’isolamento totale: la solitudine sofferta. E ora vive nel timore che le persone a lei prossime possano scoprire che non lavora più. La minaccia che gli altri possano vedere la sua sconfitta è vissuta come una vergogna insopportabile. Non più vergogna ma perdita di onore. Un esito depressivo generato da un’ideazione di area paranoica. Un processo mentale tutto imperniato nella correttezza che produce una costante erosione della propria autostima ma soprattutto della propria identità sociale, l’impossibilità di risalire e riconquistare la dignità. Risultato: disadattati per eccesso di etica, una categoria paradossalmente in aumento.

manuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza. È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato quattro libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it. È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.

Studio di Terapia Breve Strategica Viale Mazzini 16, Firenze + 39 055 242642 - 574344 [email protected]

LA SOLITUDINE

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Rosalba Cianfoni

Gemma, olio su tela, cm 40x80

La tenerezza dell’innocenza

[email protected]

I consigli del nutrizionista A cura di Silvia Ciani

I benefici per la salute della vitamina D di Silvia Ciani

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a vitamina D è un micronutriente essenziale che agisce come un ormone, intervenendo nella regolazione di vari organi e tessuti. Sappiamo bene quanto sia fondamentale il suo ruolo nella mineralizzazione ossea. È evidente anche il suo ruolo nel controllo dell’infiammazione e del sistema immunitario e pare anche che bassi livelli di vitamina D siano correlati alle forme più gravi di malattia da Covid-19. Una sua carenza è stata associata a diversi tipi di patologie: dal diabete all’infarto, dall’Alzheimer all’asma o alla sclerosi multipla. Non vi sono ancora evidenze nette sul ruolo di questa vitamina nella protezione/prevenzione da alcuni tumori, pertanto non ci sono ancora prove sufficienti per raccomandarne l’integrazione generalizzata per migliorare la prognosi dei pazienti. Vengono comunque redatte costantemente nuove linee guida ai fini della prevenzione dell’osteoporosi e delle sue complicanze: è necessario mantenere livelli ematici di vitamina D al di sopra di 20 ng/ ml, auspicabile un range 30-40 ng/ml. Dove la troviamo? In realtà la maggior parte della vitamina D (l’8090%) si forma nella pelle a partire da un precursore (un grasso simile al colesterolo). Questo viene trasformato per effetto dell’esposizione alla luce, passa poi nel sangue da dove viene trasportato al fegato e al rene e quindi modificato nella forma attiva. Solo il 10-20 % del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall’alimentazione. I cibi in cui se ne trova di più, oltre a quelli che ne sono arricchiti a livello industriale (come molti cereali per la prima colazione o alcuni latti vegetali), sono i pesci grassi (come salmone, sgombro, aringa e sardine ma anche il pesce spada, la trota, le ostriche e i gamberi), i latticini, i formaggi, il burro e lo yogurt, il tuorlo d’uovo e il fegato. Fonti vegetali di vitamina D sono principalmente i fun-

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ghi secchi e, in misura minore, verdure con foglie verdi, come spinaci, erbette e bietole. Le popolazioni più a rischio di incorrere a deficit sono i neonati, gli anziani e gli individui istituzionalizzati poiché non si espongono frequentemente alla luce esterna. Sono a rischio le persone che hanno un’alimentazione scorretta o selettiva (regimi dietetici particolari e prolungati, disturbi alimentari), le persone con la pelle scura (avendo più pigmento cutaneo che riduce l’assorbimento di raggi ultravioletti), le donne in gravidanza o in allattamento (hanno un fabbisogno più elevato), le persone che soffrono di obesità e quelle che hanno patologie dermatologiche estese (come la vitiligine, la psoriasi, la dermatite atopica o le ustioni), pazienti con malattie intestinali che causano malassorbimento, quelli che soffrono di osteoporosi o osteopenia, quelli con patologie renali ed epatiche e quelli che assumono farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D, come le terapie cortisoniche croniche. Per questo l’eventuale integrazione (nella dose e nella modalità di somministrazione) deve essere valutata dal medico anche perché l’eccesso può essere nocivo alla salute.

iologa Nutrizionista e specialista in Scienza dell’alimentazione, si occupa di prevenzione e cura del sovrappeso e dell’obesità in adulti e bambini attraverso l’educazione al corretto comportamento alimentare, la Dieta Mediterranea, l’attuazione di percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo e personal trainer.

Studi e contatti: artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas 14 d - Firenze / + 39 339 7183595 Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678 Istituto Medico Toscano - Via Eugenio Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911 www.nutrizionistafirenze.com [email protected]

VITAMINA D

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I giganti dell’arte A cura di Matteo Pierozzi

Banksy Irriverenza e critica sociale nei graffiti del più celebre street artist vivente di Matteo Pierozzi

Uno dei celebri “rats” di Banksy su un muro di Melrose Avenue a Los Angeles

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anksy è lo pseudonimo di uno dei massimi rappresentanti mondiali della street art. La sua identità, nonostante molti rumors, resta ad oggi un mistero. I suoi graffiti compaiono per la prima volta a Bristol, in Inghilterra, per poi diffondersi ovunque, da Londra a Parigi e a New York. Sono opere di forte impatto visivo e sociale; colpiscono l’occhio, lo stomaco e spesso la coscienza di chi le guarda. Utilizza la tecnica dello stencil con cartone per poter realizzare i graffiti in maniera veloce ma efficace, elementi essenziali per la street art. Soggetti ricorrenti sono poliziotti, scimmie, soldati, anziani e ratti; quest’ultimi, in particolare, sono protagonisti della celebre serie Rats. L’artista ha scelto di raffigurarli perché, pur essendo piccoli, brutti e insignificanti, i ratti sono capaci di distruggere interi sistemi sociali. Nel 2005, Banksy si introduce in maniera fraudolenta in importanti musei inserendo, tra quelle esposte, le sue opere provocatorie. Ancora nel 2005 dipinge alcuni trompe-l’oleil sul muro israeliano eretto in Cisgiordania, creando l’illusione che il muro fosse stato abbattuto. Gli unici suoi interventi in Italia si trovano a Napoli: una Madonna con la pistola e una Santa Teresa del Bernini poi coperta da un graffitista locale. Nel 2015, in Inghilterra, insieme ad altri artisti, realizza Dismailand, un anti 28

BANKSY

- Disneyland temporaneo, con principesse in rovina, castelli distrutti e guide annoiate. Nel 2016, in un campo profughi, ritrae uno Steve Jobs profugo con in mano un vecchio Mac e gli abiti in un sacco dell’immondizia a rimarcare le umili origini del fondatore della Apple che venne adottato da una coppia di immigrati armeni. Di recente a Kiev sono comparsi, sui muri devastati dalle bombe, cinque suoi graffiti. Alcuni studiosi hanno ultimamente pubblicato uno studio in cui ipotizzano che Banksy sia in realtà l’artista inglese di 42 anni Robin Gunningham, ma non è seguita alcuna conferma. L’aura di mistero attorno all’artista resiste.

PsicHeArt A cura di Maria Concetta Guaglianone

Il mondo visto attraverso gli occhi di un bambino di Maria Concetta Guaglianone

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l mondo dei bambini è un mondo in evoluzione, un terreno fertile da innaffiare, coltivare e curare con dedizione e delicatezza. Se da un lato gli adulti aiutano i piccoli a trovare la loro strada, a loro volta i grandi si arricchiscono attraverso questa relazione e attraverso i loro occhi incontrano o rincontrano il “sé bambino” che dimora in un corpo adulto. Citando Jung, il “bambino interiore” rappresenta l’inizio e la fine, ciò che esisteva prima di essere uomo e ciò che sarà oltre la morte, rappresenta da un lato la costruzione e l’evoluzione ma al tempo stesso la distruzione del mondo infantile per accedere al mondo adulto. La relazione tra grandi e piccini diventa uno spazio di crescita comune in cui poter utilizzare strumenti e attività, come ad esempio la pittura. Attraverso la pittura il bambino si diverte, accede a nuove informazioni ampliando il proprio bagaglio cognitivo, emotivo, affettivo, esplora e lascia traccia della propria espressività ed energia creativa; attraverso le loro “opere d’arte”, in modo non del tutto consapevole, fornisce agli adulti informazioni sui propri stati e vissuti e al contempo riceve risposte che contribuiscono allo sviluppo dell’autostima. Il bambino, con i propri occhi, fotografa il mondo e, attraverso le sue mani, dà forma a ciò che sente. Preservare e stimolare la creatività e aiutare il bambino nella fase di sviluppo significa accompagnarlo in un processo di conoscenza e scoperta, nutrire la mente e il cuore, mantenendo vivo lo stupore e l’immediatezza espressiva, la giocosità, la fantasia, l’immaginazione, l’apertura. Dovremmo imparare ogni giorno dagli occhi di un bambino quando sorride di gioia, quando piange e chiede aiuto, quando osserva e scruta dal basso “i giganti adulti”. Dovremmo preservare e mantenere viva la purezza, l’auten-

ticità e il senso di meraviglia, aspetti di cui il mondo degli adulti viene spesso svuotato a causa della rigidità di schemi, del dover fare e dover essere dimenticando spesso la dimensione del piacere e il senso della propria felicità. I bambini attraverso la loro semplicità e fiducia incondizionata ci insegnano ad aprire il cuore. Citando Dostoevskij: «Quando un uomo ha grossi problemi dovrebbe rivolgersi a un bambino; sono loro, in un modo o nell’altro, a possedere il sogno e la libertà». Occorrerebbe preservare “l’isola che non c’è”, spesso dimenticata e rinnegata da adulti, ma che in fondo al cuore di ognuno c’è ed esiste. E imparare a volare nel punto più alto del cielo con lo stupore degli occhi dei bambini… Recita la canzone: «Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto fino al mattino non ti puoi sbagliare, perché quella è l’isola che non c’è e ti prendono in giro se continui a cercarla ma non darti per vinto, perché chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te».

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sicologa specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia dell’Istituto Psicoumanitas di Pistoia, Maria Concetta Guaglianone ha frequentato la scuola biennale di Counseling Psicologico presso Obiettivo Psicologia di Roma, dove ha svolto anche la propria attività professionale collaborando come tutor nel Master di Psicologia Perinatale. È autrice di numerosi articoli sul portale Benessere 4you - Informazioni e Servizi su Salute e Benessere Psicologico. Attualmente svolge la propria attività professionale presso Spazio21 - Studi Professionali di Discipline Bio Naturali e Psicologia (via dei Ciliegi 21 - 50018 Scandicci).

+39 3534071538 / [email protected]

IL MONDO DEI BAMBINI

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accademiaespresso.com @accademiadelcaffeespresso

Week-end a… A cura di Elisabetta Mereu

A Scarperia una mostra sui formidabili ed iconici anni Settanta di Elisabetta Mereu

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li anni Settanta sono stati anni rivoluzionari, simbolo di libertà, trasgressione, lotte politiche, conquiste civili e sociali, di visioni contrapposte, e anche inconciliabili, di partecipazione e democrazia. Gli anni della creatività a briglia sciolta, seppur contestuali a molte stragi ed eventi terroristici, e uno dei periodi – non solo in Italia – più vivaci nella sperimentazione artistica, con icone e simboli intramontabili anche nell’abbigliamento: pantaloni e jeans a zampa di elefante, lunghe gon- Installazione fotografica di Franco Guardascione con la TV centrale che rende lo spettatore protagonista ne a fiori, shorts, bandane fra i capelli e borselli unisex. È il decennio di svolta, in cui si te e salute, cultura e partecipazione sociale». La mostra, diventa maggiorenni a 18 anni e nascono nuovi strumen- in corso fino al 15 gennaio 2023, propone un percorso ti di comunicazione destinati ad avere un impatto epocale cronologico e tematico su quanto ha caratterizzato quel sulla società: dalle televisioni e radio “libere” ai compu- decennio per farlo conoscere anche ai ragazzi, con docuter. «Ma sono stati anche l’ultima grande stagione di im- menti originali, libri, riviste, giornali, film, manifesti, fuportanti riforme e del tentativo di modernizzazione del metti, musica e filmati dell’epoca. Sono inoltre previsti: nostro paese. Questa è l’eredità che dobbiamo raccoglie- un’installazione fotografica curata da Franco Guardasciore e che sola ci può permettere di riannodare i fili, per ne, laboratori didattici, incontri dibattito con studiosi per il superamento del declino degli ultimi decenni» afferma mettere a confronto l’oggi con quel periodo, proiezioni di Marco Sozzi, dell’Associazione Pier Giuseppe Sozzi per film e documentari poco conosciuti o fuori dai circuiti da lo studio dei movimenti politici e culturali, che ha cura- molto tempo, oltre a momenti musicali da parte di giovani to la mostra Per una nuova narrazione dei Settanta / Rifor- che rielaborano e propongono famosi brani dei cantautomismo, sovversione, restaurazione al Palazzo dei Vicari di ri e delle grandi rock band di allora. Alcuni di questi eventi Scarperia, in collaborazione con l’assessorato alla Cultu- saranno ripetuti anche fuori dalla sede della mostra in alra del Comune di Scarperia e San Piero e la Pro Loco di tre località mugellane. Scarperia. «In fondo – prosegue Sozzi – i temi al centro dei Settanta non sono poi così diversi dagli attuali: il ruo- Tutti gli appuntamenti sul sito: lo delle donne, il lavoro e la questione giovanile, ambien- www.comune.scarperiaesanpiero.fi.it

MOSTRA SUGLI ANNI SETTANTA

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A spasso nel tempo

Viaggiare nel Medioevo Un’esperienza con poche comodità e molti pericoli di Serena Gelli

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ggi le persone sono abituate a percorrere lunghe distanze in poco tempo, ma nel Medioevo che cosa succedeva? Sicuramente la maggior parte dei viaggiatori non si spostava per motivi turistici, ma per altre esigenze: per scopi commerciali i commercianti, per scopi religiosi i pellegrini, tanto per fare degli esempi. Gli spostamenti avvenivano sempre a piedi su strade o sentieri di pessima qualità; soltanto i capi militari e i vescovi si muovevano a cavallo. Le merci venivano trasportate da animali da soma o da carri che percorrevano dai 25 ai 30 km al giorno; i corrieri imperiali riuscivano a percorrere a cavallo anche 60 km al giorno. Spesso i viaggiatori incontravano difficoltà a trovare la strada giusta, per questo pagavano delle guide locali che li aiutassero durante il percorso. La maggior parte delle persone era di basso ceto; si equipaggiavano per il viaggio con stivali

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VIAGGIARE NEL MEDIOEVO

di cuoio, spessi mantelli di lana, cappelli a tesa lunga e robusti bastoni. A parte queste dotazioni essenziali, nel Medioevo si viaggiava con carichi leggeri per risparmiare energie. Un particolare viaggiatore di questo periodo storico era il pellegrino, che compiva lunghi spostamenti per adempiere ad un voto, espiare un crimine commesso oppure ottenere indulgenze per sé e per i propri cari. Prima di partire, si preparava al viaggio con pratiche di purificazione: se aveva dei nemici si riappacificava, se aveva dei debiti li saldava ed elargiva donazioni alla Chiesa per il bene dell’anima. Durante il viaggio, il pellegrino poteva contare su luoghi di rifugio, lungo strade come la via Francigena; indossava una divisa speciale, larghi cappelli e bastoni. Talvolta, ricorreva anche al tatuaggio in modo da poter dimostrare il proprio status di pellegrino qualora fosse stato derubato dai banditi.

