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La Toscana nuova - Anno 6 - Numero 1 - Gennaio 2023 - Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 - Iscriz. Roc. 30907. Euro 3. Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv.in L 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 C1/FI/0074

Emozioni visive

L’importanza e la bellezza delle mani… Testo e foto di Marco Gabbuggiani

Vi siete accorti che, quando inizia una nuova storia, quando si sfiorano le mani del partner per poi intrecciarsi per la prima volta in un contatto da brividi, questo rappresenta il momento più emozionante vissuto fino a quel momento? È un attimo in cui prende vita una miriade di pensieri, mentre i corpi iniziano ad assaporarsi l’un l’altro proprio attraverso quelle mani che dicono molto della persona con cui entriamo in contatto. Ci sono mani che ti raccontano una vita faticosa e che senti ruvide e vissute, altre che senti morbi-

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de e calde nella loro sensualità; mani decise e nervose che ti accendono molti interrogativi sul mistero della persona a cui le stringi; mani tranquille e quasi fredde che immagini rispecchino la persona che hai davanti. E poi ci sono mani amorevoli e piene di tenerezza e di tanto altro. Amo osservarle e fotografarle perché le considero uno specchio dell’anima. Ma non sono il solo a pensarla così perché storicamente, quando lo sposo chiedeva di avere la totale potestà sulla sposa, cosa chiedeva al padre? Proprio… la mano!

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GENNAIO 2023

I QUADRI del mese

7 Museo di San Francesco a Greve in Chianti: arte sacra dal XIV al XIX secolo 8 Una mostra e una monografia per Filippo Rossi al Teatro Niccolini di Firenze 10 Intervista a Massimo Listri, maestro della fotografia d’architettura e d’ambienti 13 Suggestioni del cinema e immagini interiori nelle foto di Gregory Crewdson 14 Dagli esordi a Sanremo ai successi di oggi: la cantautrice Irene Grandi si racconta 17 Grandi mostre: a Bologna cento opere sul ruolo dei “pictores” nel mondo antico 18 Linguaggi innovativi: dall’intelligenza artificiale una nuova forma d’arte 19 Curiosità storiche fiorentine: la Manifattura Tabacchi ieri e oggi 20 Dimensione salute: buone pratiche per tenere a bada i dolori reumatici 21 Psicologia oggi: la “psicotrappola” di chi teme la sconfitta 23 Consigli del nutrizionista: frutta secca a guscio, toccasana per la salute 24 Escher, il visionario inventore di un mondo impossibile 25 Psicologia e arte: l’eternità in uno scatto 27 Fabrizio Borghini fa il bis con il secondo volume di C’era una volta un rione a Firenze 28 Dal teatro al sipario: un nuovo anno denso di appuntamenti dietro le quinte 30 Il progetto artistico di Cristina Falcini “nel segno” di Giacomo Puccini 32 Maria Beatrice Coppi, pittrice e scultrice dallo spiccato senso plastico 34 Casa della Cornice e della Specchiera: dal 1967 maestri corniciai a Firenze 36 Anteprima mostre: alla Fornace Pasquinucci la tripersonale Labili confini 38 Dorota Szlachcic, l’archistar polacca che ricostruisce i biotipi 40 Movimento Life Beyond Tourism: la rete dei Luoghi Parlanti® si apre al sociale 42 Nuove tecnologie e società: le Gallerie degli Uffizi virali su TikTok 44 “Una vita, una storia” nell’autobiografia di Giancarlo Bianchi

Mirella Biondi, Ritratto, acquerello, cm 40x30

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52 Polvere di stelle: a Vienna per la mostra concerto di Annigoni 53 Arte e poesia: Lorenza Altamore, pittrice sulle orme di Saffo 54 Firenze mostre: il “femminile plurale”di Grazia Danti a Palazzo Portinari Salviati 55 Archeologia: sulla via dorata per Samarcanda 57 Mostre in Italia: l’Islanda a Ravenna negli scatti di tre giovani fotografi 58 La classica eleganza della figurazione di Leda Giannoni 63 Mostre in Toscana: fotografie e poesie in tandem al Centro Salute La Fenice di Signa 64 Forza e vitalità nelle opere pittoriche di Dora Pianezzola 67 Riflessioni sulla fede: Medjugorje, la storia delle apparizioni dal 1981 ad oggi 69 Itinerari del gusto: Trattoria dell’Orto, la vera cucina fiorentina in San Frediano 70 Storie di collezionismo: un’incredibile raccolta di presepi 71 Il viaggio alla ricerca del “non visibile” nella digital art di Nikla Biagioli 73 CETC: il colosso cinese del fotovoltaico sbarca in Toscana 74 “A tavola con” Lorenzo Andreaggi, fiorentino DOC a teatro e nel canto 76 B&B HOTELS: l’apertura di una nuova struttura in Piemonte 78 Benessere della persona: prendersi cura di mani e labbra in maniera naturale

In copertina: Cristina Falcini, Colori in musica (giardino della Villa del Castellaccio ad Uzzano), olio su tela

Laura Ronchi, In spiaggia, pastello, cm 25x35

[email protected] / + 38 3332220076  Laura Ronchi   Laura Ronchi pittrice -ritrattista

Periodico di attualità, arte e cultura La Nuova Toscana Edizioni di Fabrizio Borghini Via San Zanobi 45 rosso 50126 Firenze Tel. 333 3196324 [email protected] [email protected] Registrazione Tribunale di Firenze n. 6072 del 12-01-2018 Iscriz. Roc. n. 30907 del 30-01-2018 Partita Iva: 06720070488 Codice Fiscale: BRGFRZ47C29D612I

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Anno 6 - Numero 1 - Gennaio 2023 Poste Italiane SpA Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L 27/02/2004 n, 46) art.1 comma 1 C1/FI/0074

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La Toscana nuova Periodico di arte, cultura e attualità Responsabile social: Miriana Carradorini carradorini.miriana@ gmail.com Sito Internet: www.latoscananuova.it Testi:

Luciano Artusi Ricciardo Artusi Anna Balzani

Francesco Bandini Ugo Barlozzetti Lucio Bassolini Alessandro Bellini Giancarlo Bianchi Margherita Blonska Ciardi Doretta Boretti Fabrizio Borghini Erika Bresci Viktorija Carkina Miriana Carradorini Mariagrazia Carraroli Jacopo Chiostri Filippo Cianfanelli Silvia Ciani

Nicola Crisci Maria Grazia Dainelli Enzo Dall'Ara Aldo Fittante Giuseppe Fricelli Marco Gabbuggiani Stefano Grifoni Maria Concetta Guaglianone Stefania Macrì Stefano Marucci Paolo Mugnai Emanuela Muriana Elena Maria Petrini Antonio Pieri

Matteo Pierozzi Daniela Pronestì Silvia Ranzi Carmelina Rotundo Auro Barbara Santoro Michele Taccetti Francesca Vivaldi Foto:

Cristiano Biagioni Luca Brunetti Miriana Carradorini Emilio Carvelli Filippo Cianfanelli Gregory Crewdson

Maria Grazia Dainelli Lorenza Daverio Alessandro Dondi Marco Gabbuggiani Massimo Listri Fabio Mandosio Filippo Manzini Mauro Martin Carlo Midollini Viola Petri Barbara Santoro Monica Venosa

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Percorsi d’arte in Toscana A cura di Ugo Barlozzetti

Museo di San Francesco a Greve in Chianti Una preziosa collezione di arte sacra dal XIV al XIX secolo di Ugo Barlozzetti

I

l percorso che si propone in questa sede continua a offrire, pur nell’estrema sintesi, la conoscenza di musei e raccolte che rendono la Toscana un “sistema” in grado, se vi fosse un’adeguata frequentazione da parte delle comunità e soprattutto delle scuole (di ogni ordine e grado) di contribuire a processi di formazione ed educazione permanente alla bellezza e alla civiltà “a misura d’uomo”. Il Museo di Arte Sacra di San Francesco a Greve in Chianti, inaugurato nel 2002 nel complesso dell’ex convento di San Francesco e nel 2003 arricchito di un Antiquarium, testimonia della presenza nel territorio del comune della diffusione di opere, fino alla fine del XIX secolo, di personalità artistiche di grande qualità e interesse. Spesso i maestri, le cui opere si trovano nei piccoli musei, sono più ampiamente rappresentati e “dispersi” in grandi musei stranieri o in raccolte collezioni private. Altri, considerati “comprimari” dei protagonisti, risultano “il tessuto connettivo” per comprendere ambienti, influenze e collegamenti oltre alla diffusione del gusto. Ci accoglie un Francesco di Assisi in marmo attribuito a Pasquino da Montepulciano, figlio di un contadino e figura di grande interesse, nato tra il 1425 e il 1427 e morto a Firenze nel 1482. Un Compianto su Cristo morto è una pala in terracotta policroma attribuita a Baccio da Montelupo (1469-Lucca, 1523) con festoni in terracotta invetriata attribuiti alla bottega di Santi Buglioni (1494-1576). Un’Annunciazione, tempera su tavola, di un pittore fiorentino della metà del XIV secolo è l’opera più antica del museo. Di Francesco Granacci (1469-1543) una Sacra conversazione data 1498. Di grande interesse un’altra Sacra conversazione su tavola dell’inizio del XVI secolo, di autore fiorentino ignoto, con la coppia dei donatori, forse Bardi perché nello sfondo vi è il castello di Sezzate di tale famiglia. Paramenti sacri in tessile, dal XVI al XVII secolo, sono esposti insieme a una Croce reliquiario della seconda

Nanni di Bartolo, Madonna col Bambino

metà del XIV secolo, in cristallo di rocca, da Venezia, e una piccola vetrata dipinta con San Silvestro papa, opera della Bottega dei Frati Gesuati posta presso San Giusto alle Mura a Firenze, chiesa che fu demolita nel 1529 per l’assedio. I Gesuati, fraternità dalla fine del XIV secolo poi ordine mendicante, furono soppressi da Clemente IX nel 1668. Al piano superiore, suppellettili liturgiche dal XIV al XX secolo e una Pace in avorio della fine del Trecento della Bottega di proprietà degli Embriachi, ramo veneziano di un’antica famiglia ghibellina di Firenze. Di Nanni di Bartolo, detto Il Rosso (notizie dal 1419 al 1451), una Madonna in stucco dipinto. Vi sono inoltre tele seicentesche di pittori toscani (in gran parte fiorentini): Francesco Curradi (1570-1661), Francesco Boldrini (1584-1648), Sigismondo Coccapani (1583-1643), Jacopo Vignali (1592-1664), Giovanbattista Montini (1613-1673). Il percorso si può concludere, prima dell’Antiquarium, con un San Pietro del Seicento di ambiente Casa della cornice emiliano e una Santa Rosa attribuita a www.casadellacornice.com Michele Gordigiani (1835-1909).

Francesco Granacci, Sacra conversazione

MUSEO DI SAN FRANCESCO

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Firenze mostre

Filippo Rossi Al Teatro Niccolini la personale dell’artista dedicata al tema della luce Per l’occasione, è stata pubblicata da Polistampa una monografia con testo introduttivo di Timothy Verdon di Fabrizio Borghini / foto courtesy dell’artista

D

allo scorso 16 dicembre e fino all’8 gennaio il foyer del Teatro Niccolini a Firenze ha ospitato la personale Particolari dell’artista fiorentino Filippo Rossi, una riflessione sul tema della luce, da sempre centrale nella sua produzione. Esposti una grande scultura e una ventina di dipinti, alcuni recentissimi, prevalentemente sui toni del grigio, del nero e dell’oro con qualche accenno di colore. In occasione della mostra, la casa editrice fiorentina Polistampa ha realizzato un’importante monografia, con il prezioso testo bilingue di Timothy Verdon, intitolata Passione Contemplativa. Ogni anno le edizioni Pagliai Polistampa presentano l’opera di un grande artista contemporaneo (ricordiamo tra gli altri Guasti, Faraoni, Scatizzi, Loffredo, Alinari, Facchini, Ghelli, Maranghi, Nesi, Possenti, Guarnieri, Annigoni, Talani e Stefanelli) attraverso una mostra e la pubblicazione di un calendario. Ai moltissimi visitatori quest’anno è stato quindi offerto l’ormai famoso calendario artistico 2023, che quest’anno celebra il 25° dell’evento, con le opere di Filippo Rossi. Il momento magico della serata è stato tuttavia la

presentazione del volume da parte dell’autore Timothy Verdon, accompagnato, oltre che da Mauro ed Antonio Pagliai di Polistampa e dall’artista, dal direttore del Museo del Novecento di Firenze Sergio Risaliti e da Cristina Acidini, presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno. Sergio Risaliti, nel corso del suo intervento, ha così delineato i riferimenti storico-artistici del pittore fiorentino: «Sono soprattutto tre gli artisti la cui lezione Filippo Rossi ha studiato, assorbito e interiorizzato in maniera profonda: Rothko, Burri e Barnett Newman. Quest’ultimo, in particolare, ha raggiunto attraverso l’astrazione una trasformazione spirituale, un misticismo, una linea biblica più che evangelica. È come se Barnett Newman si ponesse di fronte al roveto ardente, guardasse la manifestazione di Dio e, spaventato, dipingesse quadri sublimi, eroici che manifestano l’assoluto invisibile. Filippo Rossi tenta di conciliare, in una tecnica pittorica molto raffinata, le passioni interiori, la personalità, il cammino di fede e lo Uno scorcio della mostra nel foyer del Teatro Niccolini a Firenze

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FILIPPO ROSSI

l’intreccio della sua storia con quella dell’artista che è all’origine del libro: «Filippo mi ha affiancato nello sforzo di articolare sul piano metodologico l’intimo rapporto che percepisco tra arte e fede, leggendo le bozze dei miei libri, alla cui stesura ha collaborato qualche volta, e ascoltando, anche molte volte, le mie conferenze come organizzatore e compagno delle mie trasferte in Italia, Europa e America. Da parte mia, essendo da anni vicino a lui, alla moglie, ai figli, ai parenti e amici, credo di conoscere dall’interno la texture della vita di Filippo Rossi, anzi di farne parte. E se da un lato tale intimità accorcia la distanza richiesta dalla critica, dall’altro garantisce una soggettività informata che, sul piano storico, credo utile; “oggettiPresentazione della monografia: da sinistra, gli editori Antonio e Mauro Pagliai, la presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno Cristina Acidini, Timothy Verdon, Filippo Rossi e il direttore del Museo del Novecento di vo” poi sarà il lettore che giudicherà Firenze Sergio Risaliti sia l’artista che l’amico che qui ne narra la vicenda». Filippo Rossi, insguardo sul mistero o sui misteri della fede». La presiden- tervenuto per ultimo, ha ringraziato i presenti, in particolare te Cristina Acidini si è soffermata, in particolare, sui pregi Verdon, ed ha spiegato il significato della luce nei suoi dipindelle opere di piccolo formato: «Ci sono opere di Filippo che ti: «La luce, nella mia pittura, rivela trame, spessori, stortusi ambientano magnificamente in contesti civili, privati. Ap- re, soprattutto imperfezioni: una superficie sgretolata, una prezzo molto nella sua attività artistica quello che viene de- linea storta, un colore indefinito, una ferita. Ed è soprattutscritto nell’ultima parte del libro, ovvero l’Officina dove Rossi to da queste ferite che si creano aperture necessarie per il crea le proprie opere cimentandosi tanto nel grande quanto passaggio della luce. Questo, infatti, è il compito della luce: nel piccolo formato. Mi vengono in mente, a questo propo- risvegliare e far rivivere il colore che già possediamo, magasito, le botteghe del rinascimento fiorentino e prima ancora ri coperto da fosche tinte stratificate negli anni. Anzi, è proquelle del Medioevo, quando dall’indirizzo artistico del mae- prio compito della luce accogliere, far risplendere, curare e stro nasceva un’enorme quantità di idee che si traducevano risanare queste imperfezioni fino a renderle pura bellezza». nei grandi formati o nei cicli di affreschi o che all’occorrenza potevano diventare anche miniature oppure dare vita ad oggetti d’uso. Insomma, questa versatilità dell’espressione artistica che raggiunge pubblici diversi attraverso formati diversi è, a mio parere, molto interessante perché spesso oggi la fama di un artista è affidata soprattutto al grande o grandissimo formato, al ciclo pittorico sbalorditivo per le dimensioni delle tele. Ma è quando si tiene la qualità alta anche nel piccolo formato che si riconosce la bontà dell’invenzione, quando l’intera opera di un artista è attraversata da quello che Alois Riegl avrebbe definito un “kunstwollen”, cioè una volontà d’arte che pervade completamente tutta la produzione di un autore». Timothy Verdon ha raccontato, invece, Filippo Rossi intervistato da Fabrizio Borghini

FILIPPO ROSSI

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I grandi della fotografia A cura di Maria Grazia Dainelli

Massimo Listri

Il maestro della fotografia d’architettura e d’ambienti di Maria Grazia Dainelli / foto Massimo Listri

P

rima di diventare fotografo, è sempre stato amante dell’arte e dell’architettura: può raccontarci di questa sua passione?