I libri del mese

Chiara Martini Senza controllo, un romanzo-verità sul male oscuro dell’anoressia di Erika Bresci

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na figura ritratta di spalle. Un uomo o una donna – o entrambi –, non importa granché. Un corpo senza occhi né volto, un corpo che non ti guarda. Colori che ricordano fango e sangue, nero e marrone su cui passa a schiaffo una mano di rosso. Posta di lato campeggia a epigrafe la citazione che risuona ad eco e deflagra a creare un sottile disagio: «Forse sto marcendo dall’interno, forse questo miasma lo emano io stessa». La copertina di Senza controllo sintetizza egregiamente in pochi tratti e altrettante tonalità la storia ostica, dura, inospitale, graffiante, scomoda, dolorosa, che Chiara Martini ci ha voluto regalare. Storia di un lutto – quello per una madre che non c’è più – vissuto da una giovane donna fotografata sul crinale di un’adolescenza difficile, combattuta tra l’assenza ingombrante di un padre che continuamente erge «muri di anaffettività» – sostanzialmente incapace di accettare il dolore scaturito dalla perdita della moglie, tutto compreso a mantenere intatta la propria reputazione (neanche una lacrima al funerale) – e il quotidiano dialogo-scontro con la «gemella parassita», l’altra lei, la “creatura” che la divora dall’interno, ne consuma organi e pelle, lasciandole integra solo la testa. Perché è lì, nella testa, il centro del controllo, è lì che alberga quel suo «cervello capace di tutto. Di autoregolarsi, autoalimentarsi, autosostenersi». L’anoressia, mostro vorace che accompagna e si inghiotte migliaia di ragazzi ogni anno, non è confinata qui nella semplice espressione del nome, perché questo potrebbe portare a esorcizzarla. No, Chiara Martini ce la fa sperimentare direttamente, nel peso specifico di immagini ed episodi che stringono lo stomaco e lasciano in apnea. Così le giornate, una uguale all’altra, trascorse in un tempo immobile e pur velocissimo, passano inesorabili – per la ragazza e per il branco (impossibile definirlo gruppo) di “amici” – tra «le solite cose. Fumare, bere, stonarsi, vomitare e poi bere di nuovo. Nel preciso ordine». Sullo sfondo, o meglio fermo sulla soglia, il padre, incapace di compiere un passo avanti, di comprendere il suo urlo di dolore: «Guardami!». Il racconto, che non accetta compromessi o ipocrisie retoriche e mette il dito nella piaga, trascina il lettore nel vortice di una realtà riflessa nella quale bianco e nero confliggono parossisticamente, presentandoci questa perenne lotta degli opposti, in un anelito compensativo: così la compiaciuta femminilità del suo giovane corpo svenduto nel sesso praticato con insistente insignificanza stride specchiandosi nel desiderio di veder cancellata quella stessa agognata femminilità: «Vorrei una vescica semimaschia. Sogno di pisciare in piedi come gli uomini». E il controllo che

si credeva assoluto, affidato alla precisione dei numeri, si rivela nella sostanza un “senza controllo”. Ma in questo inferno dantesco Chiara Martini non ci abbandona. Perché il suo è comunque un romanzo che cerca il varco, l’occasione che lo renda possibile e che la vita spesso ci offre quando meno ce lo aspettiamo e in un modo del tutto inopinabile. Per la nostra protagonista avviene nell’incontro e nella comprensione di un dolore che è altro dal suo, nell’imparare il linguaggio che possa far risuonare all’esterno la voce dello strazio trattenuta in un’implosione impossibile da gestire a lungo. Un giorno, in un gruppo d’ascolto, le viene chiesto di presentarsi con il suo nome. Nasce da questo recupero d’identità la deflagrazione potente, quel “pianto” che sostituisce la parola “fine” al romanzo e al quale l’autrice non fa seguire il punto di chiusura. Perché la vita, quella fragile di questa giovane farfalla in cerca del suo volo, quella di tutte le farfalle che aspettano di partire non può iniziare da un punto ma dall’infinito che segue al riconoscere se stessi.

CHIARA MARTINI

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Eventi in Toscana

A Firenze, nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, la 4^ edizione della Biennale del Premio di Tutte le Arti di Doretta Boretti / foto Franco Nocentini e Sandro Zagli

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o scorso 20 novembre, nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, si è tenuta la cerimonia della 4^ edizione della Biennale del Premio di Tutte le Arti per riportare la vita nelle famiglie, sul lavoro e sulle strade del nostro meraviglioso mondo. La manifestazione si svolge ogni due anni, a partire dal 2014, e sempre nella terza domenica di novembre, giornata nazionale – grazie allo Stato italiano che l’ha voluta come legge nel dicembre 2017 – e giornata mondiale delle vittime della strada. Il messaggio che porta con sé la Biennale è proprio quello di smuovere le coscienze sopite e risvegliarle, perché ognuno di noi faccia la propria parte. Alla cerimonia erano presenti le rappresentanze comunali, le rappreIl pubblico presente alla manifestazione

Targa della AIFVS ad un neoassunto della Polizia Municipale di Firenze

Doretta Boretti consegna la targa della sede fiorentina della AIFVS, in ricordo di Elisabetta e Mariachiara Casini, alla musicista Marta Marini

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PREMIO DI TUTTE LE ARTI

L’assegnazione della targa in ricordo dei giovani deceduti in un incidente sull’autostrada A4 ai giovani dell’Associazione Sipario

I bambini della scuola di teatro diretta dalla regista Gabriella del Bianco che

Filippo Randi, presidente europeo della FEVR, consegna la targa alla presidente

hanno rappresentato durante la manifestazione le vittime della strada

di Alina Art Foundation Sanda Sudor

sentanze della Prefettura e della Questura di Firenze, il coro della Polizia Municipale del Comune di Firenze, gli allievi della Scuola Aeronautica Militare G. Douhet, la presidente dell’Associazione Gabriele Borgogni, Valentina, sorella di Gabriele, il presidente della Fondazione Matteo Ciappi, Andrea, padre di Matteo, e numerosi altri ospiti. Il Salone dei Cinquecento, gremito di ospiti e delle splendide opere dell’artista Sanda Sudor, ha reso più viva la manifestazione alla quale hanno partecipato personaggi illustri. La famiglia del Gonfalone, con il suono delle clarine, ha salutato i cittadini presenti. Successivamente il coro della Polizia Municipale del Comune di Firenze ha aperto la Biennale intonando l’inno nazionale. «Dall’inno nazionale tutti noi dobbiamo avvertire l’unità di intenti e imparare a donare la nostra vita, cioè la nostra volontà, la nostra intelligenza, il nostro coraggio per costruire un futuro migliore per noi e per i nostri figli» ha dichiarato l’avvocato Sara Desideri, tra gli ospiti intervenuti. Una targa della AIFVS in ricordo di tutte le vittime della strada è stata consegnata ad un giovane neoassunto della Polizia Municipale del Comune di Firenze. La targa della sede fiorentina della AIFVS, in ricordo di Elisabetta e Mariachiara Casini – la prima laureanda in Giurisprudenza e la seconda in Psicologia, le due ragazze nate e decedute a Firenze in uno dei più drammatici incidenti avvenuti sulle strade della città – è stata consegnata alla famosa musicista Marta Marini che per l’occasione ha suonato con il mandolino Firenze sogna. PartiIl cantante Aleandro Baldi, tra gli ospiti della manifestazione

PREMIO DI TUTTE LE ARTI

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La vicepresidente del Consiglio comunale di Firenze Maria Federica Giuliani e l’avvocato Nicoli Bricoli consegnano il medaglione della Biennale alla celebre attrice fiorentina Gianna Giachetti

Gianni De Magistris premiato dall’avvocato Sara Desideri

Daniela Pronestì, direttore de La Toscana Nuova, consegna la targa della Bien-

Il giornalista Nicola Coccia e il presidente del Consiglio comunale di Firenze Lu-

nale sezione giovani per la pittura all’artista Gemma Mazzotti

ca Milani premiano il giornalista di guerra Fausto Biloslavo

colarmente toccante la presenza dei giovani dell’Associazione Sipario, alla quale è stata assegnata la targa in ricordo dei giovani deceduti in un incidente sull’autostrada A4. La targa della FEVR è stata consegnata dal presidente europeo della FEVR alla presidente di Alina Art Foundation, Sanda Sudor – mamma di Alina investita mortalmente nel 2020 – venuta dall’Olanda con i suoi splendidi quadri affinché in tutti gli ambiti anche quelli della giustizia si comprenda che quando avvengono certi fatti non muore soltanto chi resta sull’asfalto ma anche la famiglia e i parenti. Il passaggio dalla prima alla seconda parte della cerimonia è stato segnato da due ingressi: il primo, quello dei figuranti della scuola di teatro diretta dalla regista Gabriella del Bianco, che hanno rappresentato, lungo il percorso per giungere nel Salone dei Cinquecento, le vittime della stra-

da, con un fiore bianco tra le mani, fiore che successivamente verrà donato alla sede fiorentina della AIFVS. Il secondo ingresso è stato quello del famoso cantante Aleandro Baldi che, accompagnato dal dottor Massimiliano Gallo, ha testimoniato, con parole pacate, la difficoltà di movimento per un ipo o non vedente nelle strade della città dense di troppe insidie. Lo stesso Baldi ha poi emozionato il pubblico interpretando due brani – Meraviglioso di Modugno e Passerà con la quale il cantante fiorentino ha vinto Sanremo nel 1994 – con voce e chitarra che hanno comunicato ai presenti un grande senso di forza e coraggio. La seconda parte della manifestazione è iniziata con la consegna del medaglione della Biennale del Premio di Tutte le Arti, della ditta Picchiani e Barlacchi, alla celebre attrice fiorentina Gianna Giachetti, al pluripremiato sportivo Gianni De Ma-

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PREMIO DI TUTTE LE ARTI

L’assegnazione della targa ad ADRA per il progetto del marciapiede didattico

Premio Ponte Vecchio ad Alessandro Sarti, regista, ex assessore alla Cultura del Comune di Pontassieve nonché fondatore e presidente del corteo storico di Pontassieve Il giornalista Fabrizio Borghini consegna il Premio Ponte Vecchio al corteo storico di Pontassieve

gistris e al noto giornalista di guerra Fausto Biloslavo. La targa della Biennale sezione giovani per la pittura è stata assegnata all’artista Gemma Mazzotti che, fino a mercoledì 23 novembre, ha esposto quattro suoi quadri nel prestigioso Zeffirelli’s Tea Room Bar&Restaurant, all’interno della Fondazione Zeffirelli. La targa per un progetto mirato alla prevenzione degli incidenti stradali è stata attribuita ad ADRA per aver realizzato il marciapiede didattico, progetto entrato a far parte anche delle “Chiavi della Città” di Firenze. Come appendice della Biennale è stato inoltre consegnato il Premio Ponte Vecchio al corteo storico di Pontassieve, creato dall’ex assessore alla Cultura del Comune di Pontassieve e attuale presidente dello stesso corteo Alessandro Sarti. Il corteo storico non ha soltanto colorato i propri costumi il Salone dei Cinquecento, ma ha anche reso più vivo il valore del ricordo. Altre due targhe del Premio Ponte Vecchio, promosso dall’associazione Toscana Cultura, sono andate alla dottoressa Marisa Boschi e al fotografo Palmiro Stanzucci. A consegnare i riconoscimenti della Biennale e il Premio Ponte Vecchio sono stati: il giornalista Fabrizio Borghini, il giornalista Nicola Coccia, gli avvocati Sara Desideri, Nico Bricoli e Chiara Riccitelli, il direttore della rivista La Toscana Nuova Daniela

Foto di gruppo degli insigniti del Premio Ponte Vecchio: da sinistra, Alessandro Sarti, Marisa Boschi, due rappresentanti del corteo storico di Pontassieve e Palmiro Stanzucci

Pronestì, il maestro Luciano Manara, il presidente della FEVR Filippo Randi e la presidente dell’associazione Toscana Cultura Lucia Raveggi. La cerimonia si è conclusa con le voci del coro della Polizia Municipale del Comune di Firenze che, diretto da Lucio Starita, ha cantato egregiamente il Va, pensiero tratto dal Nabucco di Giuseppe Verdi.

PREMIO DI TUTTE LE ARTI

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Movimento Life Beyond Tourism Travel To Dialogue

The Word in Florence 2022 tra il complesso monumentale di Santa Croce e Palazzo Coppini Quattro giorni di talk e cultural storytelling con prestigiosi oratori internazionali di Stefania Macrì

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uattro giorni di eventi che hanno visto esperti internazionali, giovani studenti, pubbliche amministrazioni e rappresentanti della società civile da trentatré paesi diversi di cinque continenti confrontarsi sulle sfide contemporanee che legano il patrimonio, il dialogo per la pace tra i popoli, i rischi climatici e resilienza. Questi alcuni dei temi affrontati dal 15 al 18 novembre durante The World in Florence, il festival delle culture promosso dalla Fondazione Romualdo Del Bianco e organizzato dal Movimento Life Beyond Tourism – Travel to Dialogue. Questi workshops, conferenze e tavole rotonde hanno fatto da corollario ai due eventi tradizionali del Festival, la mostra di poster dei Luoghi Parlanti di trentasei territori nel mondo e le relative presentazioni (sia Un momento dell’apertura di The World in Florence 2022; da sinistra: Carlotta Del Bianco, presidente in remoto che in presenza): talk, approfondi- Fondazione Romualdo Del Bianco, Cristina Acidini, presidente Opera di Santa Croce, Mounir Bouchementi e cultural storytelling per viaggiare vir- naki, presidente onorario Fondazione Romualdo Del Bianco tualmente, ma anche un modo per ripensare il turismo, nell’ottica di trasformare il viaggio in un’esperienza ni per la tutela e la valorizzazione del patrimonio, da UNESCO di inclusione, solidarietà e dialogo interculturale, insieme a un a ICCROM e ICOMOS. Internazionali keynote speakers si sono pool di oratori provenienti dalle più prestigiose organizzazio- occupati di tracciare le prospettive dei siti Patrimonio dell’Umanità in chiave di pace e dialogo, impatto climatico, inclusività e sostenibilità: tra i coordinatori Francesco Bandarin, assistant director general UNESCO for Culture; Joseph King, senior director ICCROM, e Aparna Tandon, senior programme leader ICCROM. E ancora: Michael Turner, architetto e professore emerito alla Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme; Giovanni Fontana Antonelli, urbanista specializzato in salvaguardia del patrimonio storico; Patricia O’Donnell, paesaggista e presidente del network Our World Heritage; Jean-Louis Luxen, già presidente del Comitato per il Patrimonio Culturale del Consiglio d’Europa e segretario generale di ICOMOS; Christina Cameron, per quindici anni direttrice del pro-

La delegazione camerunense dona dei pezzi di artigianato locale alla Fondazione Romualdo Del Bianco

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MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

gramma di Conservazione del Patrimonio all’Università di Montreal, in Canada; Jad Tablet, architetto libanese pluridecorato e già membro del World Heritage Committee dell’UNESCO; Tokie Brown, co-fondatrice della Fondazione per la Preservazione del Patrimonio Culturale in Nigeria; Meetali Gupta, specializzata in patrimonio architettonico; Chiara Arrighi, esperta di idrologia dell’Università di Firenze; Özden Coşkun Öner, architetta specializzata in ambiente storico e beni culturali; Catherine Forbes, rappresentante di ICOMOS Australia; le ricercatrici Nathalie Paarlberg dall’Olanda, Marija Kamber dalla regione dei Balcani e Eva Ziedan dalla Siria. Gli stessi territori sono stati protagonisti della mostra di The World in Florence con pannelli contenenti trittici fotografici aperta durante tutta la durata Il dono alla presidente Carlotta Del Bianco da parte di Sheikh Ebrahim Al Khalifa, vicedirettodell’iniziativa presso il loggiato sud, all’interno del re Arab Regional Centre-World Heritage complesso monumentale di Santa Croce. Grazie a pannelli dotati di tecnologia NFC/QR code e al proprio smartphone, i visitatori hanno avuto la possibilità di aumentare l’esperienza della visita scoprendo curiosità e approfondimenti sui luoghi ritratti, sperimentando il concept dei Luoghi Parlanti®. L’iniziativa, in collaborazione anche con Touring Club Italiano, intervenuto con lo speech di Fiorenza Frigoni, direttrice Touring Academy, e Margherita Azzari, vicepresidente Società Geografica Italiana, conta già su oltre cinquanta punti attivi tra l’Italia e l’estero: attraverso l’installazione di targhe interattive in siti di interesse turistico è possibile accedere a informazioni storiche, curiosità, e suggerimenti sulla cucina tipica. Tra le novità dell’edizione 2022 il coinvolgimento di oltre ottanta studenti della Scuola Elsa Morante plesso Nicolodi di Bagno a Ripoli e del Liceo Classico N. Machiavelli di Lucca, i quali hanno partecipato a inSIGHT, gioco partecipativo Un momento dei giochi partecipativi ICCROM inSIGHT per riflettere su come le pratiche e le conoscenze tradizionali contribuiscano alla gestione sostenibile delle risor- cultura vengono identificati come target nell’ambito di guerre se e alla prevenzione di eventuali catastrofi naturali. A seguire e conflitti, con l’obiettivo di attentare alla memoria culturale e il talk Travel for social, not social for travel da parte del creati- l’identità dei popoli. A chiudere il Festival The World in Florenve advisor del programma Luoghi Parlanti®, Paolo Iabichino, ce, la Filarmonica di Cracovia con orchestra e coro che si sono per sottolineare l’importanza di veicolare il tema dei viaggio in esibiti con un programma dedicato alla musica classica tradimodo consapevole all’interno dell’ambiente digitale, con par- zionale polacca per commemorare i duecento anni dalla morte ticolare riferimento ai social media. Significativo l’intervento del compositore Józef Rufin Wybicki, autore dell’inno nazionaWar is the enemy of man di Mounir Bouchenaki, presidente le del paese. onorario della Fondazione e special advisor del direttore generale UNESCO, intervenuto dopo i saluti di benvenuto della pre- Per rivedere le giornate del festival: sidente Carlotta Del Bianco: sempre più spesso i simboli della www.theworldinflorence.com

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l Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®, ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.

Per info: + 39 055 290730 [email protected] www.lifebeyondtourism.org

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

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Nuove tecnologie e società

BeReal

Il social che dà spazio all’autenticità di Aldo Fittante

«B

eReal non ti renderà famoso. Se vuoi diventare un influencer puoi rimanere su TikTok o Instagram» annuncia la pagina iniziale. Che succede? Dopo anni passati a desiderare di essere come le celebrità e i milionari self-made – veri o presunti tali –, a creare un posto fantastico fatto di foto giuste in luoghi opulenti e lussureggianti, la gente vuole realtà. Basta con gli scatti accanto a macchine luccicanti lasciando intendere di esserne i proprietari quando in realtà le abbiamo trovate parcheggiate per strada. Ora è di moda la normalità: è il momento di BeReal. Torniamo a farci vedere mentre viviamo le nostre vite quotidiane, noiose, forse, ma autentiche e tangibili. Nato nel 2020 in Francia, BeReal è il social del momento; lo hanno inventato due ragazzi: Alexis Barreyat e Kevin Perreau. Dopo un inizio poco entusiasmante, è esploso negli Stati Uniti durante l’estate del 2022, finendo per essere scaricato oltre trenta milioni di volte. Come si usa? Per prima cosa, si scarica l’App sul proprio smartphone con Apple Store o Google Play. Fatto questo, registrarsi è semplicissimo: basta inserire alcune informazioni, tra cui la data di nascita, e si può iniziare. A questo punto non bisogna fare altro che aspettare la notifica, che arriverà in un momento qualunque

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BEREAL

una volta al giorno, e scattare una foto. Anzi, due: una con la fotocamera interna e un’altra con quella esterna. Quindi una che ci ritrae e l’altra che mostra dove siamo e cosa facciamo. Abbiamo ben due minuti per scattare le foto e pubblicarle su BeReal. La differenza tra BeReal e gli altri social è in cosa ci spinge a postare. Non siamo noi a decidere l’ora giusta per postare, ma una notifica inviata da un algoritmo. Possiamo accettare un mondo in cui è il social a dirci cosa fare? Lo scopo di BeReal è mostrare la realtà, senza poter preparare in anticipo una scena da mostrare filtrandola e impostandola. Del resto, lo dice il nome stesso di questo social: lo scopo è “essere reali”. La pandemia ha cambiato il modo in cui la nuova generazione, la cosiddetta “Gen Z”, vive l’essere social. Stufi della patina dorata di Instagram, del tunnel infinito di Tik Tok, i giovani cercano qualcosa di nuovo per sfuggire alla pressione sociale e alla FOMO (Fear Of Missing Out) ovvero alla paura di perdersi le cose. Una fuga anche dalla dipendenza dei social: siamo saturi. Sono passati 20 anni dalla nascita del primo social come lo conosciamo oggi: come ci possiamo disintossicare dopo tutto questo tempo? “Lucchettare” il proprio account, chiuderlo, tutte opzioni popolari. E poi c’è BeReal, che si pro-

pone come l’alternativa ai “vecchi” social. Per ora, anche grazie all’entusiasmo della novità, sembra funzionare. Divertiamoci facendo vedere che la nostra vita è come quella di tutti gli altri, che siamo contenti mentre prendiamo un caffè con i nostri amici, lavoriamo, stiamo a casa a guardare la TV. Che c’entri anche il fascino discreto della nostalgia verso i primissimi social, prima che diventassero curatissimi e troppo perfetti? Passare dall’Instagram di oggi, pulitissimo e con le foto pubblicate all’ora giusta, a BeReal, con i suoi scatti brutti e veri, può far venie il capogiro. Ma con BeReal siamo finalmente riconnessi con la realtà della nostra vita e di quella delle persone che conosciamo, e possiamo

finalmente avere un palcoscenico per la vita che viviamo, non per la vita che vogliamo far vedere agli altri. I social, nati con lo scopo di metterci in contatto, ci stanno dividendo anche dalla realtà, facendoci progettare delle vite parallele poco credibili. Il tempo che abbiamo è davvero così tanto da poterlo sprecare curando un’immagine invece della vita vera? Dobbiamo imparare di nuovo a considerare il nostro tempo come qualcosa da spendere saggiamente. Forse BeReal può aiutarci a tornare alle origini, e se scoprissimo che così non è, possiamo sempre eliminarlo dalle nostre vite e dai nostri smartphone per guadagnare ancora più tempo. Buona vita reale a tutti!

BEREAL

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Eventi in Toscana

I ponti fiorentini sull’Arno fra geometria e curiosità Ne ha parlato il professor Giuseppe Conti nel corso di una conferenza a Palazzo Rosselli Del Turco a Firenze di Luciano Artusi / foto Maria Grazia Dainelli

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iuseppe Conti, laureato in Matematica, professore di Istituzioni di Matematiche al Corso di Laurea in Architettura e di Matematica e Geometria per il Design al Corso di Laurea in Product, Interior, Communication and Eco-social Design, entrambi dell’Università di Firenze, ha fatto della scienza dell’esattezza e della precisione qual è la matematica, applicata in tutte le sue forme, la sua essenziale ragione di vita da scrupoloso studioso quale è. Matematica, geometria, storia, cronaca, aneddotica, attenta osservazione delle curvature spaziali degli archi, destinati a reggere le possenti strutture, sono la base della conferenza intitolata I ponti fiorentini sull’Arno fra geometria e curiosità che si è tenuta lo scorso 19 ottobre a Firenze, a Palazzo Rosselli Del Turco, in concomitanza di una sfilata con le creazioni della stilista Pola Cecchi. La conferenza anticipa la pubblicazione di una ricerca universitaria, scritta insieme alla dottoressa Beatrice Sedili e che sarà edita da Angelo Pontecorboli Editore di Firenze, realizzata con reciproca stima fra i due autori in perfetta sintonia nella ricerca storiografica e nell’indiscusso rigore scientifico, che niente lascia al caso o all’improvvisazione. Una passione professionale così intensa, profusa con impegno dopo ore e ore di lavoro, che per loro sono state qualcosa di simile al divertimento. Entrambi innamorati di Firenze, come fossero gli unici ad amarla, sono di quelle persone che credono fermamente nel valore delle opere d’arte, della loro conoscenza e conservazione, ben consapevoli che, altrimenti, resterebbero soltanto appannati ricordi nella memoria. Ciò detto, da questa conferenza traspare il grande merito di aver offerto alle persone presenti, con completezza d’informazione e dovizia

di preziose notizie, uno spunto di riflessione sugli antichi ponti fiorentini, costruiti in epoche diverse e in differenti stili, fornendo una precisa descrizione di ognuno sotto più significati: dagli artisti che li hanno realizzati, fra i quali Taddeo Gaddi, Neri di Fioravante e Bartolomeo Ammannati con i suggerimenti di Michelangelo, alla specificità delle campate, che possono essere a tutto sesto, a sesto ribassato, a curva catenaria oppure ellittica o pa-

Il professor Giuseppe Conti durante la conferenza a Palazzo Rosselli Del Turco

La stilista Pola Cecchi consegna il Premio Ponte Vecchio a Giuseppe Conti

Ponte Vecchio

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I PONTI FIORENTINI

rabolica, evidenziate mediante lucidi e trasparenti confronti matematici, diligentemente disegnati e sovrapposti sugli originali. Si tratta, perciò, di un’indagine a tutto campo, una sorta di film che, con ampia documentazione fotografica, talvolta inedita, affianca e integra la narrazione, accrescendo via via l’emozione che se ne ricava: dunque, comunicazione culturale a tutti i livelli, ottenuta con un lavoro di rilievo e spessore che porta ad una maggiore conoscenza scientifica di queste costruzioni, le quali collegano le rive opposte del nostro fiu-

me. In tale contesto i ponti diventano anche sinonimi di amicizia in quanto uniscono, dando così risalto ai valori perenni di umanità e amicizia che sono patrimonio della nostra gente. Non credo di esagerare se considero questo studio un contributo veramente importante per conoscere meglio queste affascinanti strutture d’attraversamento fiorentine, concretizzate con competenza, passione e professionalità tali da trasmettere valori dell’arte, della scienza e del sapere con tanto amore per la città e per i suoi abitanti.