Mio padre mi ha aiutato indirettamente perché, essendo giornalista e scrittore, era sempre circondato da libri e riviste, amici colti e artisti che venivano a trovarlo. Inoltre, fin dall’infanzia mi ha abituato a visitare musei e ad apprezzare l’architettura. Tutto questo ha contribuito alla mia formazione. Il suo primo incontro con la macchina fotografica? Avevo 16 anni quando scoprii la macchina fotografica e la magia della camera oscura. Iniziai così a passare interi pomeriggi a scattare e a sviluppare. Dopo la morte di mia madre, fu la seconda moglie di mio padre a regalarmi una macchina fotografica professionale con la quale iniziai a realizzare i primi ritratti. Accompagnavo mio padre ad intervistare vari autori, riuscendo così a collezionare una serie di ritratti in bianco e nero di personaggi famosi come Ezra Pound, Marino Marini, Eugenio Montale, Pier Paolo Pasolini e Cesare Zavattini.

Massimo Listri (Venezia 2022)

Com’è avvenuto, nella sua carriera, il passaggio dal ritratto alla fotografia d’architettura? A 17 anni e mezzo andai a vivere da solo a Palazzo Capponi e capii che con i ritratti fotografici non avrei potuto sopravvivere economicamente, cominciai così a scattare per riviste d’arte e d’architettura. Nel 1981, avvenne la svolta per la mia carriera grazie al sodalizio con l’editore Franco Maria Ricci e la sua rivista FMR. Ricci pubblicava articoli di autori del calibro di Vittorio Sgarbi, Jorge Luis Borges, Italo Calvino, Umberto Eco e Federico Zeri, tutti accompagnati dalle mie fotografie. Questa collaborazione ventennale mi ha consentito di fotografare gli ambienti di numerosi musei, biblioteche e chiese abbandonate. Agli inizi degli anni Duemila, la rivista venne chiusa con la cessione del marchio, perché Ricci si dedicò alla costruzione del Labirinto della Masone. Nel 2022, la storica rivista ha ripreso le pubblicazioni, con Laura Casalis alla direzione editoriale e artistica e il direttore Edoardo Pepino, mentre io sono orgogliosamente uno dei consulenti alla direzione. FMR fa amare l’arte attraverso il piacere della lettura, la seduzione delle immagini; è una scuola per lo sguardo che affina il gusto e la capacità di vedere.

FOTOGRAFIA PASSIONE PROFESSIONE IN NETWORK www.universofoto.it Via Ponte all'Asse 2/4 - 50019 Sesto F.no (Fi) - tel 0553454164

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MASSIMO LISTRI

Musei Capitolini (Roma)

Che scopo ha la Fondazione Listri? La Fondazione Listri racchiude la mia passione per le arti visive e col tempo mi ha portato a creare numerose collezioni archeologiche, di arte antica, disegni e volumi di storia dell’arte legati al mio gusto personale. Inoltre, promuove collaborazioni con organizzazioni private e pubbliche per la valorizzazione dell’arte e custodisce il mio archivio fotografico per garantirne la conservazione nel tempo. Ci parla della recente collaborazione con Treccani? L’ultimo progetto fotografico in collaborazione con Treccani ha portato alla realizzazione del libro Dentro Roma che raccoglie ben trecento immagini metafisiche della “città eterna” per invitare i lettori a vivere un’esperienza estetica attraverso luoghi silenziosi illuminati da una luce che crea un’atmosfera surreale. In chiusura, il volume propone una rassegna di fotogrammi dedica-

Vittorio Sgarbi la definisce “il fotografo che non documenta ma inventa la bellezza”: secondo lei perché? Perché estrapolo dalla realtà, catturandola con lo sguardo, la bellezza delle forme e degli equilibri architettonici, cercando sempre l’anima dei luoghi. Utilizzo la luce naturale nelle diverse ore del giorno per valorizzare al massimo i maestosi saloni e gli interni monumentali. La luce va saputa “vedere” per fermare l’istante perfetto e catturare l’aura misteriosa del bello architettonico. Alcazar (Siviglia)

Tra i tanti lavori da lei realizzati in giro per il mondo, quale ricorda più volentieri? Sicuramente quello realizzato in Vaticano, dove non è stato facile accedere. Ci sono voluti due anni per poter ottenere l’autorizzazione a scattare. L’idea nacque da una telefonata con Antonio Paolucci, all’epoca direttore dei Musei Vaticani, al quale chiesi di poter fotografare una sezione delle gallerie. In seguito, ho allestito un’esposizione sugli ambienti monumentali del museo con venti fotografie di grande formato che catturano l’armonia estetica degli ambienti attraverso atmosfere metafisiche. Perché espone le sue fotografie come fossero dipinti?

Occhio di Dio (Pantheon, Roma)

ta ai Volti di Roma. Precedentemente, sempre con Treccani, ho realizzato un volume sul complesso architettonico del Quirinale, con la prefazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per descrive la bellezza e il fascino del celebre palazzo. Cosa può dirci in merito al progetto The World’s Most Beautiful Libraries? Ho realizzato questo libro, edito da Taschen nel 2018, per immortalare le biblioteche più belle e antiche del mondo. Vuole essere un elogio alla conoscenza, alla storia e alla cultura attraverso le meraviglie architettoniche che custodiscono lo scibile umano. Questi scatti accompagnano l’osservatore da una biblioteca all’altra per stupirlo, emozionarlo e ricordargli che in questi luoghi l’essere umano è protagonista della storia.

Dalla fine degli anni Novanta, grazie alla diffusione di stampanti di grande formato, ho iniziato a realizzare fotografie di grandi dimensioni, esponendole come fossero dipinti in musei e gallerie. Questo mi ha permesso di esprimermi in modo differente rispetto al passato, senza cedere a compromessi sulla qualità e consentendomi di vendere in numerose gallerie in giro per il mondo e a personaggi famosi come ad esempio Bill Clinton e Fabio Fazio. Perché ha scelto di continuare a vivere a Firenze? Ho scelto di continuare a vivere nella casa in cui abito dall’età di 22 anni, nel quartiere di Santo Spirito. Firenze è una delle città più belle al mondo per il suo patrimonio artistico ed ha una posizione centrale che mi permette comodamente di spostarmi nel resto d’Italia e nel mondo. www.massimolistri.it

MASSIMO LISTRI

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Margaret Karapetian D’Errico

Segni dall’Oriente

Palmeto, acquatinta e acquaforte, cm 16,5x21,5

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Spunti di critica fotografica A cura di Nicola Crisci

Gregory Crewdson

Il racconto di un mondo crepuscolare tra suggestioni cinematografiche e immagini interiori di Nicola Crisci / foto Gregory Crewdson

N

ato il 26 settembre 1962 a Brooklyn, Gregory Crewdson è un fotografo americano il cui lavoro tratta i temi delle piccole città, dei quartieri e delle case americane. Forse influenzato dalla professione del padre psicanalista, le sue fotografie presentano eventi surreali e spesso inquietanti, con una narrazione complessa e melodrammatica che affronta temi profondi come paura, ansia, amore, perdita, vita e morte. Ogni scatto, inoltre, prevede una messa in scena di tipo cinematografico, con attrezzature, tecniche ed altri accorgimenti che ricordano il set di un film. Crewdson dichiara di essere stato influenzato dai dipinti di Edward Hopper e dalle fotografie di Diane Arbus. La sua collezione più famosa ed iconica s’intitola Beneath the Roses (2005), nella quale emerge l’ossessione di questo fotografo per la tristezza e la desolazione. Ogni immagine di questo progetto ha coinvolto centinaia di persone e settimane e mesi di pianificazione. Le foto realizzate per le strade della tipica periferia americana raccontano uno stile di vita focalizzato sulle emozioni più drammatiche e sui momenti di silenzio e solitudine. Il fotografo americano ha anche tentato di sfidare la tradizione con il progetto Sanctuary (2009) realizzato negli studi abbandonati di Cinecittá. In Cathedral of the Pines, Crewdson torna alle proprie

origini, a Becket, nel Massachusetts, città incastonata nei boschi lontano dagli agi della middle class americana. Commenta così il suo lavoro: «Interagire con la propria emotività, dare spazio al pensiero creativo, ascoltare la fantasia: sono buone basi per provare a vivere con più autenticità il proprio percorso esistenziale. Si dice, spesso, che ogni fotografia è l’autoritratto del fotografo: io credo, in tal senso, che anche le immagini che scegliamo di conservare abbiano un’analoga funzione». Le fotografie di Crewdson sono liriche proiezioni del suo lato oscuro, immagini progettate per dare forma ad un’idea, ad un intimo sentire, per parlare di se stesso senza il supporto delle parole. Fino al 22 gennaio 2023, le Gallerie d’Italia a Torino ospitano la personale di Gregory Crewdson intitolata Eveningside, nella quale vengono riunite per la prima volta le tre serie concepite tra il 2012 e il 2022.

GREGORY CREWDSON

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Personaggi

Irene Grandi

Grintosa, ironica e con un sorriso contagioso: la cantautrice toscana si racconta dai lontani esordi a Sanremo agli attuali impegni tra lezioni di yoga e musica rock di Paolo Mugnai / foto Luca Brunetti e Lorenza Daverio

L

’abbiamo rivista di recente in TV a Propaganda Live cantare Message in a bottle accompagnata dalla batteria di Mr Stewart Copeland che fu dei Police. In precedenza tutor da Carlo Conti a The Band su Raiuno. Sempre con lo stesso sorriso e grinta di quando esordiva a Sanremo Giovani con Un motivo maledetto ormai quasi trent’anni fa. «La prima vera canzone in cui mi sono riconosciuta e ho pensato che ce la potevo fare – ricorda la cantautrice –, la prima volta che sentii la mia voce in radio». Quanta strada, album incisi e chilometri nel matrimonio indissolubile con la musica. «Il mio sorriso?». Irene è perplessa. «Quando ero una ragazzina sorridevo meno, ho sempre sorriso molto nella mia vita di musicista, non tanto nella vita pubblica sotto le telecamere dove mi piaceva avere l’aria un po’ contrariata, imbronciata. Però sì, sono una persona solare e il sorriso rappresenta la mia gratiIrene Grandi (ph. Luca Brunetti)

Nei panni della “strega” per l’opera rock The Witches Seed (ph. Lorenza Daverio)

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IRENE GRANDI

Sul palco durante il tour Io in Blues (ph. Luca Brunetti)

tudine per tutte le vite che ho vissuto». Quante. Musicalmente il ritorno alle proprie radici con il tour Io in Blues interrotto dalla pandemia ma ripreso il 29 giugno da Città di Castello e su e giù per l’Italia con tappe naturalmente anche nella sua Toscana, il 29 luglio al Chiostro di San Domenico a Prato, il 21 agosto al Palamontepaschi a Chianciano Terme. La parlata inconfondibile, del resto, è quella. E lei non fa nulla per nasconderlo quando dice “garbare” al posto di “piacere”. «Mi sento toscana nell’ironia e nella semplicità. Tutto sommato anche nel lusso della nostra regione, che è di una bellezza mozzafiato, ma sempre con una certa sobrietà. Anche se io non lo sono proprio stata per alcuni eccessi – ammette Irene –, fondamentalmente sono equilibrata. La Toscana ha le giuste proporzioni. La Toscana da seguire come ispirazione per trovare l’equilibrio, coi suoi artisti esempi di perfezione e classicità». Sul palco, in particolare quando era la scatenata giovane maledetta toscana di malapartiana memoria, non pareva poter stare ferma. Un corpo in perpetuo movimento. A causa del lockdown ha smesso i panni della viaggiatrice solitaria con “la voglia di non tornare più” che la portarono, una vita fa, in Indonesia a imparare la meditazione tramite lo yoga. E ora? «Il prossimo viaggio sarà a Bruxelles e Aversa, un week-end in due città interessanti a trovare una mia amica». Com’è stata la quotidianità in questo biennio vivendo sulle colline a mezz’ora da Firenze? Mi sono avvicinata ai social, ho scoperto di più la tecnologia per rimanere in contatto coi fan durante questa fine del mondo. Era l’unico modo per sentirsi utili. Ho seguito lezioni online di yoga e preso il diploma di insegnante.

Tiene lezioni su canto e yoga con Lisa Kant… Sì, i nostri studenti sono quasi tutte donne, curiose, disponibili, simpatiche, ricettive. Le donne sanno che la vita non è fatta solo di visibile ma tanto di invisibile. A The Band con quale sua formazione giovanile sarebbe andata, I Goppions, La Forma o Le matte in trasferta? Forse con La Forma perché scrivevamo qualche pezzo, era la più strutturata con un piccolo disco e mi rappresentava di più, senza togliere nulla alle “matte”. La vedremo nel ruolo di giurata in qualche talent? Non credo perché non sono i miei programmi preferiti. A The Band c’era l’idea di portare la musica e suonare e tornare a fare qualcosa dal vivo. Mai dire mai, ma mi trovo in difficoltà a giudicare. Il 22 e 23 luglio a Tones Teatro Natura, ai piedi delle alpi piemontesi, è andata in scena l’opera rock The Witches Seed con le musiche di Copeland e i brani di Chrissie Hynde dei Pretenders. Può dirci di più in merito a questa iniziativa? È un progetto della direttrice artistica Maddalena Calderoni, proposto a Copeland poi a me. Mi piacciono le canzoni e avevo voglia di un’esperienza corale diversa. Amavo i Police e di Stewart la sua inventiva alla batteria. Si parla di caccia alle streghe nel Medioevo. Erano donne indipendenti, originali, massacrate dal potere cieco della società. Questa cosa mi fa sentire un po’ una strega, ma i veri stregoni erano gli inquisitori.