Ponte Vespucci

Ponte Santa Trinita

Ponte San Niccolò

I PONTI FIORENTINI

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Quando tutto ebbe inizio... A cura di Francesco Bandini

Sulla via dorata per Samarcanda Testo e foto di Francesco Bandini 2^ parte

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arole che evocano storie di popoli e avventure per sentieri e mercanti in lunghe carovane. Oggi niente di tutto questo, anche se ripercorrere queste strade che conducono al remoto Katai descritto dal viaggiatore veneziano fa comunque una certa emozione. Partendo dal Mediterraneo fino a Costantinopoli e poi alla greca Makaranda è qui che si ricongiungevano i due diversi percorsi che, aggirando il Turkestan, dalla Torre di Pietra alla Porta di Giada, giungevano a Singan-Fù oltre Pechino, ma il vero sogno era Shangri-là, nello Yunnan! Ma quello che oggi a me interessa è soprattutto percepire quello che è stato da tempi immemorabili il luogo simbolo della propagazione fra est e ovest, di colture e culture. Certo i “laghi di fuoco” descritti da Marco Polo sono divenuti i pozzi di petrolio che è la vera merce pregiata insieme all’energia atomica e il gas. La religione è ormai diventata uno strumento di ricatto. La storia ha la memoria lunga. Certi tratti sono evidenti, come l’orgoglio dell’Uzbekistan: benché più povero, si sente più importante degli altri “stan” (Kazakistan, Afghanistan, Kurdistan e gli altri dell’area Sulla tomba di Tamerlano, nel sotteraneo in corrispondenza del cenotafio, la tomba verrà spaccata in due ex soviet), perché forte della sua cultu- parti dagli archeologi russi nel 1941 ignorando la catastrofe che ne avrebbe fatto seguito: «Poche ore dopo ra, di matematici e scienziati, come Avi- arrivò la notizia che Hitler aveva invaso la Russia» cenna, e della sua storia millenaria. Ma ci sono alcuni elementi comuni a tutta la regione che devono far- che significa “Tomba dell’Emiro”; al centro di questo mausoci riflettere, come il caso della “battaglia dell’acqua” che non leo, una lapide incredibilmente semplice è il cenotafio sotto consente all’Uzbekistan di riattivare gli affluenti che, dirotta- il quale riposa Timur (1334-1405), ricavata da un singolo pezti in epoca sovietica, in quest’area terremotata dalla minaccia zo di giada verde-rame. Nel cortile, una vasca di granito veniva del radicalismo islamico e dal neo-imperialismo putiniano, han- colmata di succo di melograne in cui si bagnavano le vergini no portato allo svuotamento del lago di Aral: quello che fino a principesse e gli eroi, come Roxane e Alexandròs. Fuori il Regiqualche decennio fa era il quarto lago più vasto del mondo. stan, la piazza pubblica più nobile del mondo. Ancora, lo Shari-Zindah, una strada di tombe che sfoggia il più sorprendente insieme di decorazioni con piastrelle variopinte. E il pensiero Samarcanda, 20 giugno 2006 corre all’inevitabile parallelo delle grandi moschee iraniane in Nota ai greci come Makaranda, fino al V secolo è una di quel- una fantasmagoria di colori incredibili per la loro perlacea irile città che hanno la risonanza mitica di Atlantide, Isfahan, An- descenza. Mentre percorro il tratto di strada fino ai minareti, ghor, Timbuctù, cioè luoghi resi eterni nell’immagine popolare mi sento come qualcuno che abbia ritrovato un antico manooccidentale da scrittori e poeti. Sono stato in giro per i vari ba- scritto, il De rerum natura di Lucrezio rinvenuto da Poggio Braczar turchi e circassi, arabi, persiani, mongoli, kazaki, uzbeki, ciolini oppure uno sconosciuto Donatello: questo deve aver cinesi e indiani, un incredibile caleidoscopio di varia umanità provato Alessandro Parronchi nel convento di Bosco ai Frati che vive all’interno della città vecchia, arsa dal sole, la cui di- nel Mugello fiorentino. Credo sia impossibile comunicare una sposizione urbana resta immutata dal medioevo e ne conser- sensazione del genere, ma per me questa è la migliore ricomva ancora la magica atmosfera. Ecco il Gun-Amir, parola tagìca pensa ai miei tanti viaggi. 46

SULLA VIA DORATA PER SAMARCANDA

Samarkanda (Registan), la Madrasa Cher-Dor: in questi luoghi, Ibn al-Abbas, uno dei nipoti del profeta Muhammad, arrivò nel 676 per predire la vera fede agli empi adoratori zoroastriani che lo catturarono e decapitarono. Si tratta quindi di uno Shahid, un martire della fede, sul modello di Giovanni il Battista fatto decapitare dal re Erode IV Antipa. La festa del Precursore si venera nella grande moschea Omayade di Damasco e lo stesso papa Giovanni Paolo II vi si è recato pellegrino a rendere omaggio

SULLA VIA DORATA PER SAMARCANDA

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Botteghe artistiche in Toscana A cura di Rosanna Bari

Vetreria Polloni

L’eccellenza della lavorazione artistica del vetro a Firenze Testo e foto di Barbara Santoro

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razie ad una bella visita organizzata dalla Compagnia del Paiolo, ho potuto rivedere dopo molti anni l’antica Vetreria Polloni a Firenze. I tre fratelli Polloni, figli di un decoratore, erano Silvio, famoso pittore, Ezio, noto sceneggiatore che lavorò anche in Rai, e Guido che si dedicò interamente a realizzare lumi in vetro. Il padre mise a loro disposizione alcuni locali in via fra’ Giovanni Angelico, dove tuttora si trova la Vetreria Polloni. Nel 1923, il famoso architetto Coppedè, acquistò gran parte dei lumi della vetreria per usarli nell’arredamento degli yacht dei suoi facoltosi clienti, portando così nelle tasche dei Polloni parecchio denaro. La bottega acquistò molto prestigio ed anche negli Stati Uniti si cominciarono ad usare i vetri Polloni. Infatti, a Los Angeles, nel cimitero degli attori, ci sono queste Alcuni esempi di lavorazioni eseguite dalla Vetreria Polloni vetrate. Oltre alle vetrate per locali religiosi, si cominciò anche il restauro, attività che ancora oggi viene ese- questo si realizza un cartone a carboncino e dal cartone si guita con grande maestria. Passata la guerra, una figlia dei crea un lucido con dei tagli precisi da riempire. Tutti i pezzi Polloni sposò l’artista Sergio Papucci, che iniziò a spostare di vetro sono numerati per meglio entrare nello spazio prel’interesse della vetreria verso gli architetti contemporanei ciso. I vari pezzi di vetro si ritagliano con il diamante e, una usando soprattutto i nuovi vetri francesi a spessore. Negli volta rifiniti con le pinze, vengono appoggiati sul cartone. Alanni Novanta, Papucci divenne responsabile dell’azienda fi- la fine, a mano si adatta una guarnizione in piombo che verno alla sua morte avvenuta nel 2011, quando l’attività passò rà poi saldata a stagno bloccando tutti pezzi. Grazie ad uno in mano alle sue figlie che tuttora la dirigono. Oggi la Vetreria stucco realizzato con gesso a legno, olio di lino cotto ed esPolloni produce ancora vetrate artistiche per privati ed isti- senza di trementina scurito con il nero fumo, si saldano tutti tuzioni. Le tecniche sono ancora le stesse degli anni Venti, i pezzi in modo tale che non vi siano fessure. Poi tutto viene anche se oggi il vetro soffiato in lastra non viene più prodot- pulito con la segatura. Prima della saldatura, i pezzi devono to in Italia. La realizzazione dell’oggetto parte da un bozzet- essere finiti a colori o in chiaroscuro; per questi si usano coto disegnato e colorato ad acquerello in scala 1:10; poi da lori al piombo e al cadmio diluiti in acqua. I volti vengono dipinti in piano, mentre in verticale vengono realizzate le rifiniture in trasparenza. Una cottura a 610 ° fissa tutti i chiaroscuri e, successivamente, se richiesta, una finitura a colori vivi va fatta con una nuova cottura a 610° per portare a termine la decorazione. Finalmente i pezzi potranno essere saldati a piombo e i vari manufatti dati ai proprietari. Si comprende quindi quanto la lavorazione sia lunga e quanto tempo sia necessario per completare il tutto. Molti sono gli operai che vi lavorano e spesso è la gratificazione del committente che li conforta per le tante ore di lavoro. Gli oggetti in esposizione sono numerosi e tutti molto belli. Mai avremmo pensato, se non vedendolo, quanta fatica ci sia dietro queste splendide opere. Riceviamo un bel libro edito da Polistampa e scritto da Francesco Gurrieri con la storia della Vetreria Polloni. Veniamo via contenti per questa visita davvero interessante e per la cortesia e la gentilezza con cui siamo stati accolti. Varie campionature di colorazione del vetro

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VETRERIA POLLONI

I libri del mese

Roberto Mosi

I Barbari “dalle steppe a Florentia” in un romanzo tra storia passata e spunti di riflessione sul presente di Jacopo Chiostri

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l recente lavoro di Roberto Mosi – infaticabile scrittore, poeta, fotografo e promoter culturale – Barbari / Dalle steppe a Florentia alla porta Contra Aquilonem (Ed. Masso delle Fate) s’inserisce a pieno titolo nella famiglia del romanzo storico, genere che sta incontrando un rinnovato interesse. Va detto subito che questo di Mosi, a differenza di altri, i cui autori hanno approfittato di qualche licenza poetica per accomodare i fatti narrati, si avvale con tutta evidenza di un lavoro preventivo di documentazione che si traduce in una manna per i cultori del genere che vi troveranno una ricca serie di informazioni dettagliate sull’epoca oggetto della narrazione che non si limitano ai riscontri storiografici, ma offrono una colta ed esaustiva informazione sulla geografia del periodo e su usi e costumi e aspetti della vita quotidiana che sono in genere trascurati in questo tipo di narrazione. Il libro inizia l’8 ottobre del 410 d. C., festa di Santa Reparata, in località Montereggi (nei pressi dell’odierna Caldine, nella valle del Mugnone); Rufo, il protagonista del libro, che parla in prima persona, ricorda i momenti di terrore che sta vivendo Florentia, capitale della Tuscia: Roma, la più grande potenza che l’umanità abbia avuto, è in grave pericolo; i Barbari del re Goto, Ragadaiso, stanno dilagando nel nord della penisola. Radagaiso ha al seguito un esercito di oltre 200.000; ovunque, i Goti saccheggiano, stuprano, uccidono. La forza dei Barbari pare incontenibile, e Roma, divenuta forte in centinaia d’anni, estesa dal vallo di Adriano ai confini della Persia, probabilmente non ha la forza per resistere al nemico. Rufo ha combattuto a fianco di famosi comandanti romani, come il generale Stilicone. Nel 405, quando i Barbari irrompono in Italia, si è ritirato dall’esercito, partecipa alla vita politica di Florentia e si dedica alla cura dei suoi possedimenti sulle colline di Fiesole, sei fattorie che arrivano fino al Mugello: un traguardo straordinario per uno come lui figlio di un modesto tintore. Al centro del racconto l’arrivo di Radagaiso davanti a Florentia, la resistenza eroica dei cittadini nelle settimane dell’assedio in attesa dell’arrivo dell’esercito romano comandato da Stilicone e la sanguinosa battaglia nella valle del Mugnone, nella quale Radagaiso è sconfitto e fatto prigioniero. È l’ultima vittoria di Roma contro i Barbari, prima del crollo finale dell’impero. Nelle parole di Rufo si coglie la nostalgia per il mondo del passato legato alla gloria di Roma e nel contempo sono messi in evidenza argomenti che sentiamo ancora attuali. Col piglio del romanziere esperto, Mosi ha dosato saggiamente il ritmo della narrazione e il fluire degli episodi che compongono la trama; ne esce un’ar-

chitettura del racconto in cui il periodare è speculare alle emozioni che l’autore ritiene di suscitare nel lettore. È un romanzo che racconta fatti realmente accaduti, quindi c’è tanta realtà, ma Mosi, attento osservatore del continuum storico, è riuscito a far emergere corsi e ricorsi la cui chiave di lettura offre al lettore interessanti spunti di riflessione per capire grandi fenomeni quali la migrazione di popoli interi, la caduta di civiltà considerate inattaccabili, la lotta tra religioni. Mosi ha all’attivo romanzi, romanzi storici e raccolte poetiche; ha vinto premi importanti come Il Concorso Casentino (2017) e il Premio in memoria di Duccia Camiciottoli - Città di Montevarchi. Sue fotografie sono state presentate in più sedi tra cui il Circolo degli Artisti - Casa di Dante; è presidente dell’Associazione Testimonianze che edita la rivista omonima fondata da padre Ernesto Balducci ed è redattore della rivista Area di Broca nonché accompagnatore dell’associazione Trekking Italia.

ROBERTO MOSI

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Spazio alle opinioni

I pesci: esseri senzienti da conoscere meglio e rispettare di Moravio Martini

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pesci sono esseri senzienti, non sono animali di serie B. Soffrono come gli altri e sono trattati senza riguardo, brutalmente. Anche loro sono capaci di soffrire come gli altri animali in genere. Senziente significa essere dotati di sensi e sensibilità ossia provare dolore, gioia, agitazione, fame e paura, siano essi vertebrati o invertebrati (aragoste, molluschi, polpi, calamari, gamberi). Non sono senzienti gli esseri viventi che non hanno il sistema nervoso (batteri, funghi, piante, etc.). Nel mondo si organizzano associazioni a favore dei pesci e della loro sopravvivenza. Addirittura il Parlamento del Regno Unito è in procinto di emanare una legge che vieti la bollitura di aragoste, polpi e crostacei vivi. In Italia il problema non è preso in considerazione alcuna, anzi

Il pesce spada dopo la mattanza

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I PESCI

lo si giustifica con il pretesto che trattasi di “tradizione culinaria”! Il pesce rappresenta l’antichissimo simbolo cristiano, in greco ichtbis, le cui lettere formano l’acrostico Iesùs Christòs Theòu Uiòs Sotèr, ossia Gesù Cristo, di Dio Figlio, Salvatore. Il simbolo del pesce lo troviamo nelle catacombe e nei monumenti dell’antichità. Sant’Agostino diceva che il pesce arrosto era il simbolo del Cristo sofferente. Anche Gesù scelse i suoi discepoli tra i pescatori e compì il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il pesce è uno degli alimenti più diffuso al mondo fin dai tempi antichi per l’alto valore nutritivo e per la facile cattura. Tertulliano paragona i cristiani a “piccoli pesci” che nascono e crescono nell’acqua del battesimo per merito del “grande pesce” Gesù Cristo. Oggi nascono vari movimenti allo scopo di ripensare il nostro modo di intenderli e di rispettarli cominciando con l’eliminazione della pesca intensiva, sportiva, etc. Rispettare i pesci significa anche produrre un intervento legislativo per l’annullamento della produzione di plastica che finisce in mare, in bocca ai pesci, che la scambiano per cibo e muoiono per soffocamento mettendo a rischio anche l’umanità. Si tratta della microplastica, ovvero piccole particelle sospese nel mare. Fortunatamente gli scienziati stanno studiando un tipo di plastica ricavata dalla frutta che, oltre all’uso consueto, può essere addirittura ingerita. Quindi, smettere di mangiarli, i pesci, è doveroso anche per la nostra salute. Vivendo nell’acqua, sono sempre stati considerati esseri che non creano problemi di coscienza all’uomo; e infatti non produce alcun rimorso sapere che attualmente da uno a tre trilioni di loro finiscono nelle reti della grande pesca intensiva. Pescherecci d’alto bordo, con reti lunghe anche alcune miglia. Fin dall’antichità, i pesci hanno rappresentato un’importante fonte di cibo, tant’è che i primi insediamenti umani sono nati sul mare e sui fiumi. Purtroppo milioni e milioni di esseri umani, con la pesca, tendono a favorirne l’estinzione per l’inquinamento dovuto all’industrializzazione, al petrolio, a scarichi di vario tipo. Tali veleni in mare danneggiano l’ecosistema, contagiano i volatili, i vegetali e provocano anche molte malattie non solo alla fauna ittica. I pesci han-