IRENE GRANDI

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Afran Artista selezionato per esporre al Padiglione Nazionale del Camerun alla Biennale di Venezia 2022

Afran con alcune opere durante la personale Mondolfiera alla MA-EC Gallery nel 2022

MA-EC Gallery Palazzo Durini di Monza via Santa Maria Valle, 2, 20123 Milano MA-EC @maecgallery

Grandi mostre in Italia A cura di Miriana Carradorini e Maria Grazia Dainelli

I Pittori di Pompei

A Bologna oltre cento opere di epoca romana per ricostruire il ruolo dell’artista nel mondo antico Testo e foto di Miriana Carradorini

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a storia dell’arte italiana comprende un arco temporale che va dai Romani fino ai giorni nostri, ma tra tutti gli artisti che hanno caratterizzato la cultura italiana, spiccano prevalentemente i nomi dei pittori più importanti dal Medioevo ad oggi. Sembra quasi che durante l’epoca romana non esistesse l’arte. Questa idea è legata alla concezione che i Romani avevano del pittore: non era una figura predominante nella società dell’epoca, bensì una professione nel campo della decorazione privata. Per secoli, dunque, i pittori romani sono rimasti anonimi, fino alla scoperta di Pompei ed Ercolano, dove sono stati rinvenuti molti affreschi che hanno catturato l’attenzione In questa e nella foto sotto alcune delle opere in mostra di studiosi e appassionati. La perfetta conservazione delle pitture pompeiane ha permesso uno studio to come funziona il riconoscimento di molti artisti ignoti: più approfondito non solo delle tecniche utilizzate in passa- l’analisi delle diverse tecniche per gli affreschi e il confronto, ma anche del ruolo dei pictores, ovvero artisti e artigiani to tra le varie opere permettono l’identificazione di alcuni che realizzavano gli affreschi all’interno delle case romane. artisti. Ad esempio, ci viene mostrato come l’artista stesAttraverso il confronto di alcune figure e la presenza di nu- so scegliesse delle fonti simili per le proprie opere o riprenmerose firme è stata possibile l’identificazione di alcuni pi- desse dei modelli da lui già dipinti in precedenza. Le scene ctores, con cui si è iniziato a scrivere una sorta di “storia dei portate a Bologna rappresentano una raccolta dei temi più pittori romani”. La mostra I Pittori di Pompei, in corso fino diffusi in epoca romana: oltre ai noti stili pompeiani, sono al 19 marzo 2023 al Museo Civico Archeologico di Bologna, presentate anche scene mitologiche, tratte dalle più diffuvuole offrire una prospettiva sulla figura del pictor, mostran- se fonti dell’epoca, e nature morte che richiamano le attido, attraverso più di cento affreschi prestati dal MANN (Mu- vità svolte nelle varie stanze della casa, come ad esempio seo Archeologico Nazionale di Napoli), come questi artisti il cibo e il pentolame nei decori delle cucine. Offrendo uno vivessero, lavorassero e fossero considerati dalla società sguardo complessivo su una figura poco conosciuta come romana. Facendo notare al pubblico quei piccoli dettagli quella dei pictores, la mostra permette di comprendere apche solo gli esperti notano al primo impatto, viene illustra- pieno l’arte pittorica romana. Anche attraverso l’ambientazione fatta di oggetti antichi e originali dell’epoca, come del pane rimasto conservato dall’eruzione del 79 d. C., e le pareti caratterizzate da tonalità che richiamano gli affreschi, il visitatore è un invitato a scoprire una civiltà così lontana nel tempo, ma culturalmente così vicina. Una mostra che riporta in auge, quindi, una figura artistica davvero poco conosciuta ma che ha determinato il gusto estetico non solo dei Romani ma anche della cultura attuale. www.ipittoridipompei.it Dr. Matteo Berna Consulente finanziario 338 5647067 [email protected]

I PITTORI DI POMPEI

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Nuovi linguaggi dell’arte

Dall’intelligenza artificiale una nuova forma d’arte di Alessandro Bellini

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l flusso delle immagini generate attraverso l’AI (Artificial Intelligence) sta inondando il web e pare inarrestabile. Una stima quantitativa precisa del fenomeno non esiste, ma si parla di diversi milioni di immagini generate e pubblicate solo nei mesi da agosto a dicembre 2022. Gli strumenti per la generazione di immagini basati sull’AI si susseguono a ritmi incalzanti, senza precedenti neanche per il settore della tecnologia avanzata. DALLE-2, MidJourney, Stable Diffusion sono solo alcuni tra i nomi più celebri venuti alla ribalta nel giro di pochi mesi. C’è chi parla Santorini MOMA oramai di un nuovo settore dell’arte figurativa: l’AI Art, cioè l’arte di immagini generate attraverso l’AI. Si può, sarà soppiantata e corrotta, grazie anche alla stupidità delle molperò, definire vera arte l’AI Art? Il dibattito sulla questione è, come titudini che sono il naturale alleato della fotografia». Per fortuna, prevedibile, molto accesso. Il mondo dell’arte è stato letteralmen- niente di tutto ciò è accaduto, anzi, l’arte, liberata dalla necessità te preso d’assalto e, secondo alcuni, rischia addirittura di essere di rappresentare pedissequamente la realtà, ha potuto esprimersi travolto da questa nuova forma d’arte. Molte sono le accuse rivol- in movimenti come l’Impressionismo o il Surrealismo. Sulla quete all’AI Art, ma la più importante riguarda il fatto che nella genera- stione del “basso sforzo” ho, poi, qualcosa da raccontare. Ho gezione di immagini manca un vero sforzo artistico. Basta scrivere nerato personalmente le immagini qui pubblicate e, onestamente, un testo (detto “prompt”), in cui si definisce che cosa si vuol ot- lo sforzo non è stato basso: ci sono volute molte prove e tentatitenere, e lo strumento genera automaticamente l’immagine. Ben vi, lavorando dopo cena e spesso anche fino a notte fonda. Spero altro sforzo rispetto a quello di dipingere un quadro su tela. A que- ne sia valsa la pena. Insomma, è arte o non è arte? Per me è sensta accusa si risponde ricordando che Charles Baudelaire aveva z’altro arte. È scioccante affermarlo ma, onestamente, non pomosso una simile obiezione nei confronti della fotografia nel cele- trei dire il contrario. Gli artisti saranno dunque travolti da questo bre “Salon” del 1859. Anzi, Baudelaire era stato ben più feroce dei tsunami dell’AI Art? Non penso. Anzi, sono convinto che in futuro detrattori dell’AI Art di oggi: «Se si consentirà alla fotografia di ser- questa nuova espressione artistica ci riserverà grandi opportunivire da supplemento all’arte in qualcuna delle sue funzioni, questa tà anche economiche.

Papaveri metafisici

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NUOVA FORMA D’ARTE

Omaggio a Escher

Curiosità storiche fiorentine A cura di Luciano e Ricciardo Artusi

La Manifattura Tabacchi ieri e oggi di Luciano e Ricciardo Artusi

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el settembre del 1891, il primo impianto, ovvero la prima fabbrica di sigarette a Firenze, era posto all’interno dell’ex convento di Sant’Orsola, monastero che si trovava nell’isolato tra via Sant’Orsola, via Guelfa, via Panicale e via Taddea. Successivamente, nacque un secondo impianto per il tabacco nella chiesa sconsacrata di San Pancrazio, in Piazza San Pancrazio, angolo via della Spada, un nuovo laboratorio per le lavorazioni di maggior pregio delle sigarette italiane. Una fonte dell'epoca riporta a questo proposito:«I fumatori ebbero in questi giorni una bella sorpresa. Fu loro offerto, dai rivenditori di sigari, la sigaretta nazionale uso egiziano! Confessiamo di non conoscere ancora questa nuova delizia del genere umano, ma altri ce ne cantano le lodi: piacevoli al gusto, le sigarette uso egiziano sono profumate, fumabili senza fatica, e costano soli otto centesimi. Sono composte di trinciati orientali ma lavorate da mani italiane, nello stabilimento di San Pancrazio di Firenze, di cui vi presentiamo il disegno dell’interno. Il ricettario delle nuove sigarette è dovuto al signor Apostolidis capotecnico di quella fabbrica. Se i fumatori non saranno soddisfatti, sapranno dunque a chi rivolgere le loro saette; ma la fabbrica a Firenze è munita di buoni parafulmini, e pezzi grossi della Direzione Generale delle Gabelle che presiedono all’amministrazione del Monopolio dei Tabacchi, sanno sempre praticare una lieve variante a un motto famoso di Giorgio Sand “fumo di reclami non val fumo di sigaretta”. Dal nostro disegno, si vede come lavorano le sigaraie fiorentine. Belle, e alcune bellissime, portano una cuffietta sul capo. Allineate a tre a tre sui banchi dove stanno sedute, sono vigilate nei loro lavori da apposite sorveglianti». Negli anni seguenti, constatata l’evidente dispersione lavorativa con due sedi, nonché la loro vetustà e l’inadeguatezza ambientale e dei macchinari, anche a seguito dei danneggiamenti dovuti ad un incendio nella ex chiesa di Sant’Orsola, le due manifatture vennero riunite e trasferite nel nuovo e grande edificio razionale posto al confine del parco delle Cascine. Progettato negli anni Trenta da Giovanni Bartoli e Pier Luigi Nervi ed edificato dalla loro stessa impresa costruttrice con linee moderne e audaci e grande impiego di travertino, ha una slanciata torre vetrata che ricorda quel-

Foto storiche della Manifattura Tabacchi nei pressi delle Cascine

la della Maratona dello Stadio Artemio Franchi, anch’essa progettata da Pier Luigi Nervi. L’edificio, dal profilo ricurvo, ebbe anche notevoli spazi destinati al dopolavoro, successivamente trasformati nel Cinema-Teatro Puccini. Dopo ottant’anni di gloriosa attività, la dismissione nel 2001, quindi un periodo nel quale si sono succeduti abbandono e degrado. Fortunatamente a questi bellissimi edifici è stata data recentemente la possibilità di “una seconda vita” mediante un ambizioso progetto urbano e la creazione di un nuovo centro civico, nel Cornici Ristori Firenze quale sono stati integrati architettuwww.francoristori.com ra, ambiente, sociologia e cultura. Il Via F. Gianni, 10-12-5r 50134 Firenze termine previsto per il completamento dei lavori è il 2026.

Luciano Artusi, a sinistra, con il figlio Ricciardo

LA MANIFATTURA TABACCHI

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Dimensione salute A cura di Stefano Grifoni

Buone pratiche per tenere a bada i dolori reumatici di Stefano Grifoni

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er qualcuno il dolore è uno strumento per conoscere sé stessi; per altri, insieme alla morte, è la più grande maledizione che possa colpire l’uomo. Chi ne soffre cerca sempre una soluzione al problema. I farmaci antidolorifici non possono essere usati costantemente per i loro effetti gastrolesivi. Esistono alcune buone pratiche che possono essere seguite per ridurre e tenere a bada i dolori reumatici: sciogliere i muscoli al mattino con un bagno o una doccia calda; praticare una ginnastica leggera e

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passeggiare; se l’aria è fredda occorre proteggere con indumenti il collo e la zona lombare e gli arti; predisporre una dieta ricca di vitamina C. La vitamina C è indispensabile perché contribuisce alla normale formazione del collagene, la più importante proteina per l’organismo, fondamentale per la funzionalità di ossa e cartilagini e articolazioni. Il limite di ogni dolore è un dolore più grande. Se la sofferenza vi ha resi più cattivi nell’animo, avete sprecato il suo insegnamento.

tefano Grifoni è direttore del reparto di Medicina e Chirurgia di Urgenza del pronto soccorso dell’Ospedale di Careggi e direttore del Centro di riferimento regionale toscano per la diagnosi e la terapia d’urgenza della malattia tromboembolica venosa. Membro del consiglio nazionale della Società Italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza, è vicepresidente dell’associazione per il soccorso di bambini con malattie oncologiche cerebrali Tutti per Guglielmo e membro tecnico dell’associazione Amici del Pronto Soccorso con sede a Firenze.

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DOLORI REUMATICI

Psicologia oggi A cura di Emanuela Muriana

La “psicotrappola” di chi teme la sconfitta di Emanuela Muriana

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ai confondere una singola sconfitta con una sconfitta definitiva», diceva Scott Fitzgerald. Eppure è la singola sconfitta che può costruire l’uomo debole fino a diventare l’insicuro cronico. Cronico che in medicina indica una condizione che ci accompagnerà tutta la vita… La sconfitta o un giudizio subìto può creare uno spartiacque tra il prima e il dopo, un effetto traumatico che la persona non riesce a superare, incapace di interpretare diversamente l’accaduto. Ciò che è successo rimane lì, come una ferita aperta che non si rimargina. Sì, perché non c’è mai una sola interpretazione agli accadimenti. Alcune ci liberano dal blocco e ci insegnano a farne tesoro per essere più forti nell’inevitabile corsa ad ostacoli della vita. Altre interpretazioni ci tengono legati ad un senso di impotenza insuperabile. “Colpito e affondato”: il dolore o la delusione non permettono l’evoluzione dignitosa. Ciò che permette di diventare degli insicuri, timidi e con scarsa autostima, è la psicotrappola del sopravvalutare/sottovalutare e rimandare. L’insicuro sopravvaluta gli altri e le difficoltà che deve affrontare, mentre sottovaluta le proprie risorse. Rimanda il fare, l’agire, e questo, ripetendosi nel tempo, aumenta la disistima che, a sua volta, aumenta il senso di impotenza. Esiti depressivi inevitabili sono il risultato del rinunciare oppure esiti ossessivi basati sulla necessità prepotente del controllo sull’azione e sulla realtà che innescano il dubbio patologico. Questo porta a rimandare l’azione per l’esigenza – ossessiva – di valutare in anticipo tutti i possibili effetti fino a che non si raggiunge la decisione corretta e definitiva. In altre parole, l’illusione del ragionamento perfetto. In entrambi i casi, troviamo individui incapaci di assumersi la responsabilità di portare avanti progetti di ogni genere. Tendono a legarsi a persone che sentono protettive e alle quali chiedono aiuto nelle decisioni, fino ad arrivare a vere e proprie relazioni dipendenti. Le strategie di soluzione implicano tecniche per desensibilizzare la paura ormai incontrollabile (fobia) e rendere “la paura dell’aiuto” la prescrizione di partenza per interrompere il copione relazionale che ha creato dipendenza. Successivamente si passerà a far assumere dei piccoli rischi, fino a decisioni più impegnative

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per scoprire e fidarsi delle proprie risorse. Ingredienti indispensabili, questi, per la costruzione della propria autostima. Per le persone che mantengono il proprio limite disfunzionale basandosi sulla precauzione di aver calcolato bene prima di agire – i rigorosi incapaci – dobbiamo interrompere il circolo vizioso del “ragionamento perfetto” che ha come effetto il rimandare, cioè non agire. Seguiamo quindi il precetto di Kant che diceva: «Non ci sono risposte giuste a domande sbagliate». In entrambe le situazioni, abbiamo esiti positivi nell’80% dei casi con pochi mesi di terapia. Per approfondire: E. Muriana, T. Verbitz, Le relazioni dipendenti (Alpes, ed. 2021) R. Milanese, L’ingannevole paura di non essere all’altezza (Ponte alle Grazie, ed. 2020) G. Nardone, Psicotrappole (Ponte alle Grazie, ed. 2013)

manuela Muriana è responsabile dello Studio di Psicoterapia Breve Strategica di Firenze, dove svolge attività clinica e di consulenza. È stata professore alla Facoltà di Medicina e Chirurgia presso le Università di Siena (2007-2012) e Firenze (2004-2015). Ha pubblicato quattro libri e numerosi articoli consultabili sul sito www.terapiastrategica.fi.it. È docente alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica.

Studio di Terapia Breve Strategica Viale Mazzini 16, Firenze + 39 055 242642 - 574344 [email protected]

LA “PSICOTRAPPOLA”

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Elena Migliorini

Magnolia rosa

[email protected]

I consigli del nutrizionista A cura di Silvia Ciani

Frutta secca a guscio, un toccasana per la salute di Silvia Ciani

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nacardi, arachidi, mandorle, nocciole, noci, pistacchi e pinoli fanno parte della categoria della frutta secca a guscio o frutta secca lipidica per differenziarla dall’altra tipologia di frutta secca, quella disidratata prevalentemente zuccherina (albicocche, prugne, fichi, datteri, uva, mirtilli, banane, etc.). Caratteristica fondamentale della frutta secca a guscio è l’alto valore energetico perché circa l’80% dell’apporto calorico è dovuto al contenuto in grassi, quelli considerati “buoni”, i mono e polinsaturi, mentre è assente il colesterolo. Presenta un notevole contenuto di proteine e steroli vegetali dagli effetti benefici per il benessere dell’organismo, contiene inoltre fibra e quantità significative di minerali (calcio, magnesio, potassio, fosforo, selenio, zinco, etc.), vitamina E ma anche vitamine del gruppo B. Per questo motivo è molto presente nell’alimentazione del vegetariano. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che il consumo regolare di frutta secca fa bene alla salute ed aiuta a prevenire e combattere numerose importanti patologie: riduce il rischio di insorgenza delle malattie cardiovascolari, ha effetti positivi sul diabete di tipo 2,

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sulla riduzione del colesterolo “cattivo” LDL con conseguente riduzione del rischio di sviluppare arteriosclerosi e demenza senile, sulla degenerazione maculare e la calcolosi. Lavori recenti hanno dimostrato che la frutta secca può essere utile anche per tenere sotto controllo il peso corporeo, avendo un alto potere saziante, e nella prevenzione di alcune forme di tumore come il cancro al colon. Può andare bene come spuntino, magari in associazione ad uno yogurt o ad un frutto, piuttosto che avere l’abitudine di smangiucchiarla a fine pasto, rischiando di innalzare la quota calorica (come di solito accade per tradizione durante le feste di fine e inizio anno). Non dovremmo superare i 20 gr. di frutta secca a guscio al giorno, un po’ di più se utilizzata come integratore energetico in barrette ad hoc, durante attività sportive di lunga durata ed intensità. Dovremmo imparare a scegliere e consumare la frutta secca non salata per non assumere sodio in eccesso, quindi fare molta attenzione agli snack come anacardi, pistacchi e arachidi presenti insieme agli stuzzichini, soprattutto nel periodo delle feste in cui capita più spesso di mangiarli.

iologa Nutrizionista e specialista in Scienza dell’alimentazione, si occupa di prevenzione e cura del sovrappeso e dell’obesità in adulti e bambini attraverso l’educazione al corretto comportamento alimentare, la Dieta Mediterranea, l’attuazione di percorsi terapeutici in team con psicologo, endocrinologo e personal trainer.

Studi e contatti: artEnutrizione - Via Leopoldo Pellas 14 d - Firenze / + 39 339 7183595 Blue Clinic - Via Guglielmo Giusiani 4 Bagno a Ripoli (FI) / + 39 055 6510678 Istituto Medico Toscano - Via Eugenio Barsanti 24 - Prato / + 39 0574 548911 www.nutrizionistafirenze.com [email protected]

FRUTTA SECCA A GUSCIO

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I giganti dell’arte A cura di Matteo Pierozzi

Escher

Il visionario inventore di un mondo impossibile di Matteo Pierozzi

Maurits Cornelis Escher, Vincolo d’unione

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aurits Cornelis Escher nasce in Olanda il 17 giugno 1898 da una famiglia agiata. Dimostra da subito una forte predisposizione per le arti grafiche pur incontrando inizialmente difficoltà dovute ad incomprensioni con gli insegnanti a scuola. Nel 1922, si trasferisce in Italia, prima in Toscana, poi ad Amalfi e infine a Roma dove si sposa, ha due figli e trascorre, come dirà in seguito, i migliori anni della sua vita. Nel 1935, con l’avvento del fascismo, abbandona l’Italia per trasferirsi prima in Svizzera, che odia, poi in Spagna, dove decolla la sua fervida attività artistica, per poi avvicinarsi ai propri cari, nei Paesi Bassi, con l’insorgere della seconda guerra mondiale. È qui che raggiunge la piena maturità ed affermazione artistica. Muore il 27 marzo 1972. La sua produzione si distingue per la creazione di litografie che aprono scenari apparentemente verosimili ma che, osservandoli con maggiore attenzione, si rivelano invece impossibili. La passione per la matematica traspare in ogni opera, rivelando simmetrie geometriche sorpren24

ESCHER

denti. Escher crea visioni straordinarie che, ingannando lo spettatore, lo trascinano in un vortice dove le certezze prospettiche crollano per dare spazio ad una realtà mai statica e in continuo divenire.

PsicHeArt A cura di Maria Concetta Guaglianone

L’eternità in uno scatto

di Maria Concetta Guaglianone / foto Monica Venosa

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i ha sempre affascinato la macchina fotografica, meraviglioso strumento ottico in grado di catturare e conservare immagini su supporti analogici o digitali, un vero e proprio “rigeneratore” di momenti di vita. Il termine fotografia deriva dall’unione di due parole del greco antico “luce” e “grafia”, letteralmente significa “scrittura di luce”. La luce interagisce con la materia, la tecnologia si fonde con l’arte e anche con la psicologia. Attraverso un click, si mette a fuoco un aspetto della realtà esterna, il cui significato va ben oltre il semplice gesto del fotografare. Nello scatto ritroviamo un incontro: quello tra il momento presente - il qui ed ora - e il tempo infinito, quel tempo che gli antichi Greci definivano “Aion”, il tempo assoluto, l’eternità, opposto al “Chronos” definito come il tempo che scorre in relazione all’esistenza umana. Fotografare significa raccontare storie coinvolgendo la nostra psiche in emozioni, sensazioni, pensieri, percezioni prima e dopo lo scatto; l’occhio attraverso il mirino si allinea con la mente e il cuore. Scatto dopo scatto prende forma una scrittura di memorie, una narrazione di ricordi, di legami, un racconto di interiorità, espressione di aspetti consci e inconsci, dialoghi intimi senza parole che prendono vita attraverso immagini statiche a colori o in bianco e nero. Quando attraverso l’obiettivo osserviamo qualcosa o qualcuno che ci attiva emotivamente, in modo immediato nel nostro cervello si struttura l’immagine che vogliamo immortalare, decidiamo cosa mettere a fuoco, cosa mettere a sfondo, la velocità dello scatto, l’angolazione, l’inquadramento, la luce necessaria, il colore. Il risultato dello scatto è l’espressione non solo di un assetto tecnico ma anche psicologico: la fotografia dà spazio e corpo a un’immagine interiore. Dal punto di vista psicologico, diventa una sorta di ponte tra mondo esterno e mondo interno, modalità di esplorazione, espressione e comunicazione, processo di simbolizzazione della realtà, di conoscenza, di intenzionalità. «Orme della nostra mente, specchi delle nostre vite, riflessi del nostro cuore». Queste le parole di Judy Weiser, psicologa, arte-terapeuta e pioniera della fototerapia, tecnica che si avvale dell’uso di scatti personali

come strumento di espressione emotiva. Le fotografie fungono da specchio, diventano un mezzo per mettere a fuoco aspetti di sé, per lavorare su rappresentazioni della propria identità, sulla visione che abbiamo di noi stessi e del mondo, sul modo con cui percepiamo, riconosciamo e definiamo la nostra immagine lungo la linea temporale del tempo passato, presente e futuro. Ognuno può stabilire un contatto con la propria interiorità, guardare con occhi e prospettive diverse la stessa foto a distanza di tempo e proiettare su di essa i propri vissuti emotivi. Ognuno può ritrovare, raccontare e rielaborare la propria storia di vita: uno scatto una storia, uno scatto tante storie. Riprendendo le parole del fotografo Henri Cartier-Bresson: «Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento». Nel presente, il desiderio di fermare un frangente di vita per renderlo materiale, tangibile, eterno; l’illusione di fermare il tempo che scorre, immortalando un istante nella trama del “per sempre” e, nel momento dello scatto, quel presente è già passato.

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sicologa specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia dell’Istituto Psicoumanitas di Pistoia, Maria Concetta Guaglianone ha frequentato la scuola biennale di Counseling Psicologico presso Obiettivo Psicologia di Roma, dove ha svolto anche la propria attività professionale collaborando come tutor nel Master di Psicologia Perinatale. È autrice di numerosi articoli sul portale Benessere 4you - Informazioni e Servizi su Salute e Benessere Psicologico. Attualmente svolge la propria attività professionale presso Spazio21 - Studi Professionali di Discipline Bio Naturali e Psicologia (via dei Ciliegi 21 - 50018 Scandicci).

+39 3534071538 / [email protected]

L’ETERNITÀ IN UNO SCATTO

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Simone Olivia Moritz Fine art, opere su commissione, workshop e lezioni private

Chiara in summer, olio su tela, cm 115x80

www.simoneoliviamoritz.com   @simoneoliviamoritz @simoneoliviamopritzart   @simoneoliviamoritzfineart3826

I libri del mese

Fabrizio Borghini C’era una volta un rione a Firenze fa il bis con la pubblicazione del secondo volume di Erika Bresci

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erché, ci si domanda, dopo appena un anno dall’uscita del primo volume – con le sue quasi cinquemila copie vendute –, C’era una volta un rione a Firenze ha sentito già la necessità di duplicare se stesso? Per molti motivi, alcuni dei quali vengono ottimamente chiariti da Fabrizio Borghini, ancora una volta virtuoso direttore di questa nuova orchestra di voci, nella sua introduzione al libro. Ne riprendiamo un paio. Prima di tutto, la richiesta di tanti lettori che, intrapreso il viaggio del tempo all’interno dei vicoli, delle piazze e dei giardini della Firenze narrata in C’era una volta un rione (quella degli anni tra il dopoguerra e l’alluvione del 1966), guidati dalle parole di altri, si sono trovati di nuovo catapultati in quel mondo di case e di uomini, di fabbriche e di comunità chiuse, di giochi e di abitudini, hanno stretto in mano il capo del gomitolo e deciso che forse anche loro aveva-

no qualcosa da dire, da aggiungere a quanto era già stato detto. Piccoli particolari, sfumature di vita – tanto quelle di personaggi più conosciuti, da Leonardo Pieraccioni a Neri Parenti e a Gianni De Magistris, quanto tutte le altre – capaci di ricomporre magicamente la tela, un filo dopo l’altro, da abbinare con attenzione, evitando inutili ridondanze e andando invece a riempire i pezzi rarefatti o meno definiti nel primo passaggio al telaio. Scopriamo così che la città è – ieri come oggi – un organismo vivo e vitale, in divenire, che rispecchia a perfezione il mutare degli uomini e del loro modo di stare insieme, che respira i loro stessi progetti, le ansie e le aspettative, che è unico e insieme multiforme, proprio come diversi tra loro, eppure “città”, sono i rioni qui protagonisti. Si apprende, ad esempio, attraverso queste nuove voci, che nella Firenze del tempo esistevano «micro comunità che animavano il Casone dei Ferrovieri di via Paisiello, la Casa dei Pompieri di via Masaccio, il Palazzo INCIS di via XX Settembre...», testimonianze tutte da scandagliare e recuperare, perché questa Firenze “minore”, memoria storica raccontata, costituisce un vero e proprio patrimonio documentario da cui partire per ricostruire a tutto tondo la storia della nostra città in quel recente passato pericolosamente affacciato sul viale della dimenticanza. Vi è poi lo scrigno prezioso delle tante immagini d’epoca. Foto di famiglia che lasciano intravedere sullo sfondo luoghi oggi profondamente mutati, scorci di strade che occorre un attimo di pazienza e fantasia per riconoscere nella veste attuale, fotogrammi di zone periferiche desolate che sappiamo essere adesso pullulanti di vita, traffico e persone. Anche questa memoria visiva condivisa è importante. Consente di tracciare una mappa mentale di riferimento, la base sulla quale è possibile sovrapporre e giustificare l’immagine di Firenze così come la vediamo oggi. Con uno spartiacque profondo, ricordato in tantissime delle storie presenti in questo secondo volume e in numero assai maggiore rispetto al precedente, “un prima e un dopo di”, come acutamente evidenziato dal sindaco Dario Nardella nella prefazione al libro: «L’alluvione del 1966… che ha messo da parte i sogni dell’infanzia e che ha catapultato tutti in un’epoca nuova. Migliore? Peggiore? Diversa. Perché una città è tale e vive se si trasforma, se si adatta a bisogni nuovi. Ma se anche mantiene inalterato lo spirito e l’orgoglio dei propri luoghi, dei propri valori, della propria appartenenza».