La plastica, uno dei maggiori fattori di morte della fauna ittica e di inquinamento dei mari

no lo scheletro ossificato, la colonna vertebrale, le vertebre e le costole. Hanno la scatola cranica e l’encefalo, la muscolatura, i lobi ottici. L’organo uditivo e gli organi olfattivi e gustativi molto sviluppati. Gli occhi, laterali, hanno il cristallino, la bocca i denti, lingua e saliva. Sono muniti di fegato, cistifellea e pancreas. La respirazione avviene per mezzo di una camera branchiale che ossigena i polmoni prendendo l’ossigeno dall’acqua. Possiedono il cuore e la circolazione venosa e arteriosa, l’apparato riproduttore esterno. Si prendono cura dei propri figli (vivipari) e cooperano con le altre specie. Possiedono una particolare intelligenza. Il mare, i fiumi, i luoghi ricchi di acqua offrono generosamente i loro prodotti, senza il concorso dell’uomo. Immense praterie liquide sature di elementi nutritivi a disposizione di tutti, ricchi e poveri. L’uomo approfitta di questi beni, i pesci, pacifici e inermi, inventando arnesi e metodi di cattura finalizzati alla loro morte come l’amo, la fiocina, le lampare, le reti, le nasse, la lenza, sostanze tossiche (nicotina), etc. Alle risorse ittiche del mare si risponde con la costruzione di pescherecci muniti di celle frigorifere e radar. Le risorse del mare sono infinite ma lo sfruttamento intensivo e indiscriminato provoca la depauperazione del mondo ittico. A ciò si aggiunge la conservazione dei pesci in scatola e sottolio, inclusi crostacei e molluschi. Non ultima la pesca sportiva a scopo di divertimento, non di lucro né alimentare, così come la pesca subacquea, dove il pescatore è munito di bombole di ossigeno e di uno o due fu-

cili per arpionare. Il tutto organizzato da FIP che premia chi ha pescato più chili di pesce. Già cinquant’anni fa gli scienziati prevedevano gli effetti negativi a cui oggi assistiamo ma i loro avvertimenti non hanno sortito alcuna considerazione presso chi avrebbe dovuto intervenire. Così, come per gli animali, si compiono stragi giornaliere di pesci, considerati oggetti e quindi trattati senza compassione alcuna. È l’ora di far capire agli uomini che il pesce è un essere senziente, soffre come noi e ha diritto di vivere come noi. Il mondo dei pesci è un inferno sia per la pesca, sia per le materie velenose che vi si versano, per il riscaldamento dovuto al clima, ma anche per l’inquinamento acustico dovuto ai motori delle barche da diporto, i pescherecci, i transatlantici, mastodontici container e, purtroppo, dalle esplosioni continue dovute alle guerre che producono una generale ecatombe. Ugualmente dicasi per l’affondamento delle petroliere che scaricano in mare tonnellate di veleni e la perdita di gas dalle numerose tubazioni sottomarine esistenti. Non si può negare tale cibo ittico a circa 800 milioni di malnutriti, dell’Asia, Africa, America Latina, mancanti del cibo necessario al proprio organismo, ma il resto dell’umanità, sette miliardi circa, non ha tali problemi ed è legittimo chiedere a loro di rispettare i pesci. Che l’uomo sia crudele lo dimostra la sua efferatezza nella mattanza del tonno, ucciso a fiocinate nella camera della morte formata da un insieme di reti nel mare di Trapani e le dighe che impediscono ai salmoni la risalita dei fiumi per deporre le uova.

I PESCI

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I libri del mese

Nicola Coccia

Arte, poesia e libertà in una storia partigiana ambientata a Firenze alla fine degli anni Trenta di Doretta Boretti

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trage al Masso delle Fate è un libro che si legge vorticosamente, e successivamente, si rilegge lentamente, più e più volte, seguendo le linee guida di approfondite ricerche, non così lontane dall’attuale quotidianità. Nicola Coccia, esperto giornalista di cronaca, affronta con sapiente precisione, l’intreccio di avvenimenti e di fatti accaduti nell’arco di tempo compreso dal 1933 alla Liberazione di Firenze. L’opera narra, sullo sfondo di Firenze negli ultimi anni Trenta, l’attività di una piccola formazione partigiana guidata da un poeta (Bogardo Buricchi) e da un pittore (Enzo Faraoni) fino al più importante attacco alle linee ferroviarie Nicola Coccia

dell’Italia centrale e alla fabbrica di armi. Gli effetti di questo assalto si intrecciano con la vita di Ottone Rosai nella cui casa si rifugia Bruno Fanciullacci, il gappista più ricercato della Toscana, ma anche con l’uccisione di Giovanni Gentile e con la cattura del famigerato Mario Carità e del suo degno allievo Pietro Koch che per una settimana aveva rinchiuso in un armadio Luchino Visconti. Con quella maestria di chi sa come si fa, l’autore ci conduce per mano, alla scoperta di una realtà storica, tutta minuziosamente documentata, per portare il lettore a costruire una consapevolezza di quello che è stato, proprio perché documentato, e di quello che avverrà, quando ciascuno si sarà fatto un’idea più precisa dei fatti accaduti. Da L’arse argille consolerai, libro vincitore di numerosi significativi premi, tra cui il Premio Carlo Levi, a questa opera, Strage al Masso delle Fate, in cui la scrittura, come nel precedente, è la protagonista. Anche le interessanti immagini, poste in un apparato fotografico prima della bibliografia, quasi alla fine del testo (forse proprio perché la parola sia la parte preponderante del libro), portano con sé tanta storia. E quella forza dirompente che impone sempre a Nicola Coccia di ricercare minuziosamente la verità dei fatti realmente accaduti, lo ha condotto a ritrovare un importante documento inedito, scoperto all’Archivio centrale dello Stato, documento che ha reso il testo una vera rarità. Leggere questa sua nuova opera è come regalarsi e regalare un piccolo tesoro da conservare e da consigliare perché è un libro che nelle nostre famiglie non può mancare.

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NICOLA COCCIA

Ritratti d’artista

Debora Ferruzzi Caruso

La raffinata sensibilità di un’artista vocata all’acquerello di Vittorio Sgarbi (testo tratto da I narratori del nostro tempo, ed. Effetto Arte 2022)

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’impressionismo non è finito e Debora Ferruzzi Caruso lo dimostra con la sua esperienza, anche attraverso la scelta di una tecnica che, al di là della pittura, favorisce l’effetto di un’impressione, di qualcosa che ha l’euforia, il piacere di vivere, l’immediatezza del rapporto della realtà così come gli impressionisti ci hanno trasmesso: ed è la tecnica dell’acquerello. L’acquerello consente anche nella più tradizionale visione di far vibrare l’immagine, di farla sentire più viva e più fresca. Recentemente ho visto a Monza una Biennale dell’acquerello dove c’erano artiPanta Rei (2020), acquerello, cm 50x70 (opera pubblicata sul CAM n. 58)

sti che manifestavano una tecnica molto sofisticata e dei risultati imprevedibili. Nel caso di Debora Ferruzzi Caruso la scelta dell’acquerello è invece proprio per muoversi nell’ambiente tipico degli impressionisti: il paesaggio, le strade, un luogo all’aperto, en plein air. O forse nell’acquerello più riuscito di questa serie che vedo, Oltre la nuvola, con un cielo lontano, con qualcosa che ricorda i finali dei film di Buñuel o di Fellini, dove c’è sempre qualcosa che va altrove, che va lontano, e così anche nell’opera Panta Rei. Quindi talvolta il luogo favorisce il risultato che l’acquerello consente, cioè ci fa andare oltre, ci fa sentire qualcosa che è al di là di quello che si vede ed è nell’anima di chi dipinge. Da questo punto di vista è chiaro che luoghi tipici come il Ponte dei Sospiri in Sospirando sotto il Ponte, sono predisposti ad essere tradotti in acquerello. Ma in linea generale, la semplicità e la freschezza di queste idee, di questi luoghi come Montefioralle o di paesaggi che sono paesaggi dell’anima, paesaggi di tutti, in molti casi dimostrano che ha capito qualcosa di se stessa, Debora Ferruzzi Caruso, quando ha scelto la tecnica dell’acquerello: ha capito che così si poteva esprimere in modo più autentico e più corrispondente alla sua sensibilità. [email protected] Oltre la nuvola (2021), acquerello, cm 35x50 (opera pubblicata sul CAM n. 58)

DEBORA FERRUZZI CARUSO

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NICOLETTA MACCHIONE

La luce, olio su tela, cm 30x40

[email protected]

Riflessioni sulla fede A cura di Stefano Marucci

Medjugorje

La storia delle apparizioni dal 1981 ad oggi

di Stefano Marucci 1^ parte

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i vorrebbe una vita intera per raccontare tutto quello che è accaduto fino ad oggi a Medjugorje e quello che tuttora accade. Molto dipende anche da chi questa storia la racconta, se si tratta di una persona che vuole semplicemente conoscere i fatti oppure di un credente o di un religioso, o ancora di una persona scettica che rifiuta a priori questi eventi. Per quanto mi riguarda, ho la fortuna di vivere da molti anni questo fatto straordinario, di aver assistito a molte testimonianze e di aver incontrato tre veggenti. Tuttavia, proprio perché sono credente, non voglio “influenzare” il lettore, ma mi interessa invece raccontare cosa è avvenuto dal momento della prima apparizione ad oggi, limitandomi a riportare i fatti. Lo farò avvalendomi di immagini dell’epoca estremamente importanti per capire. Prima del 24 giugno 1981, Medjugorje (che in croato significa “tra i monti” e si pronuncia “Megiugorie”) era solo un minuscolo villaggio di contadini sperduto in un angolo aspro e desolato dell’ex Jugoslavia. A partire da quella data tutto è cambiato e quel paesino è diventato uno dei centri di religiosità popolare più importanti della cristianità. Cosa è successo il 24 giugno 1981? Per la prima volta (la prima di una lunga serie tuttora in corso), la Madonna è apparsa ad un gruppo di ragazzi del luogo per consegnare al mondo intero un messaggio di pace e conversione attraverso la preghiera e il digiuno. È il tardo pomeriggio di mercoledì 24 giugno 1981, festa di San Giovanni Battista, quando sei ragazzini tra i 12 e i 20 anni si trovano a passeggiare sul monte Crnica (oggi chiamato “Collina delle Apparizioni”) e, in una zona sassosa detta “Podbrdo”, vedono apparire in aria la “figura evanescente di una giovane donna bellissima e luminosa” con un bambino tra le braccia. I sei giovani sono Ivanka Ivanković (15 anni), Mirjana Dragićević (16 anni), Vicka Ivanković (16 anni), Ivan Dragićević (16 anni), quattro dei sei attuali veggenti, più Ivan Ivanković (20 anni) e Milka Pavlović (12 anni). Capiscono subito che si tratta della Madonna, anche se l’apparizione non parla e fa loro solamente il cenno di avvicinarsi, ma so-

Unʼimmagine delle prime apparizioni

no molto impauriti e scappano via. A casa raccontano l’accaduto, ma gli adulti, spaventati dalle possibili conseguenze (non dimentichiamo che la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia era ufficialmente atea), intimano loro di stare zitti. La notizia però è così clamorosa che si diffonde velocemente nel villaggio e il giorno seguente, il 25 giugno, un gruppo di curiosi si raccoglie nello stesso posto e alla stessa ora nella speranza di una nuova apparizione che non tarda ad arrivare. Tra di loro ci sono i ragazzi della sera prima tranne Ivan Ivanković e Milka, che non vedranno più la Madonna nonostante partecipino alle successive apparizioni. Sono invece Marija Pavlović (16 anni), sorella maggiore di Milka, e il piccolo Jakov Čolo di 10 anni a vedere con gli altri quattro la “Gospa”, la Madonna, che stavolta appare su una nuvola e senza bambino, sempre bellissima e luminosa. Il gruppo dei sei veggenti prescelti dalla Beata Vergine è così stabilmente formato, ed è per questo che l’anniversario delle apparizioni viene celebrato il 25 giugno di ogni anno, come espressamente deciso dalla Vergine stessa. Questa volta, al cenno della “Gospa”, tutti i sei giovani veggenti corrono veloci tra sassi, rovi e sterpaglie verso la cima del monte. Nonostante il sentiero non fosse segnato, non si fanno neanche un graffio e diranno poi al resto dei partecipanti che si erano sentiti “trasportare” da una forza misteriosa. La Madonna “appare sorridente, vestita con abito lucente di colore grigio-argento, con un velo bianco che le ricopre i capelli neri; ha amorevoli occhi azzurri ed è incoronata da 12 stelle”. La sua voce è dolce “come musica”. Scambia alcune parole coi ragazzi, prega con loro e promette di tornare.

I sei veggenti

APPARIZIONI A MEDJUGORJE

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Eccellenze toscane in Cina A cura di Michele Taccetti

Italy Lifestyle and Culture Un progetto per lanciare le imprese toscane sul mercato cinese e americano nel 2023 di Michele Taccetti

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l 2022 è stato un anno difficile, ma ci sono elementi che fanno ben sperare per il futuro. La guerra in Ucraina, oltre a provocare distruzione e morte, ha portato in primis alla chiusura di un mercato importante per molte aziende manifatturiere italiane e per quelle del settore del turismo, in seguito, come tutti sappiamo, ha causato la crescita dei costi dell’energia provocando danni enormi a tutto il comparto produttivo nazionale. Le ultime notizie sembrano far pensare ad una possibile soluzione del conflitto, sia per il fatto che ambedue le parti sono provate da questo duro scontro che dura da dieci mesi e forse perché affrontare il conflitto con il rigido inverno potrebbe portare perdite maggiori e ingenti costi alle già provate casse dei due paesi. In sintesi, la guerra potrebbe terminare non tanto per una logica di buon senso e ritrovata umanità, quanto per

l’urgente necessità di ridurre le perdite economiche visto che soprattutto la Russia sta andando incontro ad un isolamento politico, abbandonata anche dai partner che avevano avallato l’invasione in Ucraina, che sta producendo una perdita di importanza come mercato strategico nello scacchiere geopolitico mondiale. Il Covid, che da tre anni blocca l’economia e la circolazione di persone, beni e servizi a livello mondiale, sembra che possa nel breve periodo ridurre la sua pericolosità e quindi permettere una più normale, seppur controllata, vita sociale e commerciale. Le compagnie aeree hanno incrementato i loro voli che fino ad oggi erano drasticamente ridotti; le località turistiche hanno visto negli ultimi mesi una ripresa dirompente della presenza nazionale ed internazionale; alcuni paesi come gli USA hanno in pratica ripreso la vita di sempre. La Cina sta al-

Shanghai

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ITALY LIFESTYLE AND CULTURE

Memphis

ternando momenti di apertura a momenti di brevi ma rigidi lockdown seppure le aree interessate alla chiusura siano per lo più quartieri di grandi megalopoli e non certo tutta la Cina. La maggior parte delle città cinesi non solo continuano la vita di sempre, ma alcune di loro non hanno mai avuto chiusure drastiche. In ogni caso il governo di Pechino ha già dichiarato che con il nuovo anno, presumibilmente dopo la festa di Capodanno prevista per il 22 gennaio prossimi (anno del Coniglio), i collegamenti aerei fra la Cina ed il resto del mondo torneranno gradualmente alla normalità. Già adesso le regole per l’ingresso e per la quarantena sono decisamente più praticabili rispetto a pochi mesi fa. In questo quadro di auspicata ripresa si colloca il progetto di Italy Lifestyle and Culture che nel 2023 avrà una propria struttura organizzativa e vedrà non solo la Cina come mercato di riferimento, ma anche quello USA. La volontà è appunto quella di creare una presenza stabile ed operativa nei due principali mercati mondiali importanti anche per la loro posizione geopolitica. La presenza in Cina, già ben consolidata da China 2000 e con le attività svolte nel

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2022 nonostante i limiti della pandemia, ha permesso lo sviluppo del mercato interno e creato visibilità ed interesse anche dei vicini paesi del sud est asiatico. Nel 2023 è previsto l’inizio della collaborazione e l’apertura di uno spazio vendita in uno dei più importanti department store della Cina. Da pochi mesi è iniziata un’importante collaborazione con un gruppo USA che dovrebbe portare concrete opportunità d’affari e facilitare lo sviluppo di relazioni commerciali con il Canada ed i paesi dell’America centrale. Sarà un 2023 pieno di speranza e voglia di successo, e le aziende del progetto Italy Lifestyle and Culture vogliono farsi trovare pronte per questa ripartenza. [email protected]

mministratore unico di China 2000 SRL e consulente per il Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di marketing ed internazionalizzazione.