FABRIZIO BORGHINI

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Dal teatro al sipario A cura di Doretta Boretti

Un nuovo anno denso di appuntamenti con la rubrica dedicata al teatro di Doretta Boretti

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rosegue anche nel 2023 la rubrica Dal teatro al sipario che in questo numero festeggia il suo quinto anno di vita. Ripercorriamo insieme a grandi linee quello che è stato pubblicato nel 2022. L’obiettivo che ci eravamo posti era: tutti a scuola di teatro, adulti e bambini. Abbiamo intervistato numerosi professionisti dello spettacolo, siamo entrati nelle loro scuole, abbiamo apprezzato l’impegno e il cuore che ciascuno di loro – docenti e collaboratori – ha messo in ciò che ha creato. Questo 2023 ci vedrà impegnati invece nella ricerca di compagnie stabili che hanno fatto e continuano a fare la storia Pietro Bartolini, direttore artistico dell’Accademia Teatrale di Firenze, sul palco durante le prove (ph. Filippo Manzini)

Una rappresentazione della scuola di teatro per bambini di Gabriella Del Bianco

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TEATRO

della tradizione e dell’innovazione della nostra toscanità. Ci aspetta un periodo intenso. Sarà una vera e propria emozione seguire le orme di tanti direttori artistici e attori che ci narreranno quando è nata, com’è nata e perché la loro

compagnia teatrale. Ci immergeremo in un’atmosfera che a volte ci riporterà, come la macchina del tempo, indietro di alcuni anni, forse molti o forse pochi. Ritroviamoci dunque nel numero di febbraio sempre più numerosi.

Spettacolo teatrale della scuola Il Genio della Lampada di Maurizia Ronchi

TEATRO

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Anteprima mostre

Nel segno di Puccini

Presentiamo in anteprima la mostra di Cristina Falcini dedicata al grande compositore lucchese di Fabrizio Borghini

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ome nasce questa mostra?

La realizzazione del progetto Nel segno di Puccini nasce dall’opportunità che mi si è presentata dopo aver vinto il primo premio all’estemporanea promossa dall’Associazione ArteBellaRiva nel 2020 a Uzzano. Essendo paesaggista, in quel contesto ho voluto dipingere alcuni luoghi cari al maestro lucchese. Come si è sviluppato il “progetto Puccini”? Ho intrapreso un affascinante ed emozionante percorso che mi ha impegnato anche sul fronte musicale, con il quale mi sono confrontata dopo una ricerca approfondita sulle melodie del grande compositore. Puccini ha avuto una vita intensa; quali sono i luoghi da lui frequentati che hai scelto come tema dei tuoi quadri? Ho dipinto Villa Museo Puccini a Torre del Lago e le splendide rive del lago di Massaciuccoli; ringrazio la Fondazione Simonetta Puccini per avermi dato l’opportunità di dipingere dentro il giardino. Poi mi sono trasferita alla Villa del Castellaccio a Uzzano dove il “Sor” Giacomo soggiornò e scrisse due atti della Bohème. In particolare, ho concentrato la mia attenzione sulla fontana del giardino, un luogo magico; per questo

Villa Puccini, Torre del Lago (LU), olio su tela, cm 70x50

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CRISTINA FALCINI

Gran Caffè Margherita, Viareggio (LU), olio su tela, cm 40x50

L'ulivo, Uzzano (PT), olio su tela, cm 50x70

ringrazio il conte Guido Anzilotti per la disponibilità dimostrata nei miei confronti. Inoltre la mia ricerca mi ha portato, ed era inevitabile, anche a Lucca alla Casa Natale e a Viareggio al Gran Caffè Margherita che lui frequentava abitualmente. Il pubblico quando e dove potrà vedere Nel segno di Puccini? La mostra è stata rimandata ad altra data e questo mi consentirà di poter realizzare nuove opere; grazie ad un’amica, che mi ha dato ulteriori informazioni, ritrarrò altri luoghi pucciniani. Ringrazio inoltre tanti amici per il supporto che mi hanno dato e in particolare Lorenzo Pacini, scrittore e critico d’arte, per il testo critico che ha scritto sul mio lavoro. Villa del Castellaccio, Uzzano (PT), olio su tela, cm 80x60

Tenacia, curiosità e amore per il colore: i “colori” della tavolozza di una professionista affermata di Lorenzo Pacini

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ristina Falcini risiede a Scarperia nel Mugello, ma è nata a Prato nel 1964. Fin dalla prima fanciullezza, addirittura ai tempi dell’asilo, si è trovata tra le mani le matite colorate con le quali descrivere i sogni e le aspirazioni di una bambina che voleva volare con la fantasia. I suoi primi esperimenti coi colori ad olio che diluiva con acqua (parliamo di quando aveva 9-10 anni), si risolsero in pasticci alquanto deludenti che ben presto furono superati dall’acquisizione delle tecniche indispensabili. Per questo le fu d’aiuto la frequentazione della Scuola Leonardo da Vinci di Prato; aveva 14 anni e da questa esperienza trascorsa con allieve più grandi di lei, apprese l’amore del fare oltre a quella per il colore che già era latente in lei. Quello che ha da sempre stimolato la sua arte è la grande passione, una passione vissuta con i piedi per terra, ma con la testa tra le nuvole: la sperimentazione, la voglia di migliorare, la forza e la determinazione hanno fatto tutto il resto. In compagnia del suo fidanzato ed attuale marito ha chiesto aiuto ad un pittore livornese, Pierluigi Boldrini, il quale, come fa un maestro di nuoto non convenzionale, una volta posta davanti ad un soggetto dal vero e messo a disposizione tavolozza e colori, l’ha stimolata a fare da sola, senza salvagente se non qualche indicazione a distanza. Da quella esperienza, per certi versi traumatizzante, l’artista, facendo di necessità virtù, ha imparato a nuotare, e così, da quel primo quadro dal vero, non ha più smesso ed ha continuato a farlo, sempre con maggior vigore e soddisfazione nei risultati. Le prime mostre risalgono agli anni Ottanta: esponeva nature morte e fiori e spesso paesaggi che trasformava in veri e propri “paesaggi della memoria”, dove faceva confluire, oltre alla visione dal vero, aspetti che ricavava dal suo stato emozionale e partecipativo. Fal-

cini ama le estemporanee (dove ha sempre ottenuto lusinghiere affermazioni), perché le permettono di realizzare l’opera nell’arco della giornata. Fa parte del suo temperamento e dell’essere tenace e volitiva il non voler rimandare quello che il suo cuore d’artista pretende di ultimare; le emozioni non si possono delegare e, nel suo caso, solo la Cristina Falcini mentre dipinge en plein air visione dell’opera finita le può acquietare. I paesaggi di Cristina Falcini hanno un respiro particolare, unito alla luminosità che marca le scene diurne. Sono un tripudio di colori e sensazioni di colore, con cui, per dirla con Leopardi, “il cor si riconforta”; in esse si avverte il palpito emotivo grazie al quale Cristina è capace di affrontare, portare avanti e far evolvere il suo modo di dipingere. L’artista ci accompagna per mano nella silenziosa intimità delle vedute toscane avvolte nel silenzio, quando i soli ad ergersi sono i colori che mantiene sempre vivi, avvolgenti e delicati. Una tavolozza da “professionista affermata” che ha unito con armonia ogni tassello del suo sapere, grazie ad una grande tenacia, al desiderio di esprimere se stessa e di dare completezza a quel sogno che da bambina (inesperta) la vedeva pasticciare tra matite e colori trovati per caso.

CRISTINA FALCINI

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Incontri con l’arte A cura di Viktorija Carkina

Maria Beatrice Coppi Allieva di Salvatore Cipolla, si dedica alla pittura e alla scultura unendo studio, passione e uno spiccato senso plastico di Viktorija Carkina

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om’è cominciata la sua carriera artistica?

Fin da subito mi sono appassionata alla pittura, a cui ho dedicato tanti anni della mia vita. Lavoravo con la spatola e riflettevo sulla componente materica che volevo donare ai miei dipinti. Inizialmente ho coltivato questa passione da autodidatta e poi negli studi dei pittori. Ho studiato per tutta la vita e anche dopo la nascita dei miei figli ho continuato il mio percorso a Firenze presso l’Accademia Internazionale dell’Arte. Oltre agli insegnamenti ricevuti dagli artisti, ho imparato molto anche dai miei figli. Siamo abituati a pensare che spetti soltanto a noi genitori educare i figli, mentre in realtà è uno scambio reciproco di esperienze, valori e riflessioni. Dopo un lungo percorso pittorico perché ha deciso di passare alla scultura?

Anche se amo il linguaggio pittorico, la mia curiosità e voglia di sperimentare mi hanno portato a fare il confronto con un ulteriore genere artistico. Come maestro di scultura ho avuto Salvatore Cipolla, artista che stimo molto soprattutto per le sue opere pubbliche. Aveva una scuola privata a Vernio dove accettava non più di sette alunni. Dopo essere entrata a far parte del suo corso, mi assegnò il mio primo compito, ovvero realizzare un bozzetto. È stata un’esperienza indimenticabile che ha influenzato notevolmente il mio percorso futuro. Ho eseguito il bozzetto con grande cura, perfezionismo ed attenzione ad ogni dettaglio. Quando però Salvatore lo vide, mi disse di buttarlo via. Rimasi stupita, in quanto quello schizzo era il frutto di una settimana di lavoro. Quel giorno ho capito che il linguaggio della scultura moderna era ben diverso da quel-

La creazione (2021), acrilico su tela, cm 50x70

lo della pittura e per poterla affrontare bisognava imparare ad avere un approccio fresco e completamente nuovo rispetto a quello che si ha dipingendo su tela. Due anni di questa scuola mi hanno aperto nuovi orizzonti. Secondo lei, quali sono le differenze tra pittura e scultura? Ho capito che nella scultura bisogna imparare a rappresentare le cose che si vedono ma che non ci sono. Bisogna lasciare alle spalle il disegno minuzioso e affrontare la concezione della sintesi. In ogni mia opera scultorea si percepisce il soggetto, si riconoscono le donne incinte, gli abbracci, i guerrieri, anche se non sono mai rappresentati in maniera dettagliata. Lavoro molto con le forme e con le linee di contorno, tuttavia considero la mia scultura leggibile e non astratta. Con le mie opere spero di riuscire ad instaurare un rapporto con lo spettatore. Oggi il mio amore per la materia mi ha portato a dedicarmi più alla scultura che alla pittura. In questo campo mi dedico a numerose sperimentazioni, per esempio ho imparato a lavorare con i vetri soffiati, nonostante la difficile tecnica di esecuzione.

Migranti (2022), acrilico su tela, cm 60x80

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MARIA BEATRICE COPPI

Amanti (2021), resina epossidica nera opaca,

Incompiuta (2022), bronzo, cm 22x35x11

cm 30x55x25

In alcune sue opere mette in evidenza le particolarità corporee, come a suggerire che la bellezza sta nell’unicità di ogni individuo: è così? Sì, è così. Nell’opera Incompiuta, ad esempio, è rappresentata una donna senza un seno e senza un braccio, però è bella lo stesso. Volevo sottolineare la bellezza femminile in sé. Oltre al corpo femminile, ha eseguito numerosi ritratti di donne. Cosa la attira particolarmente in questo soggetto? Scelgo di ritrarre le donne anziché gli uomini perché i nostri occhi parlano. Una donna non ha bisogno di dare risposte a voce, ma risponde con lo sguardo. Secondo me, l’artista deve rappresentare il tempo in cui vive. Per questo nelle mie opere vengono affrontati temi sociali come la violenza sulle donne e le problematiche e i pericoli che sono costretti ad affrontare i migranti. Ha spesso rappresentato battaglie e cavalli da combattimento: che significato hanno per lei? Sono le battaglie della vita che prima o poi deve affrontare ognuno di noi. Purtroppo nessuno ha una vita sem-

Abbraccio (2021), resina epossidica e pietra, cm 53x120x35

pre serena e lineare, nella vita bisogna sempre lottare, che sia una lotta per la carriera, contro le malattie o contro il tempo. Le mie opere rispecchiano il mio mondo interiore, perciò le numerose battaglie personali hanno lasciato il loro segno sulle mie tele. In più, le battaglie sono caratterizzate dal movimento, elemento che, a differenza della staticità, crea forti emozioni in me, dandomi tanta ispirazione. Anche la mia lavorazione è dinamica e spontanea. Una volta incontrata l’ispirazione, dipingo d’un tratto, senza immergermi in una lunga meditazione sull’opera. Tra le sue tante mostre, ce n’è una che ricorda in particolare? E, infine, i suoi progetti futuri? Ricordo con grande affetto la mia mostra personale ad Arezzo quando ho esposto alla Galleria d’Arte Moderna, nell’anno 2000 circa. Anche ora sto preparando una mostra, dove saranno esposte sia sculture che tele astratte. Ringrazio il destino che mi ha donato una longeva vita artistica con tanti successi e riconoscimenti sia in Italia che all’estero in un mondo in cui le scultrici sono tuttora un po’ adombrate dalle stigmate della società.

Battaglia (2016), tecnica mista su cartone telato, cm 25x70

MARIA BEATRICE COPPI

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Botteghe artistiche in Toscana

Casa della Cornice e della Specchiera Dal 1967, i maestri che “incorniciano” l’arte e la bellezza a Firenze di Jacopo Chiostri

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’incontro con Giovanni e Marco Pelacani, padre e figlio, corniciai a Firenze, è il racconto della storia di un’azienda di successo e una riflessione sul “rapporto” che esiste tra la cornice ed il quadro. La Casa della Cornice e della Specchiera – questo il nome dell’azienda – ha due sedi: una in via Pietro Toselli 23 G/R, l’altra in via Sant’Egidio al 26 rosso. In via Toselli troverete Giovanni Pelacani, che, tra parentesi, è prossimo a festeggiare cinquant’anni di attività; in via Sant’Egidio si trova invece il figlio. L’attività è nata in quest’ultima sede, nel 1967, per iniziativa del suocero di Giovanni, Marino Braschi, precedentemente ristoratore e titolare del ristorante Mario alla Nave a Rovezzano. Quando nel 1966 l’alluvione spazzò via il ristorante, Braschi, che già, per passione, bazzicava l’ambiente dei pittori ed era appassionato di quadri, notò un fondo chiuso in via Sant’Egidio, una corniceria in dimissione: fu l’inizio. Il successo arrivò subito grazie ad una formula per l’epoca innovativa: un magazzino fornitissimo con cornici di tutte le dimensioni standard già pronte; se in altre botteghe le cornici occorreva ordinarle e poi aspettare, lì il cliente entrava e usciva con la cornice in mano. La formula si dimostrò vincente e la fama della bottega di via Sant Egidio arrivò un po’ ovunque. «Venivano da tutta Italia» racconta Marco Pelacani, mentre Giovanni ricorda quello che a buon ragione si può considerare un record: «Nel 1970 vennero vendute 59.000 cornici!». Altri tempi. Quando si arredava casa anche la famiglia più modesta ci teneva ad avere il bel quadretto; le opere giravano, certi pittori pagavano in quadri il fruttivendolo, il barbiere, nelle gallerie era raro che qualche opera restasse invenduta. Poi negli anni molte cose sono cambiate, tanti corniciai non hanno retto alla contrazione del mercato, e la crisi, manco a dirlo, ha colpito soprattutto chi non ha sapu-