[email protected] China 2000 srl @Michele Taccetti Michele Taccetti Michele Taccetti

ITALY LIFESTYLE AND CULTURE

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Romano Dini Scolpire il sacro www.diniromanosculture.it [email protected]

Esposizioni dell’opera:

Il sogno di Maria (2008), terracotta patinata

• 100 presepi in Vaticano, Colonnato del Bernini • Vie dei presepi, Urbino • Presepi d’Italia, Massa Martana • Museo del presepe di Greccio • Per la città di Montevarchi presso il Museo della Natività di Betlemme

La tradizione del presepe

Sulle tracce del Natale nella chiesa del Convento di San Domenico a Fiesole di Doretta Boretti

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a questo dicembre 2022 inizia una rubrica che ogni dicembre a venire racconterà la poesia dei presepi che incontreremo visitando alcune chiese della nostra splendida Toscana. Partiamo alla volta della prima ricerca. A San Domenico, nel Comune di Fiesole, c’è uno storico convento domenicano la cui costruzione risale agli inizi del Quattrocento. Beato Angelico, per il convento e per la chiesa ad esso annessa, dipinse alcune tavole che ora sono collocate in numerosi musei del mondo. Ma la pala raffigurante la Madonna in trono col Bambino, otto angeli adoranti e quattro santi è ancora lì, anche se manomessa. Datata originariamente tra il 1424 e il 1425, è una tempera su tavola lignea. Oggi, primo dicembre, nella chiesa di San Domenico ci siamo venuti a proposito, e quella sensazione di serenità e pace che abbiamo avvertito entrando, ci avvolge ancora come un abbraccio. Vicino all’altare maggiore, frate Mario sta ultimando, nella cappella di destra, il presepe di questo Natale 2022. È un frate molto attempato (è lui che ci tiene a dirlo) ed è lui che prepara, da diversi anni, per i fedeli che frequentano la chiesa, un presepe che si sposa egregiamente con l’ambiente che lo circonda. Un Natale così tanto atteso, questo, dopo il passaggio, non ancora concluso, ma molto attenuato, del Covid-19. Frate Ma-

Beato Angelico, Madonna con Bambino in trono, angeli e quattro santi (1424 1425), chiesa del Convento di San Domenico, Fiesole

rio è indaffaratissimo: non lo possiamo disturbare, ma lo osserviamo con molta attenzione, mentre effettua l’ultimo passaggio di luci. Ecco, il presepe è finalmente ultimato. Molto ordinato, essenziale, non gli manca proprio niente, anzi, si avverte guardandolo, come se ascoltassimo, con rispettoso silenzio, una musica orchestrale. Ci complimentiamo con lui e salutandolo gli auguriamo serenità e pace. Meritava vederlo il presepe di questo Natale 2022. E se, in questo mese, qualcuno avesse da impegnare qualche ora per una visita speciale, la chiesa di San Domenico, il suo presepe, il parroco e i frati del convento lo accoglieranno con immenso amore. Lʼesterno del Convento di San Domenico

CONVENTO DI SAN DOMENICO

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Polvere di stelle A cura di Giuseppe Fricelli

Marco Praga Illustre critico e commediografo alle prese con “un orologiaio inutile”… di Giuseppe Fricelli

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uando Marco Praga, commediografo e scrittore di fama, non era ancora conosciuto e faceva il critico teatrale, una sera andò a recensire uno spettacolo di un giovane autore. Al momento in cui si aprì il sipario, in palcoscenico apparve un’attrice seduta in poltrona, come la commedia richiedeva. Ma una macchinista in tuta da operaio aveva indugiato ad uscire dal palcoscenico e si trovò così di fronte al pubblico. L’attrice, pur irritata, mantenne la calma e non dette segni di contrarietà. L’intruso, improvvisandosi personaggio della commedia, disse: «Arrivederci signora, tornerò la prossima settimana a ritirare l’orologio a pendolo». Bene, il pubblico non ci fece caso, ma Praga scrisse sul giornale: «Non ho capito perché all’inizio del primo atto si trovi in scena un orologiaio che promette di venire a ritirare un orologio a Marco Praga fotografato da Mario Nunes Vais

pendolo. Tutto questo mi ha reso perplesso perché alle pareti della scena non vi era nessun orologio. Questi autori moderni! Ma quando smetteranno di scrivere battute superflue?». Il critico dopo due giorni tornò a vedere lo spettacolo, ma non trovò in scena il macchinista orologiaio. Praga scrisse ancora in un piccolo articolo sul giornale che plaudeva al fatto che l’autore, seguendo il suo consiglio, avesse tolto il personaggio dell’orologiaio.

www.florenceartgallery.com L’illustre critico e commediografo (il secondo da sinistra) con altri autori di teatro e giornalisti a Genova nel 1907

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ato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.

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MARCO PRAGA

Ritratti d’artista

Laura Minuti

Una scultrice con il pregio della coerenza di Lodovico Gierut

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el mio lungo viaggio nell’universo dell’arte fatto di un’enormità di incontri e di conoscenze legate alle personalità più varie – qualunque ne sia la dimensione creativa – una delle caratteristiche che apprezzo è la coerenza. La coerenza, tuttavia, tengo subito a precisarlo, per me non vuol significare la continuità nell’affrontare solo un tema specifico bensì, pur nella varietà espressiva, la logicità di un filo costante che, pur portando avanti la propria ricerca, fa in modo di presentare in piena autonomia l’autenticità del vissuto. Di molti artisti famosi o meno ho però talvolta colto un decadimento, dopo un’iniziale e attendibile originalità, cioè un’aridità dovuta alla stanchezza o all’abuso dell’espressività, tanto da diventare i peggiori conservatori di quei riconoscimenti non della propria arte, ma del successo avuto, persino per l’accettazione da parte del pubblico meno preparato, magari furbescamente costruito con altisonanti parole prive di verità. Chiudendo subito un argomento spesso evitato persino dalla cosiddetta “critica ufficiale”, oggi credo opportuno dedicare questo spazio a Laura Minuti, scultrice che si è sempre tenuta lontana da superflui e facili rifacimenti, agendo in nome di quella coerenza di cui ho or ora fatto cenno. Conoscendone l’iter creativo e senza purtroppo poter elencare per motivi di spazio un gruppo di critici, giornalisti e scrittori che si sono interessati alle sue opere presentate su invito in collettive di qualità e in personali ad ampio raggio, ne lodo subito il linguaggio scultoreo delicatamente soffuso di poesia. Il suo è un modo d’essere non discontinuo né macchinoso, carico di una piena e significativa spontaneità tanto che, guardando ad esempio anche recenti sculture titolate Paolina alla fonte, San Giuseppe, Sacra Famiglia e Marengo, tutte realizzate come al solito in cartapesta, è facile capire quanto le stiano a cuore talune tematiche connesse alla spiritualità e all’unione famiSacra Famiglia

liare, alla serenità e al contenuto dei piccoli, semplici e autentici momenti della quotidianità. La materia cartacea, che poi è la stessa utilizzata dai maestri carristi del Carnevale di Viareggio, conosciuti e apprezzati ad ogni latitudine e longitudine, sotto le sue abili mani prende continuativamente forma viva, mentre il pensiero non rinuncia a fantasticare. Il figurativo di Laura Minuti, ricco di valori ideali e reali, si qualifica entrando persino in uno spazio che amo definire “atemporale”, in cui partecipa con la cosiddetta forma/ formata e forme coloristiche. La materia plasmata diventa così un qualcosa di veramente comunicativo, interessante pure per una leggibilità descrittiva la quale, assieme all’amore per la continuità della vita, fa parte della sua personalità espressiva con un linguaggio visivo e pensante, positivamente e instancabilmente costruttivo. [email protected] www.arteincartapesta.it

San Giuseppe

LAURA MINUTI

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Lorella Pubblici

Autunno, olio su tela

[email protected]

Arte del vino A cura di Paolo Bini

Natale a tavola col Brunello Testo e foto di Paolo Bini

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ornano il Natale, le feste, i momenti di aggregazione familiare dopo anni sofferti, con la voglia di stare insieme per vivere quell’intima atmosfera fatta di valori veri e piacevolezza nella condivisione delle cose belle e – perché no? – anche buone. Viviamo tempi in cui persino le luminarie, se accese, sono a risparmio energetico e la parsimonia diventa per molti un obbligo da rispettare anche per imbandire la propria tavola accanto all’albero addobbato. Tutto ciò non esclude il concetto per cui la qualità si debba pur trovare e le spese si possano sostenere evitando però qualsiasi forma di spreco. La classica domanda che arriva in dicembre «quale vino mettere al centro del convi- In questa e nella foto sotto, due immagini della manifestazione Benvenuto Brunello 2022 a Montalcino vio?» ci dà come sempre spunto per qualche suggerimento su queste pagine. Partiamo dal concetto per cui esiste Brunello di Montalcino servono non meno di quaranta euro, ma un vino per ogni piatto e per ogni portata in base alla struttura riteniamo la spesa più che giustificata nel caso in cui il vodel cibo. Più volte in questa rubrica vi abbiamo stimolato con stro enotecario di fiducia sappia scegliere la bottiglia giusta in suggerimenti per tentare di essere sommelier a casa vostra in base alle vostre esigenze. Nel caso pensiate di preparare delbase alla pietanza. Oggi però vogliamo immaginarvi felici e se- la carne arrosto o selvaggina alla cacciatora, allora meglio induti durante il pranzo di Natale davanti a un buonissimo secon- dirizzarsi su un giovane Brunello d’annata con la sua spinta do piatto di carne. Pochi giorni fa Montalcino ha presentato i aromatica di frutta rossa e la sua vibrante e strutturata fresca suoi ultimi Brunello messi in commercio e il suggerimento per vivacità. Se invece decideste di mettere sulla tavola di Natal’abbinamento arriva così spontaneo. Benvenuto Brunello è in- le un tradizionale peposo, allora non ponetevi dubbio alcuno fatti la manifestazione che a novembre accoglie stampa inter- e scegliete un Brunello in versione “riserva”: di corpo robusto nazionale e operatori del settore per permettere l’assaggio in con estrema complessità e persistenza di sapori. Almeno per anteprima delle nuove etichette prossime alla messa in com- questa fine dell’anno, nonostante le paventate recessioni ecomercio. Qualche settimana fa sono stati così assaggiati sia i nomiche, consentiamoci un po’ di campanilismo e, con qualnuovi vini provenienti dall’annata 2018 che quelli dalla 2017 in che euro in più ma senza spreco, mettiamo un eccellente vino versione “riserva”. Sappiamo bene che per acquistare un buon di Toscana sulla nostra tavola di Natale.

NATALE A TAVOLA COL BRUNELLO

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Giuseppe Cassandro G

entilissimo Giuseppe Cassandro,

La ringraziamo vivamente per il dono al Comune di Galeata di una Sua opera scultorea che rappresenta il nostro illustre concittadino don Giulio Facibeni. Don Giulio rappresenta un faro luminoso per la nostra comunità e siamo quindi estremante lieti di poter conservare presso la sede del Municipio un bassorilievo che lo rappresenta. L’opera, che arricchisce il patrimonio artistico comunale e che attualmente è esposta nell’atrio della sede comunale, verrà collocata all’ingresso della Sala del Consiglio, spazio che più di ogni altro rappresenta il fulcro della vita civile e democratica del paese. Il sindaco dottoressa Elisa Deo Ritratto di don Giulio Facibeni, bassorilievo

A don Giulio Facibeni Pare ancora oggi, ma dopo cinquant’anni sei sempre lì, attorniato da quei bimbi che non ti lasciano mai. Tu con quell’abbraccio sicuro, con il tuo sorriso tenero e loro che ti baciano sulle guance: si trasformano in angeli e adorano la tua santità. Loro sono lì e non vanno via perché il tuo amore è grande come quello del Padre che è nei cieli. C’è una croce su quel fazzoletto di erba verde, e una rosa rossa lì accanto. Una persona l’ha messa perché le persone non ti dimenticano. I fedeli si soffermano e la loro preghiera esce dal più profondo del cuore. Io, che sono un tuo “figlio”, ho fatto questa fotografia con amore: si vede un santo attorniato da angioletti, e tu sorridi abbracciandoli. Felicemente aspetti di tornare nella tua pieve di Santo Stefano in Pane ed avere la tua santificazione. Cosi la gente potrà vederti dire messa come hai fatto per quarant’anni. Grazie don Giulio Facibeni: con la tua vita d’amore sei stato e sarai santo per tutti. Giuseppe Cassandro

I libri del mese

Mario Paoli Presentati a Villa Caruso Bellosguardo due libri sul viaggio della vita tra affetti privati e incontri in terre lontane di Erika Bresci