La sede storica di via Sant’Egidio

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LA CASA DELLA CORNICE

Marco Pelacani con due cornici monumentali

Il negozio in via Toselli

Da sinistra, Giovanni Pelacani con il maestro Fernando Botero

to stare al passo coi tempi. Al solito a fare la differenza è rimasto quel mix magico che mette assieme qualità e rapporto col prezzo. «È vero – spiegano a una voce i Pelacani –, contano qualità, esclusività dei prodotti che impieghiamo e ricerca sempre di nuovi materiali, e poi la capacità di lavorare in squadra: ogni fase della lavorazione è affidata a un specialista diverso, il decoratore, il falegname, l’intagliatore, chi sa usare il gesso». Un lavoro, sia detto per inciso, assolutamente ecologico, perché i materiali impiegati sono tutti naturali: terre, gesso, colla di coniglio e di pesce. La scelta delle materie prime è fondamentale, fa la differenza, così come, ovviamente, la loro lavorazione; prodotti come il bolo armeno, la foglia d’argento, la foglia d’oro a 24 carati sono trattate nel rispetto assoluto della tradizione fiorentina. Dalle due botteghe è passato il fior fiore dell’imprenditoria italiana, Gucci, Ferragamo (per quest’ultimi sia per arredi privati che per il museo di Piazza Santa Trinita), per citare i primi due nomi che vengono in mente, pittori del calibro di Botero e Annigoni e un numero infinito di altri. Manufatti usciti dai due laboratori hanno incorniciato opere di Giovanni Boldini, de Chirico, Picasso, e anche qui la lista sarebbe infinita. I Pelacani hanno lavorato

per le grandi catene alberghiere; di recente per gli arredi nelle suite del fiorentino Palazzo Portinari Salviati in via del Corso e del ristorante di Vito Mollica Chic Nonna (una stella Michelin) nel medesimo complesso, e per il rifacimento del portale di Villa Medici, per cui è stato riprodotto uno stile risalente ad almeno due secoli fa, in argento e con doratura. Tra i loro committenti gli Uffizi, l’Opera del Duomo, l’Accademia e il Conservatorio Cherubini. Ma quanto conta la cornice per valorizzare e completare un quadro? La risposta di Marco Pelacani è drastica: «Una bella donna resta una bella donna anche se è vestita in maniera approssimativa, con un bel vestito non vi è dubbio che viene valorizzata». Il guaio, a suo dire, è che succede sempre più spesso che la richiesta del cliente non tenga conto dell’opera da incorniciare ma dell’arredamento dell’ambiente al quale il quadro è destinato, e su questo il Pelacani padre è assolutamente d’accordo: «L’errore è considerare la cornice un complemento d’arredo, mentre è il complemento del quadro; questa convinzione, che oggi hanno in tanti, con tutta probabilità si deve alle grandi catene di arredamento. Noi possiamo solo consigliare, ma certo non fa piacere quando ti viene chiesto, e mi è successo, di incorniciare un “macchiaiolo” con una cornice bianca». Sul fatto che oggi, sempre più spesso, nelle gallerie si vedano quadri esposti senza cornice i Pelacani hanno le idee chiare: «Con tutta probabilità si fa di necessità virtù, per tanti artisti non sono tempi facili, però bisognerebbe ricordare che un quadro si vende mille volte meglio se è incorniciato, e del resto, si è mai visto un quadro importante, un de Chirico o un Raffaello senza cornice?». www.casadellacornice.com  Casa della Cornice e della Specchiera  casa_della_cornice

LA CASA DELLA CORNICE

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Anteprima mostre

Alla Fornace Pasquinucci dal 14 gennaio la tripersonale “Labili confini”

di Jacopo Chiostri

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’inaugura il prossimo 14 gennaio, presso la Fornace Pasquinucci a Capraia Fiorentina, la mostra Labili confini con opere delle pittrici Lorella Consorti e Silvana Livi e dello scultore Piero Bertelli. Il titolo dell’evento conduce al cuore della corrispondenza più evidente nel lavoro dei tre artisti: il loro rifiuto di confinare la personale espressività in uno spazio delimitato, racchiuso, appunto, entro una linea di confine. Lorella Consorti propone opere in cui la figurazione abdica ai canoni classici, quelli notori, e offre una rappresentazione inedita, che ugualmente ci appare familiare in quanto colma una lacuna di cui diveniamo coscienti non appena viene saturata; pittura definita “impressionista” e anche espressionista in ragione della sua spiccata soggettività, in realtà presenta anche connotazioni surreali, intendendo però un surreale che non è quello di bretoniana memoria, bensì la creazione di una realtà nuova, possibile, pregna di sollecitazioni per lo spettatore. Altrettanto impossibile da imprigionare appare la scultura di Bertelli, formalmente virtuosa, perfino calligrafica (quando occorre), poi però capace di occupare lo spazio, in cui agisce, con stilemi di rara eleganza e leggerezza, una conferma, profondamente impattante, degli esiti della ricerca di quest’artista che guarda oltre, scavalca limiti spaziali e li-

bera attorno la propria forza evocativa ricca, assieme, di purezza di linguaggio ed autorevolezza dogmatica. Intima, profonda, proposta per il tramite di un alfabeto complesso, ricco di tutto quanto occorre per esprimere e, nello stesso tempo, forse per pudore oppure, e poco importa, per ritrosia, le convinzioni dell’artista, la pittura di Silvana Livi si presenta libera dal giogo di dover essere verità; lei propone enigmi, non risposte. Nel suo mondo s’incontrano forme e colori che prima s’ignoravano, ciascuno necessario all’altro, ciascuno eco della potenza dell’inconscio, la cui forza si traduce in un racconto a volte eufonico, altre stridente, giacché il suo “compito” è raccontare le intenzioni mutevoli dell’artista, la sua interpretazione del mondo, i suoi stati d’animo. Lorella Consorti, presidente della Fornace Pasquinucci, ha un lungo chorus line di esposizioni: Aulla, Castello Malaspina nel 2012 per il 1° premio Ho diritto a; Sale del Bramante, Roma, 2012, selezione Open Art; Biennale Arte Palermo, 2013, inaugurata da Vittorio Sgarbi; Amici, 2014, Palazzo Stella Genova, selezione Satura Art Gallery; Museo Silvana Livi

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FORNACE PASQUINUCCI

Lorella Consorti

Mit Torino, Collezione Italia Arte, 2014; collettiva Royal Art Gallery, Londra, 2014; targa d’argento, Cardo d’argento di Gadarte, 2014; personale Banca di Cambiano, Montelupo, 2015; Premio Firenze, 2014; Premio Firenze, 2016; Genova Arte Expo, 2014; 2014, pubblicazione Annuario Artisti Arte Contemporanea, a cura di Vittorio Sgarbi, con l’opera Manhattan; Milano Expo, 2015, Museo dell’Energia; Biennale Arte, 2015, Palermo inaugurazione di Vittorio Sgarbi; personale Palazzina Cacciatori, Villa Medicea Cerreto Guidi; Primo premio Drappo - Palio dei Ragazzi, 2015; Notte di Isabella, Cerreto Guidi 2015, 2016, 2017, 2018; Artisti per il Giubileo, mostra su selezione, Palazzo Maffei Scotti, Roma, Patrocinio Vaticano; Museo Levi, Palermo, 2017; Collezione Sgarbi, 2018, pubblicazione e recensione opere; Premio Ponte Vecchio, Toscana Cultura, 2019; personale Abbazia San Galgano, 2019; personale Sala della Compagnia San Michele Arcangelo a Pontorme; Sergio Nardoni e la sua scuola, partecipazione come allieva, Palazzo Malaspina San Donato, Barberino e Tavarnelle. Il rapporto di Piero Bertelli, oggi più che ottuagenario, con la scultura risale ai suoi quindici anni quando fu assunto dalla Fonderia Marinelli a Firenze con il compito di ritoccare le cere e creare modelli. All’epoca ebbe anche l’opportunità di studiare disegno con i più noti pittori della zona e, dal 1959 al 1961, frequentò la Scuola del Nudo dell’Accademia di

Piero Bertelli

Belle Arti di Firenze. Ancora giovanissimo apprese il metodo della cera persa, le rifiniture del ritocco e i segreti della patina. Nello studio della fonderia si affidavano a Bertelli scultori del calibro di Berti, Moschi, Innocenti e Tofanari. Bertelli ha gestito la Fonderia Marinelli fino al 1998 e tuttora prosegue la sua attività di scultore. Nel 1970 ha ricevuto il Premio Nazionale per lo Sport e l’Arte al Palacongressi a Firenze; nel 1984 il premio Lyceum per l’arte della scultura a Milano. Celebri le sue sculture Patrizia, Donna allo specchio, Adolescenza, La fontana dei Marlyns. Espone in permanenza presso la galleria d’arte Bazzanti e Figlio a Firenze. Silvana Livi, nata a Empoli, dove tuttora lavora, risiede su di una collina nei pressi di Cerreto Guidi. Ha imparato la pittura da autodidatta, ma poi ha frequentato scuole fondamentali per la formazione artistica quali l’Accademia a Firenze, la Scuola Libera del Nudo e quindi corsi specifici di tecnica di pittura; decisiva per affinare definitivamente la propria personalità di pittrice e per la sua maturazione artistica è stata poi la frequentazione, dal 1991, dello studio del pittore Antonio Biancalani. L’attività espositiva è invece antecedente e risale ai primi anni Ottanta con esposizioni collettive, tra cui quella della Scuola d’Arte “Fontanarosa” al Palazzo Comunale di Empoli nel 1988, importante perché fu in quell’occasione che l’artista s’impose all’attenzione della critica.

FORNACE PASQUINUCCI

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I maestri dell’architettura A cura di Margherita Blonska Ciardi

Dorota Szlachcic

L’architetta polacca che ricostruisce i biotopi finalista al concorso internazionale Impax a Londra di Margherita Blonska Ciardi

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l riscaldamento climatico, la continua espansione urbana e lo sfruttamento selvaggio del suolo che porta a massicci disboscamenti, hanno provocato uno squilibrio dei biotopi e l’estinzione di diverse specie animali e di piante che non riescono più a trovare l’habitat favorevole alla loro esistenza. Questo problema riguarda specialmente gli ambienti acquatici dove la pesca globale eccessiva, la grande quantità di inquinamento da plastica e il surriscaldamento compromettono l’esistenza degli ecosistemi. In questo modo, zoo e acquari possono promuovere la tutela della biodiversità e consentire ai visitatori di godere di uno stretto contatto Vista d’insieme dell’Afrykarium nello Zoo di Breslavia con il mondo sottomarino, che rappresenta la natura sopravvissuta. Purtroppo, nel Ventunesimo se- riali più innovativi e al grande sentimento e rispetto per la nacolo, i soli rifugi sicuri in cui le specie in pericolo di estinzione tura, hanno dato come risultato un brand costruttivo nuovo ed possono sopravvivere sono le riserve naturali, i parchi e i giar- unico nel mondo, tanto che le sue realizzazioni architettonidini zoologici gestiti dall’uomo. Gli animali nati in cattività non che nel settore della pubblica utilità sono state molto apprezsono più capaci di procurarsi il cibo da soli e la loro vita di- zate a Londra durante la selezione per la finale del concorso pende totalmente dagli ambienti artificiali ricostruiti. Queste internazionale d’architettura Impax, dove Dorota Szlachcic si problematiche, oggi globali, hanno suscitato l’interesse della è qualificata come una tra le migliori al mondo. Laureata alfamosa architetta polacca Dorota Szlachcic che, appassiona- la Facoltà di Architettura dell’Università della Scienza e della ta di questi temi, cerca di ricostruire i biotopi che stanno spa- Tecnologia di Breslavia (Polonia), Dorota è attualmente prerendo e che sono la casa di diverse piante ed animali. La sua sidente del consiglio di amministrazione, capo progettista e fantasia progettuale, unita alla ricerca tecnologica dei mate- leader del team di progettazione oltre che proprietaria di Szlachcic Architekci sp. zo.o., titolare di ArC2 Fabryka Projektowa sp. z o.o. e comproprietaria di MS Ocean s.k. Dal 2009, ha realizzato principalmente progetti biologici tra i più prestigiosi al mondo. Tra i più importanti, l’Africarium-Oceanarium della città di Wroclaw (il più grande oceanario d’Europa e l’unico al mondo dedicato all’Africa), l’oceanario di Namibe in Angola e il complesso comprendente l’allevamento e l’esposizione di animali dell’Asia-Orientarium, commissionato nel 2021 sul sito di quasi tutto il giardino zoologico modernizzato di Łódź. Lo studio Szlachcic ArIl recinto dell’Afrykarium

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DOROTA SZLACHCIC

chitects è attivo anche nell’organizzazione, con i progettisti di Biotope Hub, di strutture biologiche in tutto il mondo. Nei suoi progetti, l’architetta cerca di immedesimarsi negli ambienti dove vivono le specie protette e in estinzione, ricostruendo il loro ecosistema con le nuove tecnologie come ad esempio strutture acriliche trasparenti. Inventando la parte funzionale, Dorota spesso inverte i ruoli che fino ad ora venivano adottati nella progettazione dei parchi zoologici. Secondo la celebre architetta, l’intruso è lo spettatore che deve essere delimitato dall’animale e non è l’animale a dover essere chiuso nel recinto. In quest’ottica, la progettista sceglie l’uso di terrazzi e ponti per creare camminamenti per il pubblico e recinti che Afrykarium (interno) riprendono la forma degli alberi in modo che gli animali possano vivere indisturbati e spesso non accorgersi nemmeno di essere osservati. La sua idea progettuale si basa sull’osservazione di madre natura seguendo i concetti umanistici di Leonardo da Vinci. Dorota Szlachcic viaggia moltissimo per realizzare i suoi progetti, studiare gli ambienti, la fauna, la flora e la vita degli animali. Dedicandosi spesso alla costruzione di strutture che riguardano gli ambienti acquatici, da tanti anni è anche un’esperta ed appassionata subacquea, capace di immergersi a profondità elevate e con climi molto torridi. Il suo amore per la natura e per l’architettura si traduce in progetti molto originali che portano tanto turismo e di conseguenza Afrykarium (esterno) aumentano notevolmente i budget delle città e fanno sì che le sue prestazioni siano sempre più ricercate nel mondo. L’Afrykarium dello Zoo di Breslavia è stato il primo acquario in Polonia. Nel 2017 è stato riconosciuto come meraviglia biologica del mondo ed è una delle attrazioni a pagamento più visitate in Polonia. Ad ottobre 2023, Dorota Szlachcic sarà ospite della Biennale d’Arte Contemporanea di Firenze, dove parlerà della sua esperienza professionale e dell’architettura intesa come la più alta espressione dell’arte a servizio del pubblico. Il suo approccio progettuale rispecchia molto il tema della Biennale 2023 “I am You”, perché richiama l’identificazione dell’architettura con l’ambiente, capovolgendo spesso i ruoli e sciogliendo i vecchi dogmi. Una ricerca necessaria a far nascere l’architettura vista come opera d’arte che soddisfa il pubblico e rende dignitosa la vita delle specie protette, traducendo tutto questo in una forma sostenibile ispirata dalla natura.

www.fratellicaralli.bigmat.it

sede di Via F.lli Rosselli 8,Massa E Cozzile (PT) Tel: +39 0572 79338 Mail: [email protected]