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ue libri usciti quasi in contemporanea, Il viaggio della vita (di quei due…) e Mohammed / Un uomo quasi in miniatura, che solfeggiano un’esperienza di vita straordinaria, quella di Mario Paoli e della moglie Grazia, fatta della partecipazione alla storia personale di tanti altri uomini, fratelli non biologici ma non per questo meno amati, sparsi per il mondo, riconosciuti nei loro bisogni e difficoltà, accompagnati nelle scelte, sostenuti nei momenti di più cupa disperazione, abbracciati con il calore della generosità e dell’accoglienza. Il viaggio segue la linea retta del tempo e quella circolare degli affetti, si spinge fino alle lontane terre africane (della Tanzania, della Somalia, del Kenya, di Zanzibar) e dello Sri Lanka ma calpesta anche terreni a noi più familiari, come quelli della campagna fiorentina e dei paesi sconvolti dal terremoto sui Monti Sibillini, raccontandoci splendide storie di vero altruismo e di attenzione al prossimo. Questo per farci intendere che non è il luogo a fare la differenza ma la disposizione d’animo di colui che vi si approccia. Oltre a un dono oggi particolarmente raro, che è quello del “vedere”. Quando per “vedere” si intenda “riconoscere”. E straordinario è soprattutto scoprire tra le pagine di questa narrativa piana, raccontata con il ritmo sereno di una favola vera, leggera e insieme profondissima, ricca di tante storie e anime, che lo scarto tra una vita lasciata vivere e un’altra realmente vissuta sta nel far propria una ricetta all’apparenza semplicissima che Mario Paoli declina nelle sue conclusioni a Il viaggio della vita: «Alla fine non sono stati importanti solo gli anni della nostra vita ma la vita che abbiamo messo dentro quegli anni». E su questo sentiero ben tracciato, Mohammed / Un uomo quasi in miniatura non è che una finestra spalancata su un interno di totale intimità, il focus privilegiato che Mario Paoli ci regala per comprendere in dettaglio quello che abbiamo sopra sfogliato e conosciuto di “quei due”, così vicini a quanto Platone suggeriva nel suo Simposio: «In noi uomini è innato il desiderio d’amore gli uni per gli altri, per riformare l’unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo… ciascuno di noi è una frazione dell’essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un’altra e una sola che le è complementare». Mario e Grazia sono l’unità ricomposta, perché, come ricorda Adolfo Turchi in prefazione, il loro rapporto è un vincolo ani-

mico. Istintivo e entusiasta lui, più riflessiva e concreta lei. Le due metà di una mela al cui interno il piccolo moro “bruttino” troverà la sua casa. Mohammed, bimbo somalo senza una gamba a causa di un terribile incidente, empaticamente attratto da Mario fin dal loro primo incontro all’aeroporto di Mogadiscio, passa quasi quaranta anni della sua vita in Italia, accolto in famiglia. Una convivenza di grande felicità e altrettanto dolore – causato soprattutto dalle malattie e dalla prematura morte –, di infinito amore ma anche di incomprensioni e tensioni, naturali tra chi si vuol bene, ovvie se a confrontarsi sono mentalità ereditate da millenni di diverse culture e costumi. Mohammed, che conserva dentro di sé il DNA della sua terra d’origine e vive in Italia come un «osservatore esterno» ma che riconosce in Mario e Grazia quel babbo e quella mamma persi nell’infanzia, è un guerriero incantato della vita e tenacissimo, per il quale vale in assoluto quanto riportato in quarta di copertina: «Come un racconto, così è la vita, non importa che sia lunga, ma che sia buona». Il libro, il cui ricavato sarà interamente devoluto per i progetti di solidarietà di Grazia e Mario Paoli, ha dunque la doppia funzione di ricordo e di apertura al futuro e alle necessità degli ultimi.

La presentazione dei due libri a Villa Caruso Bellosguardo a Lastra a Signa

MARIO PAOLI

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Eventi in Toscana

Valerio Bertini

Il Comune di Lastra a Signa e i Veterani dello sport delle Signe lo premiano per ricordarne la carriera di calciatore in serie A di Pier Francesco Nesti

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’altra faccia del calcio è quella di Valerio Bertini. Una carriera più che promettente interrotta bruscamente per un infortunio al ginocchio. E un’altra carriera, come insegnante di educazione fisica, che gli ha regalato altrettante soddisfazioni. Il racconto di questo lastrigiano “ritrovato” (che attualmente vive a Bagno a Ripoli e che ha sempre ammirato, come calciatori, Guarnieri e Gonfiantini) è stato sviscerato martedì pomeriggio nella sala consiliare del Comune di Lastra a Signa. Intorno a lui gli amici di sempre e i parenti più stretti ma soprattutto coloro che hanno permesso di riscoprire la sua storia: il giornalista Fabrizio Borghini e la sezione U.N.V.S. delle Signe Nesti-Pandolfini dei Veterani dello Sport (con il presidente Leandro Becagli e il segretario Gianni Taccetti) che hanno fatto da “trait d’union”, e l’amministrazione comunale, rappresentata dal sindaco Angela Bagni e dal vicesindaco e assessore allo Sport Leonardo Cappellini, che lo hanno premiato. Un appuntamento nato quasi per caso e iniziato poco prima della scomparsa del compianto Libero Sarchielli, come ha raccontato Borghini. L’obiettivo, infatti, era quello di racchiudere in una pubblicazione i signesi e i lastrigiani che avevano calcato i campi della serie A calcistica. E Borghini ha scoperto che, accanto ai vari Nesti, Pandolfini e Gonfiantini, c’era appunto anche Valerio Bertini, originario di Calcinaia a Lastra a Signa e trasferitosi con la propria famiglia, ancora bambino, a Firenze, nella zona delle Cure. Da qui aveva spiccato il volo verso il massimo campionato, nelle fila del Vicenza, che aveva come centravanti, ormai agli sgoccioli della propria carriera, Luis Vinicio. Per Bertini era un mondo che si apriva, un calcio completamente diverso da quello di oggi e probabilmente “fatto” con più valori. E in cui il Vicenza, come egli stesso ha ricordato, si poteva paragonare all’Atalanta del giorno d’oggi. Un infortunio al ginocchio, con la rottura del legamento crociato, lo costrinse però al ritiro ancora giovanissimo. Era il 1966, non aveva ancora 20 anni, e la medicina non aveva ancora fatto quei progressi che, con il passare degli anni, avrebbero invece salvato tante carriere di calciatori. Inutili, successivamente, i tentativi di provare fra i dilettanti. Da qui la decisione di dedicarsi allo studio e, dopo il diploma all’Isef, l’educazione fisica è stata la sua vita per oltre quarant’anni, Impruneta ed Empoli alcune delle scuole dove ha insegnato. Fino ai giorni nostri, fino alla “scoperta” di Borghini, per una storia, come ha detto Taccetti, «che è il sale per un’associazione come quella dei Veterani dello sport». Con-

cetti racchiusi anche nelle parole del vicesindaco Cappellini: «È davvero simbolico che questa “premiazione” si svolga proprio nei giorni dei Campionati mondiali di calcio più strani di sempre». E dal sindaco Bagni, che lo ha premiato con una targa. Storie di un calcio del passato ma che fanno vivere bene l’oggi. La Sezione Azzurri Fulvio Nesti ed Egisto Pandolfini Le Signe della Unione Nazionale Veterani dello sport, associazione benemerita CONI e di promozione sociale, nasce nel 2018 a Lastra a Signa (la sede è presso il circolo Acli in via Turati, 4) per aggregare ex atleti, arbitri e dirigenti sportivi e per accompagnare eventi di associazioni del territorio di Lastra a Signa e Signa. Organizza tutti gli anni la cerimonia di premiazione Atleta dell’anno per riconoscere ai giovani e meno giovani delle Signe l’impegno nello sport, il premio Ambasciatori dello Sport per riconoscere a sportivi in campo nazionale e regionale il ruolo di ambasciatore del territorio e partecipa al bando UNVS Studenti sportivi, studenti vincenti che quest’anno è stato assegnato alla giovane tennista Viola Cossari di Lastra a Signa che gareggia per il T.C. Le Signe. Il consiglio della sezione per il quadriennio olimpico in corso è il seguente: presidente onorario Giuseppe Bonardi, presidente Leandro Becagli, vicepresidenti Stefano Nistri e Fiorenzo Drovandi, segretario Gianni Taccetti, addetto stampa Pier Francesco Nesti, consiglieri Gian Luca Migliorini, Paolo Moretti, Leandro Bigalli, Claudio Mancini, Giuseppe Pandolfini, Fabrizio Boni. Fanno parte come invitati permanenti gli assessori allo Sport di Lastra a Signa e di Signa Leonardo Cappellini e Marinella Fossi. [email protected]

Un momento della premiazione nella sala consiliare del Comune di Lastra a Signa

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VALERIO BERTINI

Itinerari del gusto A cura di Filippo Cianfanelli

Il Battibecco

Dal 2004, l’eccellenza della cucina toscana all’Impruneta Testo e foto di Filippo Cianfanelli

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iamo all’Impruneta, nella zona dei “sassi neri” dove una volta si trovavano importanti miniere di rame. È una splendida giornata di novembre e nel prato antistante al ristorante molte persone stanno mangiando all’aperto. La struttura non è antica ma è perfettamente ambientata fra i pini; all’interno, un antico caminetto cinquecentesco riscalda la grande sala con il suo tepore. La storia de Il Battibecco inizia nel 2004 quando i proprietari dell’Osteria del Moro decisero di aprire quassù un ristorante per accogliere i fiorentini che volessero provare l’esperienza di passare una giornata in campagna. Oggi la gestione è diversa ma lo stile della cucina non è troppo cambiato in quanto è affidata agli stessi chef, l’imprunetino Lorenzo Falciani, il veneto Enrico Boaretto e il pugliese Ignazio Zuccaro, sempre alla ricerca di piatti innovativi ma con un occhio alla tradizione e soprattutto ai prodotti del territorio. Il menù è molto interessante, a partire dagli antipasti. In questa stagione il direttore di sala Fabrizio Castiello propone il cannolo alla ricotta di capra con straccetti di cervo servito su crema di zucca gialla. Da provare anche il petto d’oca affumicato con insalatina di carciofi e scaglie di grana; spettacolari soprattutto le capesante alla piastra servite su pesto di cavolo nero e cipollotti canditi. Fra i primi segnalo in particolare le tagliatelle di farina di castagne al cinghiale con uvetta, passito e scaglie di cioccolata. Ottimi anche i pici al cacio e pepe rivisitati con l’aggiunta di broccoli saltati, per non parlare degli gnocchi di patate, Lʼinterno del ristorante

preparati come dei canederli trentini e serviti con funghi porcini e pancetta affumicata. Fra i secondi non poteva mancare il classico peposo alla Fornacina, al quale è dedicato anche il Piatto del Buon Ricordo, orgoglio del ristorante. Molto saporite anche le costolette di capriolo ai mirtilli e rosmarino, come pure il petto d’anatra all’uva nera. Per chi preferisce il pesce, da provare il filetto d’orata in marinatura di zafferano su crema di porri, per i vegetariani invece l’ottima parmigiana di zucca gialla. Per gli amanti della carne non poteva mancare la classica bistecca alla fiorentina che non ho provato ma dall’aspetto era davvero molto invitante. Da segnalare anche il pane integrale fatto in casa, dalla squisita crosta croccante. Fra i dolci, tutti presentati in modo impeccabile, ho provato il cheesecake con gelè di mandarino e il cannolo alla siciliana servito con arancia candita, crema di caffè e Cointreau. Il locale si presta molto anche per cerimonie ed ogni altro tipo di eventi, soprattutto in estate quando è possibile apparecchiare nell’ampio prato all’ombra dei maestosi pini. Per chi volesse incontrare lo scrittore Marco Vichi voglio segnalare che Il Battibecco ha visto la presentazione di tutti i suo volumi dato che poco distante da qui sono ambientate le grandi cene che il commissario Bordelli organizza per i suoi amici mentre si dedica a risolvere l’ennesimo caso di cronaca nera. www.ilbattibecco.it

V i n c e

Green Radiography (2017), tecnica mista, cm 119x119x8, collezione privata

Il rapporto tra essere umano e Natura è antico come la vita stessa. In continuo interscambio, i destini di Uomo e Natura si intrecciano da sempre, aggrovigliati in un rapporto amoroso non privo di conflitti. Natura matrigna, troppe volte crudele e insensibile da un lato, sfruttamento selvaggio e insensato dall’altro. La visione di Green radiography, con la sua esibizione forzata di una Natura messa a nudo, deturpata e prosciugata dall’avidità umana, ci obbliga a riflettere sul nostro rapporto privato col Creato. In tempi coevi, dove la parola “green” è fin troppo spesso abusata e asservita a un falso ecologismo di facciata, osservare Green Radiography ci induce a riflettere e ribaltare il nostro punto di vista ottusamente antropocentrico. Un grido muto che ingloba, nella superficie riflettente che gli fa da sfondo, la figura dell’osservatore e ne restituisce un simulacro distorto e poco benevolo. Con la sua apparente semplicità, Green radiography può trarre in inganno un osservatore distratto, così come il trovarsi di fronte a un tramonto, del resto. [email protected]

Nuove proposte dell’arte contemporanea A cura di Margherita Blonska Ciardi

Swati Ghosh

Un’arte che fonde la cultura d’oriente con quella d’occidente per trasmettere i valori comuni di pace e libertà di Margherita Blonska Ciardi

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a diversi anni l’artista indiana Swati Ghosh vive e lavora in Norvegia, viaggiando spesso in tutto il mondo. La sua storia di vita e la sua formazione passano da diversi paesi che hanno contribuito a darle una preparazione completa proveniente da culture talvolta anche molto differenti tra di loro. Dopo la laurea a Londra in Fine Art, successivamente si è specializzata in arte accademica a Singapore. Il contatto con realtà, costumi e religioni contrastanti l’ha portata a riflettere sui valori comuni e sul significato della vita umana legata all’ambiente circostante. L’artista cerca di dimostrare con la sua pittura che le dinamiche che guidano il mondo contemporaneo e le leggi della natura spesso si sovrappongono. Le sue tele sono cariche di messaggi e permettono all’osservatore di scoprire la felicità assoluta. Il tema più frequente è il paesaggio dove spesso appare l’elemento dell’acqua. Le vedute marine e lacustri si aprono al cielo immenso e calmo spesso ripreso al tramonto e illuminato di tonalità suggestive, dove si sente una nota di romanticismo. Nei suoi lavori cerca di trasmettere quiete e serenità secondo la filosofia indiana vastu. La pennellata precisa e perfetta riprende la tradizione sia classica che realistica unendo con grande capacità due mondi e due culture, quella orientale e quella occidentale. Con le sue opere comunica la necessità di ognuno di noi di pace e libertà, ideali comuni a tutti gli essere umani. L’artista ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali; alcuni suoi lavori sono stati acquisiti dai musei d’arte contemporanea in Corea del Sud dove Swati è spesso invitata durante le fiere d’arte per far parte della commissione giudicatrice. Nella tela intitolata Freedom &Peace, che fa parte della collezione museale della città di Geoje, l’artista ha rappresentato un gruppo di colombe bianche, simbolo della pace, che scappano dalle gabbie dorate per alzarsi felici in volo. L’opera è piena di significati ed è molto attuale, facendo capire quanto importante sia la libertà che non ha prezzo. Swati

Ghosh è appassionata di arte classica e dei maestri del Rinascimento italiano, per questo nelle sue opere prende ispirazione dai “chiaroscuri” e dal gioco di colori di Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Raffaello. La sua pittura è sempre all’insegna della bellezza e della perfezione per poter trasmettere all’osservatore solo energie positive. Nel 2023, parteciperà a Roma alla terza edizione della mostra concorso internazionale Tamara Art Award che si svolgerà con i patrocini della città di Roma, del ministero polacco della cultura e dell’ambasciata di Polonia. www.swatighoshart.com

Freedom&Peace (2019), acrilico su tela

SWATI GHOSH

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Mauro Mari Maris

Paesaggi segreti

www.mauromaris.it [email protected] + 39 320 1750001

Toscana a tavola A cura di Franco Tozzi

Cavolo nero, il “re” di molti piatti della tradizione toscana di Franco Tozzi

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l cavolo nero è una pietanza dalle antiche origini molto diffusa nella campagna toscana ma conosciuta anche fuori dai confini regionali con il nome di cavolo toscano, perché alla nostra cucina spetta il merito di averlo saputo valorizzare al meglio con ricette come la famosa ribollita e l’abbinamento con le braciole di maiale. Come erba spontanea, il cavolo nero è conosciuto in Europa fin dall’anno Mille; Catone è stato il primo a descrivere diversi tipi di cavolo, incluso quello nero, e lo stesso ha fatto anche Plinio. Nel diario dell’oste Pennino di Ponte a Signa, tenuto dal 1812 al 1873 con sonetti e ricette della cucina toscana e pubblicato nel 1996 dal Masso delle Fate, si legge la seguente ricetta: «Pulite e lavate assai bene il cavolo nero e mettetelo a lessare in acqua bollente per una mezz’oretta, che sia già salata. Nel mentre che esso bolle, rosolate quattro braciole in quattro cucchiai d’olio insieme a due spicchi d’aglio interi, al ciuffo di prezzemolo tritato e un pizzico piccino di fi-

nocchio. Quande avranno preso colorazione versate il vino, salate, pepate e seguitate a cociere a foco basso e a tegame coperto. Quande il vino si sarà tutto rappreso togliete le braciole dal tegame e nel sugo rimasto, insaporite il cavolo già sgrondato e tagliato a listarelle. Dopo un po’ rimettete il maiale nel tegame, affinché si abbia a insaporire bene tutto e servite, ma caldo assai». Accademia del Coccio Lungarno Buozzi, 53 Ponte a Signa 50055 Lastra a Signa (FI) + 39 334 380 22 29 www.accademiadelcoccio.it [email protected]

La ricetta: braciole di maiale col cavolo nero Ingredienti: - 800 gr. di cavolo nero - ½ bicchiere di olio evo - 4 spicchi d’aglio scamiciati - 4 bistecchine di maiale - semi di finocchio - 1 bicchiere di vino rosso - sale - pepe

La ricetta moderna è sostanzialmente uguale a quella dell’oste Pennino sopra riportata. Ci sono piccole differenze, come ad esempio l’aggiunta di un abbondante bicchiere di passata di pomodoro e di un paio di cucchiai d’olio per insaporire ancora di più il cavolo nero dopo aver levato le bistecche dal tegame.

CAVOLO NERO

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A tavola con... A cura di Elena Maria Petrini

Federica Cifola

Ironica, brillante, attrice dalle mille sfaccettature, è stata da poco protagonista a Firenze dello spettacolo Amarti che fatica di Elena Maria Petrini / foto Elena Maria Petrini e Azzurra Primavera

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ntervistiamo questo mese Federica Cifola, attrice romana, imitatrice, comica, scrittrice e conduttrice radiofonica. Nella sua lunga carriera teatrale e cinematografica ha ricoperto principalmente ruoli nei generi comici e nella commedia. All’età di 19 anni debutta in teatro come protagonista de Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello. Interpreta personaggi di Bertolt Brecht e Nikolaj Gogol. Collabora con l’attrice comica Paola Minaccioni, con la quale conduce la trasmissione radiofonica Venite già mangiati su RTL 102.5 e Piedi nudi su Radio Due. Interpreta numerosi improbabili personaggi in chiave di parodia, sempre su Radio Due, nella trasmissione 610 condotta da Alex Braga e con Lillo e Greg. Per la TV ha partecipato a programmi come Visitors, Due sul divano, BRA - Braccia rubate all’agricoltura di Serena Dandini, Sabato italiano con Pippo Baudo, Second Italy e Mai dire Martedì con la Gialappa’s Band. Ha partecipato anche al film di Aldo, Giovanni e Giacomo Il cosmo sul comò. Nel 2013 ha fatto parte del cast di Un medico in famiglia in onda su RAI 1. Sempre dal 2013 ad oggi è su Radio Due in Black Out, programma di Enrico Vaime, insieme al duo Nuzzo & Di Biase ed in primis con Neri Marcorè, ed oggi con Edoardo Ferrario (tutti i sabati e le domeniche dalle ore 7:45 alle 9:00). Nel programma di Serena Dandini The Show Must Go Off ha imitato un esilarante Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Nel 2015 ha recitato ne Le frise ignoranti con Rosanna e Lino Banfi e Francesco Pannofino, per la regia di Antonello De Leo e Pietro Loprieno. A settembre scorso ha debuttato a Firenze nella prima assoluta di una pièce teatrale dal titolo Amarti che fatica, commedia scritta e diretta dall’attore, comico e regista Andrea Muzzi, dove interpreta il ruolo di Stefania. Un monologo in un atto unico che, attraverso un’acuta analisi introspettiva, percorre tanti stati d’animo della protagonista, che narra il suo tormentato e complesso rapporto con un partner dal carattere disinvolto, ma che cela un patologico aspetto di un completo inguaribile narcisista, con la sua inesorabile ragnatela di sofferenza e di illusione. Uno spettacolo divertente ed amaro al contempo, brillante e mai banale, adatto a tutti e che offre davvero numerosi spunti di riflessione ed un’occasione per guardare un po’ dentro noi stessi. Quando ha iniziato a recitare? Ho debuttato giovanissima, a 19 anni, interpretando la protagonista de Il berretto a sonagli di Pirandello. Ho fatto cabaret sia nei locali che a teatro, ma anche per strada e nelle piazze; ho recitato mentre la gente mangiava e, durante uno spettacolo in piazza, un cane è salito sul palco. Insomma, ho recitato dappertutto! Una volta sono anche inciampata in una corda del sipario… Mi piace l’interazione spontanea che si crea col pubblico. 74

FEDERICA CIFOLA

Federica Cifola

Scrive lei i testi dei personaggi che interpreta? Se sì, a chi o a cosa si ispira? Si, scrivo io i testi dei personaggi che interpreto, sia in radio che nei live. Mi ispiro sempre a qualcuno, a tutti quelli che incontro e che conosco; infatti sono tutti terrorizzati quando parlano con me perché hanno paura di finire in un pezzo comico, e ... così è! Ho scritto anche lo spettacolo che sta andando in giro dal titolo Mamma ...zzo, sul tema dell’esaurimento nervoso delle madri, che è la mia esperienza personale perché ho due figlie di 12 e 9 anni. Il personaggio della mamma disperata, quella che fa parte delle chat delle mamme, nasce proprio in radio con Lillo e Greg nel programma 610.

Il suo rapporto col cibo? Ha dei piatti preferiti e, tra questi, ce n’è qualcuno toscano? Mi piace cucinare soprattutto i primi, perché sono un’appassionata di carbonara, amatriciana ed altri piatti. Tra l’altro, sono molto legata ad Amatrice, dove mio suocero purtroppo è scomparso nel terremoto del 2016; era un bravissimo ristoratore e gestiva insieme a mio marito un ristorante con enoteca molto famoso a Roma. Era molto esperto a preparare l’amatriciana, come la faceva lui non la fa più nessuno. Se penso alla Toscana ricordo con piacere la schiacciata che mi piace davvero tanto; quando facevo le prove al Teatro Goldoni a Firenze e lì vicino c’era un bar che la faceva gigantesca, una sorta di monumento... Un ricordo divertente legato al cibo? Tra i momenti che ricordo sempre con piacere c’è la cena dopo lo spettacolo; dopo aver scaricato tutte le tensioni, mangiare bene e bere un bel bicchiere di vino rosso è uno dei momenti più belli. Tra l’altro, con Andrea Muzzi ho scoperto un’ottima trattoria storica a Firenze dove ho mangiato una pasta coi pomodorini molto buona. Andrea Muzzi e Federica Cifola nella corte di Villa Vogel a Firenze

Coltiva anche altre passioni? Si, ho tante passioni, in particolare quella per lo sport perché mi piace andare a camminare e a correre. Mi piace il cinema e cucinare. Sono molto curiosa e mi piace leggere di tutto.

Ha un episodio piacevole legato al cocktail Negroni, che è nato circa un secolo fa qui a Firenze? A dire il vero, non ho un ricordo col Negroni, preferisco lo spritz. Se dovessi prendere un Negroni penso che mi ritroverei stecchita per terra, perché lo trovo molto forte, e comunque è probabile che sbaglierei a chiedere un Negroni e a quel punto prenderei sicuramente un Negroni sbagliato!

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B&B HOTELS Italia

Al via la Winter Offer di B&B HOTELS

Promozioni imperdibili per viaggiare tutto inverno in Italia e in Europa da novembre 2022 a marzo 2023 di Francesca Vivaldi

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iaggiare d’inverno non è mai stato così conveniente come con la Winter Offer di B&B HOTELS Italia, catena internazionale con più di 650 hotel in Europa e nel mondo, che rinnova l’iconica promozione invernale con un’offerta imperdibile. Camere a partire da 29 euro, prenotabili in esclusiva fino al 31 marzo 2023 solo su hotelbb. com. Le temperature torride dei mesi estivi lasciano spazio alla magica atmosfera invernale, perfetta per visitare tantissime città italiane ed europee a prezzi davvero competitivi grazie alla Winter Offer di B&B HOTELS. Non solo viaggi di piacere, la promozione è infatti una grande occasione anche per i nomadi digitali, per coloro che lavorano da remoto o viaggiano per motivi di lavoro. Camere moderne con WI-FI superveloce a 300 Mega & Chromecast che permette agli ospiti di vedere in streaming i loro contenuti preferiti grazie agli Smart Hospitality TV da 43” da poter usare come monitor per meeting aziendali, oltre alla connessione gratuita Wi-Fi super veloce in tutte le aree dell’hotel. Desiderate trascorrere un inverno sotto il sole? Palermo è il luogo che fa per voi. Per il vostro soggiorno in Sicilia dedicatevi all’arte, alla cultura e alla buona cucina. Nel pieno centro storico del capoluogo siciliano sorge il B&B Hotel Palermo

B&B Hotel Palermo Quattro Canti

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B&B HOTELS

Quattro Canti, punto di partenza strategico per raggiungere i più importanti centri di interesse. La struttura dispone di 144 camere arredate con cura secondo un design contemporaneo, personale e distintivo, dotate di ogni comfort e servizi per soddisfare ogni tipologia di visitatore. All’ultimo piano dell’edificio, sulle due meravigliose terrazze, si trova il ristorante Le Terrazze del Sole, aperto non solo agli ospiti dell’hotel ma a tutta la città e ai suoi tanti visitatori, che propone un’offerta gastronomica mediterranea con piatti tipici della cucina siciliana. Disponibile per aperitivi, banqueting, eventi privati o aziendali. Meta perfetta per gli amanti dell’outdoor, la verde città di Arezzo è circondata da quattro meravigliose vallate che vi permetteranno di immergervi nel relax invernale tra colori e profumi capaci di lasciarvi a bocca aperta. Il B&B Hotel Arezzo vanta una posizione invidiabile. Si trova, infatti, a soli 15 minuti a piedi dal centro, a 5 minuti a piedi dalla Fiera di Arezzo e a pochi minuti dai principali punti di interesse della città d’arte, come la Fortezza Medicea e Piazza Grande. La struttura, si trova inoltre a pochi minuti di auto dalla stazione di Arezzo, che permette collegamenti veloci con le meravigliose località vicine di San Gimignano, Chianti, Siena, Montepulciano e Montalci-

no. Per chi desidera superare i confini nazionali Lubiana è una capitale europea piccola e raccolta che riesce a dare il meglio di sé durante il periodo natalizio. Le sue piazze vengono invase da luci e luminarie di ogni tipo e dalle numerose bancarelle di prodotti tipici e souvenir che si possono trovare nel centro storico. Il B&B Hotel Ljubljana Park è una struttura completamente green nel cuore di Lubiana, con 215 camere tra singole, doppie e matrimoniali dal design moderno e funzionale, un ristorante con cucina tradizionale e internazionale, e un’ampia terrazza panoramica con vista mozzafiato sulla città. Ottimo punto di partenza La città di Ljubljana per esplorare la bella capitale slovena, la struttura è situata in una tranquilla area verde, con vista sul castello della città. L'hotel è vicino alla stazione centrale dei treni e degli autobus cittadini, alle porte della Città Vecchia, con i suoi numerosi siti culturali e storici. B&B HOTELS propone anche il B&B Hotel Maribor per chi desidera fare un week-end sulle piste oltre confine nel com-

prensorio sciistico della Slovenia per tutti gli amanti degli sport invernali, sci, snowboard o slitte. Dopo una giornata sulla neve, Maribor propone tanto altro divertimento a bordo pista. Con après-ski non convenzionali, a Maribor sarà possibile partecipare ad un’autentica festa (čaga) della Stiria oppure rilassarsi a Pohorje immersi nella natura.

B&B Hotel Maribor

La speciale promozione invernale di B&B HOTELS con tariffe a partire da 29 euro per gli hotel a 3 stelle e 49 euro per le strutture a 4 stelle, è valida da novembre 2022 a marzo 2023 per camera doppia (solo pernottamento) prepagata, non cancellabile, non modificabile, non rimborsabile, prenotabile solo online su hotelbb.com. L’offerta è soggetta a disponibilità della struttura e valida solo in determinati periodi; inoltre non è cumulabile con altre scontistiche né a programma B&B HOTELS Club.

B&B HOTELS

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Benessere e cura della persona A cura di Antonio Pieri

Benessere naturale, il miglior regalo di Natale di Antonio Pieri

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ntonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico. Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore, ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.

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BENESSERE NATURALE

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