DOROTA SZLACHCIC

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Movimento Life Beyond Tourism Travel To Dialogue

La rete dei Luoghi Parlanti® si apre al sociale Firmata la convenzione con “La Melagrana” per promuovere una sana relazione tra persone e ambiente di Stefania Macrì

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rosegue lo sviluppo della rete dei Luoghi Parlanti®, l’iniziativa di Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue in collaborazione anche con Touring Club Italiano, che promuove un nuovo concept di turismo sostenibile tra tecnologia e passaparola e che adesso si apre ai centri che operano nel settore degli interventi assistiti con gli animali. È stata infatti firmata lo scorso dicembre una convenzione tra il Movimento Life Beyond Tourism -Travel to Dialogue ed il centro di apprendimento “La Melagrana”, che prepara operatori del settore e collabora con la cooperativa sociale La città degli asini con sedi a Bussolengo (Verona) e Polverara (Padova), che diventano ufficialmente Luoghi Parlanti tramite l’apposizione delle targhe interattive all’ingresso delle due sedi. In questo modo la rete dei Luoghi Parlanti si mette a servizio delle realtà che operano in ambito sociale, valorizzando quei centri che, entrando a far parte di un network internazionale che annovera tra le adesioni Repubblica Ceca, Georgia, Slovacchia, Azerbaijan, Ucraina, Polonia, Russia, potranno sfruttarne le potenzialità per promuoversi sia ai visitatori locali che a quelli “virtuali”. I due centri di Bussolengo e Polverara potranno raccontarsi a visitatori e passanti proprio tramite le targhe interattive, che si “attiveranno” grazie allo smartphone. Avvicinando infatti il telefono all’apposita placca ed inquadrando il QR code sopra di essa sarà possibile interagire con i due centri de La città degli asini, conoscerne la storia, le attività e molto altro, favorendo così un’esperienza di inclusione tra chi visita e chi abita i territori e innescando una relazione di dialogo capace di trasformare il visitatore in un “residente temporaneo” del luogo che lo

ospita. La convenzione sancisce anche la partecipazione del Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue, in qualità di formatore, al Master per Responsabili di Centro, organizzato da “La Melagrana”, sulle tematiche di analisi del business, web marketing e social media marketing e creazione di uno storytelling per il Luogo Parlante del centro. Contestual- La targa dei Luoghi Parlanti mente alla stipula della convenzione viene lanciata anche una selezione per la creazione del primo itinerario di Centri di IAA (Interventi Assistiti con Animali) parlanti. Grazie, infatti, alla collaborazione fra Movimento Life Beyond Tourism - Travel to Dialogue e “La Melagrana”, una selezione di centri che erogano servizi di interventi assistiti con animali potranno essere inseriti nel programma speciale Luoghi Parlanti® con “La Melagrana”. Basterà raccontare il centro attraverso testi, video e immagini, dopo di che verranno scelti i dieci più meritevoli, ai quali verrà assegnata la targa di Luogo Parlante, che consentirà loro di entrare a far parte della rete. «Siamo particolarmente orgogliosi di aggiungere alla rete dei Luoghi Parlanti re-

Carlotta Del Bianco (seconda in piedi da sinistra), presidente di Life Beyond

L’accordo con la cooperativa sociale La città degli asini

Tourism, con i rappresentati del centro “La Melagrana”

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MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

altà che operano nell’ambito degli interventi assistiti con gli animali – commenta Carlotta Del Bianco, presidente del Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue società benefit –; la nostra missione è quella di favorire la conoscenza della diversità delle espressioni culturali dei territori con il loro saper fare, con l’obiettivo di tutelare il patrimonio culturale dei luoghi, e chi opera con gli interventi assistiti con animali esprime una delle forme più preziose del saper fare di quei territori. Prima di tutto perché favorisce una relazione sana tra le persone e l’ambiente, inoltre i loro interventi valorizzano l’individuo e le sue caratteristiche,

mettendolo al centro di un processo di acquisizione di consapevolezza che favorisce inclusione, etica, biodiversità e impatto positivo sull’ambiente circostante». «La collaborazione con i Luoghi Parlanti è un’opportunità importante per far conoscere e valorizzare a livello nazionale ed internazionale il ruolo dei centri che erogano Interventi Assistiti con gli Animali (I.A.A), i quali favoriscono una relazione sana e costruttiva tra le persone, gli animali e l’ambiente del proprio territorio di riferimento. Ringrazio per questa opportunità nella condivisione di reciproci valori e ideali», ha spiegato Lorena Lelli, direttrice de “La Melagrana”.

I Luoghi Parlanti Lanciati nel 2021, i Luoghi Parlanti® contano già l’adesione di oltre venti territori italiani, da Trieste a Roma, da Milano a Napoli, da nove comuni del Mugello in Toscana alle Terre Canavesane in Piemonte, oltre a Palazzo Coppini a Firenze, dimora storica, museo e centro congressi internazionali, sede del Movimento. Edifici storici, opere d’arte e monumenti, ma anche percorsi tematici e monografici, come quello attivato lo scorso settembre che dà voce a trentasette tabernacoli fiorentini, gioielli d’architettura nascosti in piena vista per le strade della città (in collaborazione con Amici dei Musei e dei Monumenti Fiorentini), o il nuovissimo itinerario in undici tappe sulle tracce di padre Balducci tra la Maremma, Firenze e Roma, per celebrarne il centenario dalla nascita e rileggere, attraverso la sua figura di uomo di pace, i luoghi che ne hanno segnato il percorso raccontando al contempo lo sviluppo delle idee per il rinnovamento della società italiana nella seconda parte del XX secolo e stimolando la conoscenza di un’area fra la Toscana e il Lazio che ha moltissimo da offrire al viaggiatore di oggi (in collaborazione con Fondazione Balducci, presentazione ufficiale prevista a inizio 2023). Un network saldamente affermato sul territorio nazionale e oltre. In maggio, grazie alla solida collaborazione con Czech Tourism, consolato onorario della Repubblica Ceca per la Toscana e ambasciata della Repubblica Ceca a Roma, anche Praga e i tredici distretti della Repubblica Ceca sono diventati “parlanti”, andando ad aggiungersi alle altre località che hanno aderito al progetto nel corso dell’anno: le città di Łódź in Polonia, Ivanovo in Russia, Odessa in Ucraina e Baku in Azerbaijan, solo per citarne alcune. Il “Canada Ceco”, verdissimo angolo di natura da esplorare nella Boemia del sud, o i sontuosi giardini di Kroměříž, in Moravia, si rivelano per accompagnare chi lo desidera oltre i tragitti consueti, e a breve in programma l’attivazione di un percorso nella regione

di Liberec, tutto dedicato al cristallo di Boemia. È qui infatti che, più di quattrocento anni fa, grazie ad un caso di spionaggio industriale ante litteram, venne creato il prezioso materiale così capace di somigliare ad una pietra preziosa: un distretto ancora poco conosciuto dal turismo, eppure perfetto per fare shopping nelle numerose fucine e negozi, immergersi nelle atmosfere slow anni Cinquanta dei piccoli villaggi e nel paesaggio ancora integro. Inoltre, per la prima volta, nel 2022 i Luoghi Parlanti® sono arrivati in Africa: la Comunità Urbana di Bertoua, in Camerun, è stata la prima del continente a prendere parte al network con la consegna di ben dieci targhe che danno voce al patrimonio intangibile del paese. Una collaborazione nata grazie all’Unione delle città e delle amministrazioni locali dell’Africa e coronata nell’ambito di The world in Florence, festival delle culture ideato e organizzato a Firenze da Fondazione Romualdo Del Bianco e Movimento Life Beyond Tourism – Travel to Dialogue. Presente nel 2021 in veste di uditore, il Camerun ha partecipato all’edizione 2022 – tenutasi dal 15 al 18 novembre tra il complesso monumentale di Santa Croce e Palazzo Coppini – con uno storytelling mirato ad approfondire l’identità del paese tramite dieci topic specifici, che al termine della manifestazione sono stati trasformati in altrettanti Luoghi Parlanti® per l’esordio ufficiale del progetto in Africa.

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l Movimento Life Beyond Tourism Travel to Dialogue srl è una società benefit. Nasce e si sviluppa seguendo i princìpi di Life Beyond Tourism®, ideati dalla Fondazione Romualdo Del Bianco al fine di promuovere e comunicare il patrimonio naturale e culturale dei vari territori insieme alle espressioni culturali, il loro saper fare e le conoscenze tradizionali che custodiscono. Offre progetti e soluzioni di visibilità e rafforzamento delle identità locali dei vari luoghi, crea eventi basati sul dialogo tra il territorio e i suoi visitatori grazie a una rete di relazioni internazionali di alto prestigio.

Per info: + 39 055 290730 [email protected] www.lifebeyondtourism.org

MOVIMENTO LIFE BEYOND TOURISM TRAVEL TO DIALOGUE

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Nuove tecnologie e società

Le Gallerie degli Uffizi virali su TikTok di Aldo Fittante

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’arte delle Gallerie degli Uffizi diventa pop e sbarca sui social per andare incontro ai giovani. Infatti, il museo fiorentino, tra i più importanti al mondo, durante la pandemia ha aperto il suo canale sul social network più utilizzato e presidiato dagli adolescenti. Su TikTok, i video sono brevissimi, non più di quindici secondi, tutti veloci, ma soprattutto ironici e scherzosi: all’apparenza, il mondo più lontano che esiste dagli Uffizi, invece, non solo funziona, ma funziona meglio di tutti, con 141 mila follower e più di 1.5 milioni di like. L’idea è del direttore Eike Schmidt che, nel 2020, ha approfittato della chiusura del museo per attuare una strategia che potesse avvicinare i giovani al mondo dell’arte. Secondo Schmidt, l’immagine pubblica della galleria era rimasta come intrappolata in un’era preistorica con ben poco da offrire alle giovani generazioni. Da questa convinzione è partita la decisione di cercare di costruire un pubblico globale per la galleria utilizzando i social media, e TikTok è risultata la migliore piattaIn questa e nelle altre foto alcune delle campagne social degli Uffizi su TikTok

forma per raggiungere questo obiettivo, piuttosto che optare per le campagne Twitter, Facebook o Instagram. E così i protagonisti delle opere d’arte prendono vita: dal cavaliere Pietro Secco Suardo, che si aggira per i corridoi degli Uffizi in cerca di una festa, alla Sacra Famiglia del Tondo Doni di Michelangelo che fa pesi con il Bambino, passando per le hands up di Eleonora di Toledo del Bronzino. Uno dei video che ha riscosso più successo, è quello che presenta un’infezione virale animata che si vede danzare attraverso la galleria: il suo sguardo cade sulla raffigurazione di Caravaggio della mitica Gorgone, Medusa. Dato che le Gorgoni erano in grado di trasformare in pietra qualsiasi cosa le guardasse, non sorprende che il video mostri il virus trasformarsi in una roccia e rompersi in mille pezzi. In un tocco spensierato, la figura nel dipinto è mostrata indossando una mascherina. La musica pop viene utilizzata per accompagnare l’azione, questa volta con Cardi B, rapper americana, che for42

GALLERIE DEGLI UFFIZI

nisce la colonna sonora. Si tratta quindi di portare l’arte su uno strumento che la “Generazione Z” tiene perennemente tra le mani, con un approccio ironico e leggero che serva a stimolare nel modo più immediato possibile la curiosità verso l’arte di chi, da solo, non si avvicinerebbe alla cultura “alta”. La strategia social, in particolare su TikTok, è quella di stimolare la curiosità personale in direzione dell’approfondimento, lasciando poi che ognuno faccia il passo ulteriore verso la scoperta del museo. Come afferma lo stesso Eike Schmidt, infatti, «i numeri dei giovani che vediamo sui social si traducono in vi-

site reali al museo: in questo sta il vero successo degli Uffizi su TikTok. I ragazzi e le ragazze scoprono le nostre opere sui social e poi vengono a conoscerle dal vero in galleria. Questo è confermato dall’aumento della loro presenza nelle sale del museo e da una partecipazione sempre più forte alle nostre iniziative didattiche». E i numeri confermano tutto: dopo l’impennata di visitatori (+27%) registrata dal museo in seguito alla visita di Chiara Ferragni, pubblicizzata con video e foto in cui l’influencer invita ad andare al museo, i numeri social sono ancora più eclatanti. Con la “Generazione Z” si va oltre il raddoppio, con un +120% di visitatori messo a segno nella fascia giovane, vale a dire quella che guarda e interagisce con i contenuti culturali pubblicati dagli Uffizi su TikTok. Insomma, l’idea di Schmidt e del suo team, nonostante le critiche, che non sono mancate, e gli scetticismi, funziona. E, oltre ad avvicinare le opere ad un pubblico diverso da quello cui si rivolge la critica ufficiale, offre anche un modo di guardare le opere in maniera diversa e scanzonata. In particolare, in un momento difficile come questo, ricorda quanto sia importante, ogni tanto, concedersi un sorriso e un po’ di sana autoironia, soprattutto se è possibile farlo ammirando la grande arte.

GALLERIE DEGLI UFFIZI

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I libri del mese

Giancarlo Bianchi

Una vita, una storia: autobiografia di un poeta di Erika Bresci

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na vita. Una storia. La virgola nel mezzo, non a separarle, ma a unirle nella sincope di un respiro, nel silenzio breve della pausa. Quasi a voler condensare proprio in quella pausa la riflessione attenta che lo riguarda come essere umano. Ogni vita è anche una storia da raccontare, e la narrazione che Giancarlo Bianchi fa della propria parte dagli occhi, si nutre di parole e di silenzi, sprofonda nell’anima e riemerge purificata, chiarita e pronta ad essere condivisa. Questa autobiografia particolare, fatta di prosa, di poesia e di uno studiatissimo portfolio finale – come anche è stato sottolineato più volte nel corso della presentazione del libro, tenutasi lo scorso novembre presso la sala Annigoni del Convento di San Marco – è necessario sfogliarla con calma, fermandosi a sgranare uno ad uno i chicchi di un rosario di esperienze, di incontri, di ricerche, di attività, di persone che alla fine, nella paziente e curiosa ricostruzione, vanno a (ri)comporre il ritratto dell’uomo e della sua vita. «Sono nato in casa», confessa Bianchi all’inizio del libro. Pare un dato folcloristico, una nota di colore. E invece, a mio avviso, è proprio qui tutto il senso di questa vita e di questa storia. Quando per “casa” si intenda per metafora chi la abita: il padre e la madre – radici salde su cui il tronco giovane ha avuto possibilità di svilupparsi –, ricordati nella foto del matrimonio testimoniato anche dalla riproduzione del certificato di nozze, cui segue quello del proprio battesimo. «Sono nato nell’amore», pare allora possibile leggere in filigrana l’incipit, traducendolo in eco. Ecco, tutto il percorso di vita di Giancarlo Bianchi sembra teso alla ricerca dell’origine, della fonte di quell’amore sperimentato alla scala domestica da riportare poi alla scala dell’infinito, dell’Amore, cioè, “che move il sole e l’altre stelle”, come rammenta Dante nel suo XXXIII canto del Paradiso. Uno spirito contemplativo, quello di Giancarlo, che si palesa fin da fanciullo, come ricorda nel libro la maestra Giuliana Casini, che spesso lo coglieva, non disturbandolo, a guardare verso l’oltre, scavalcando il recinto ristretto di una finestra d’aula, proiettandosi al di là del tempo e dello spazio, e si fa decisivo punto di partenza per il lungo cammino di indagine spirituale portato avanti tutta la vita. Compagni di viaggio, la poesia, alcuni maestri amati e d’eccezione – come don Stefani, Adolfo Oxilia, Mario Luzi, Franco Manescalchi –, il proprio lavoro vissuto nella dimensione della comunità e della socialità, prima alla Misericordia e poi alla Cassa di Risparmio, la scrittura nelle sue tante declinazioni e partecipazioni attive (puntuale la cronologia delle pubblicazioni, dei premi ricevuti, delle collaborazioni a riviste, delle antologie e delle rassegne poetiche nelle quali è presente). Il viaggio si fa quindi scavo interiore. L’occhio che osserva il mondo si spinge a individuare i riverberi dell’infinito nel quotidiano. Il silenzio, prima di tutto, e poi la luce. In questa sinestetica corrispondenza si accorda l’armonia del creato e vibra e si fa riconoscere, dilaga nelle vene e intride i nervi… sfocia, infine, nella mano, che scrive e ferma sulla carta il brivi44

GIANCARLO BIANCHI

In copertina quadro di Franco Manescalchi, La poesia cielo terra mare, olio su tavola

Poesie di Giancarlo Bianchi Farfalla dorata ai riflessi lunari dentro una piccola coppa di cristallo, piccola stella rinasci a nuova vita danzi in petto come il primo mattino sull’erba umida. Un solo legame una sola vita eterna unisce tutte le cose onda di vita forza inesausta, palpitante nei cieli e negli abissi. Il silenzio parla e brilla sulla soglia del portale di luce.

Il dono della semplicità nelle cose sempre nuove come la luce del sole o come la brezza del mare, come i sapori dimenticati e scoperti di nuovo. Un fico profumato appena colto come un semplice gesto al risveglio in una nuova luce nelle pieghe dell’anima di un colle turchese. Riflessi marini purissima trasparenza adamantina come la luce del primo Sole.

La Pergola Arte, Teatro Sociale di Como: la premiazione di Giancarlo Bianchi al premio Letterario Nazionale e Internazionale Vinceremo le malattie Gravi – Vinceremo insieme la grande pandemia Covid-19 del ventunesimo secolo (IX edizione)

do d’immenso appena provato. Si legge nella sezione riservata alle poesie: Creare nomi nuovi e meravigliosi / celeste nudità / del primo vento / come oro al sole del mattino, / nei pressi delle cascate. Poi: Il dono della semplicità / nelle cose sempre nuove / come la luce del sole / o come la brezza del mare, / come i sapori dimenticati / e scoperti di nuovo. Ed anche: Ho respirato un vento nuovo / simile a sacro fuoco / ora è nelle mie vene, … l’azzurro del cielo / è una cornice per l’anima. Il Creato e le Creature sono la sostanza stessa della poesia, pare dirci Giancarlo Bianchi. E Dio è il primo poeta, ineguagliabile. Questo il desiderato approdo alla ricerca intensissima che lo ha accompagnato per tutta la vita. Felicemente condiviso con una grande voce della poesia internazionale, quell’Edmond Jabès che, all’interno del nono Congresso Mondiale dei poeti tenutosi a San Miniato al Monte (Firenze) nel 1986, sosteneva: «Dio, prima dell’uomo,

Dicono di lui Quel libro immenso che è la Natura, l’animo umano così ricco di sfaccettature, Bianchi lo guarda, lo sente, lo vive in una osmosi ispirativa, ogni volta unica e profonda. (Carmelina Rotundo Auro) Ho letto ogni singola pagina dello scritto con attenzione, caro Giancarlo, memore di un detto, mi pare sia germanico, che recita pressappoco così: “La memoria è il salvadanaio dello spirito.” Un salvadanaio che tu sai conservare molto bene, sviluppando anche e soprattutto quell’aspetto di te che preferisco: il tuo mondo poetico, protagonista il bambino interiore… che gioca a palla con il sole, che infila collane di luce e parole e stringe bellissimi lacci d’amicizia con le persone che incontri nella tua strada. (Mariagrazia Carraroli)

Sala Annigoni, il tavolo dei relatori: da sinistra l’editore Rudi Necciari, Margherita Cardarelli, Carmelina Rotundo Auro, Giancarlo Bianchi e Daniel Meyer

ha pensato il mondo come poeta? La Sua parola è creazione. L’universo, in questo caso, non sarebbe che il suo poema. Leggibile eternità, perennità del leggibile, eternità del libro». L’amicizia non è che una delle tante facce di questa effusione divina. Di “senso di fedeltà all’amicizia e di gratitudine per il bene ricevuto” scrive Mariagrazia Carraroli nella sua Nota a chiusura del libro, e mi trova del tutto concorde. L’intero libro è infatti permeato dal desiderio di includere e conservare in questo scrigno di memoria le persone amiche: lo fa citandole nei contesti partecipati, lo fa dedicando loro poesie, lo fa inserendole nell’album di fotografie, insieme a quelle che ritraggono i genitori, la moglie Giovanna (perno della sua vita), il figlio Filippo. Giunto ai settanta anni, Giancarlo Bianchi ha sentito l’urgenza di “fare un consuntivo” della propria vita. Ne è nato questo bel libro di emozioni e di riflessione, capace di fermare per un attimo il tempo frenetico dell’oggi, percorrendolo per mano – sempre con le parole di Mariagrazia Carraroli – a quell’“estatico bambino che ti fa respirare l’impalpabile fiato del cosmo e, insieme a te, ricama versi col silenzio”. Una vita, una storia è una pubblicazione della casa editrice Edizioni Benedetti di Pescia. La stamperia Benedetti è la terza più antica di Italia ed è oggi gestita da Rudi e Roberta Necciari, che hanno affiancato all’avviatissimo lavoro di stampa diverse e vivaci attività culturali e dato vita nei locali storici a una Mostra delle Antiche Macchine Tipografiche e delle pubblicazioni stampate dalla tipografia dal 1800 ad oggi, permanente, inaugurata nel 2008, in occasione della Festa della Toscana. [email protected] [email protected]

GIANCARLO BIANCHI

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Vincitori XXXIX Premio Firenze Arti Visive

Michele Berlot

Fiorino d’argento “ex aequo” - sezione Pittura

La sintesi dell’apparenza (2021), acrilico su tela, cm 80x120

www.micheleberlot.com [email protected] + 39 3381959988   Michele Berlot

Prossimi appuntamenti espositivi: Mostra personale, rassegna Etoile Toy – Visual Art Florence, presso Florence Dance Center (via Borgo Stella 23 r, Firenze) dal 15 aprile al 15 maggio 2023

Vincitori XXXIX Premio Firenze Arti Visive

Symona Colina Fiorino d’oro - sezione Grafica

Anthracite, matite su carta A3

www.symonacolina.info [email protected]   Beeldendekunst

Vincitori XXXIX Premio Firenze Arti Visive

Alessandro Dondi

Fiorino di bronzo “ex aequo” – sezione Fotografia

Car wash, fotografia

www.alessandrodondi.it [email protected] + 39 3356687876   ale_dondiphotographer   Alessandro Dondi Photographer

Prossima mostra: Galleria Cael (via Carlo Tenca, 11, Milano), dal 24 marzo al 7 aprile 2023, in collaborazione con l’artista e maestro Laura Altobelli

Vincitori XXXIX Premio Firenze Arti Visive

Mauro Martin

Fiorino di bronzo “ex aequo” – sezione Fotografia

The Muse (2020), fotografia, cm 60x90

www.mauromartin.it [email protected]   Mauro Martin   Mauro Martin

Mostre in programma nel 2023: ARTIFACT gallery, New York, 8 / 26 febbraio 2023, personale; Galleria Wikiarte, Bologna, 25 febbraio/ 9 marzo 2023, personale; Galleria Spazio SV, Venezia

Vincitori XXXIX Premio Firenze Arti Visive

Leonardo Rossi

Fiorino d’argento “ex aequo” - sezione Grafica

Colazione a bordo (2021), tecnica mista su cartoncino ruvido, cm 50x70

www.leonardorossi.it [email protected]   Leonardo Rossi

Vincitori XXXIX Premio Firenze Arti Visive

Luciana Romano

Fiorino di bronzo “ex aequo” – sezione Grafica

Nuova linfa (2022), incisione a mano con tecniche miste sperimentali per la ricerca materica

lucianaromano.altervista.org

Mostre in corso: Co-incidere 4, mostra di incisione dei soci de L’Armadillo, 10 dicembre 2022 – 21 gennaio 2023, L’Armadillo Atelier, via del Porcellana 51 r, Firenze

Polvere di stelle A cura di Giuseppe Fricelli

A Vienna per la mostra concerto di Annigoni di Giuseppe Fricelli

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lcune volte ai miei concerti solistici ho abbinato esposizioni grafiche di due grandi pittori italiani che mi hanno onorato della loro amicizia ed affetto: Pietro Annigoni e Primo Conti. Questi artisti erano persone straordinarie. Possedevano una profonda cultura sia pittorica che umanistica. Primo Conti era stato un bambino prodigio. Sin da giovanissimo aveva creato opere che ancora oggi, ammirandole, si rimane stupiti per la maturità e genialità dell’autore. Il maestro aveva anche studiato violino e composizione. Un suo brano dal titolo Romanza per violino e pianoforte, scritto a 13 anni, è stato da me eseguito più volte con il violinista Michelucci Pietro Annigoni 1966 e registrato alla RAI con Dario Nardella, allora violinista ed ora sindaco di Firenze. Ero affascinato nel sentir parlare Conti che mi raccontava dei suoi periodi vissuti a Parigi, dove aveva conosciuto Cocteau, Ravel, Poulenc, La Tailleferre, Picasso, Edith Piaf, Auric, etc. Un libro aperto di storia, che mi conquistava ad ogni nostro incontro. Organizzai la prima mostra-concerto a Vienna dove, in una bella sala da concerto, esposi venti opere di Annigoni. Poi ne seguirono altre a Strasburgo, Bruxelles, Stoccolma Wolfsburg, Amburgo, Cairo, etc. Come dicevo la prima esposizione fu realizzata a Vienna. Andai da Annigoni che conoscevo personalmente perché da bambino ero stato amico di sua figlia Ricciarda. Nel suo straordinario studio di Borgo Albizi 8, all’ultimo piano, vi erano accatastati lavori di grande bellezza. Mi accolse il suo insostituibile segretario Palmiro Meacci. Palmiro era buono e generoso. Adorava Annigoni. Anche dopo la morte del maestro sono rimasto amico di Palmiro, caro Palmiro. Annigoni mi ricevette con cordialità paterna. Si informò della mia attività artistica e poi disse: «Caro Giuseppe, mi fai sapere quanto verrebbe a costare

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Pietro Annigoni, Autoritratto (1946), olio su tela, cm 46x36

questa mia mostra di grafica, abbinata ad un tuo recital, per i locali e per il tuo lavoro organizzativo?». Rimasi stupito, risposi: «Ma maestro, niente». «Come niente?» replicò Annigoni. «Vede maestro, il fatto che io possa suonare abbracciato dalle sue opere, il fatto che nel manifesto e nei programmi di sala il mio nome appaia insieme al suo… tutto questo mi gratifica, mi onora e mi rende felice». Così dissi in modo convinto e palpitante. Una lunga pausa fu preludio della risposta di Annigoni: «Giuseppe, io sono pazzo, ma tu… tu sei più pazzo di me. Due pazzi insieme sicuramente concretizzeranno e faranno una cosa bella». Il maestro mi abbracciò fortemente e così nacque il nostro sodalizio artistico.

www.florenceartgallery.com

ato nel 1948, Giuseppe Fricelli si è formato al Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze diplomandosi in Pianoforte con il massimo dei voti. Ha tenuto 2000 concerti come solista e camerista in Italia, Europa, Giappone, Australia, Africa e Medio Oriente. Ha composto musiche di scena per varie commedie e recital di prosa.È stato docente di pianoforte per 44 anni presso i conservatori di Bolzano, Verona, Bologna e Firenze.

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PIETRO ANNIGONI

Arte e Poesia A cura di Enzo Dall’Ara

Lorenza Altamore

Un’artista sulle orme della poesia di Saffo di Enzo Dall’Ara

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olano sui tracciati della libertà, della vita, della verità; approdano alle menti della memoria, del mito, dell’eternità; camminano sui solchi della natura, dell’uomo, dell’arte. Le muse, figlie di Zeus e Mnemòsine, protettrici della danza, del canto, della musica, della poesia e di ogni espressione della creatività artistica e scientifica, attirano alle sorgenti della sapienza, della coscienza, dell’elevazione e cantano inni immortali agli dèi olimpici, agli eroi, all’umanità assetata di leggende, di sorprese, di amore. Saffo, decima musa platonica, emblema del “pessimismo cosmico”, comprende e rapprende il pensiero, l’evento vitale, l’ascesa poetica, la morte e la rinascita. Ella è dea e donna, fanciulla e madre, moglie e compagna; è essenza senza tempo e spazio, senza vincoli e catene, senza stasi e soste; è azione, vibrazione lirica, realtà terrena innalzata al mistero cosmico. Voce poetica immortale della Grecia arcaica, dal suo mirabile “tìaso” Saffo canta l’amore, elevandolo a primaria fonte di vita e di conforto, assecondando un eros che può perfino declinare in thánatos. Così è apparso il suo accento nei tempi e nei luoghi delle menti pensanti e così è penetrato negli alvei della modernità, quella modernità

Parlami, cetra divina, tecnica mista su tavola, cm 40x50

che Lorenza Altamore ha avvertito nei frammenti poetici della musa greca e che ha coniugato con il suo vissuto di donna e di artista. Dall’antica fonte lirica è nato, quindi, un progetto culturale, inteso per immagini pittoriche e metafore installative, che ha espresso ed esprime come la donna di ieri sia consonante, nell’intima personalità, con quella di oggi. I suoi sentimenti, le sue attese, le sue gioie e i suoi declini risultano, allora, paralleli a quelli di ogni essere e di ogni entità esistenziale. In quest’ottica è stata vissuta e accolta La modernità di Saffo nel vissuto di un’artista, mostra a cui Lorenza Altamore, coniugando astrazione e figurazione, ha concesso colore e luce al fluire armonico di composizioni ove la forma si accorda mirabilmente con l’entità del contenuto. Composto di sette cicli, rispondenti ad altrettanti segmenti di vita, il progetto incede dalla “fanciullezza” alla “dipartita”, transitando per i vari momenti dell’esistenza umana e sostando, con gli evocativi frammenti di Saffo, sulla meditazione interiore, sulla verità e sull’enigma del vivere e del rinascere. Pittura d’atmosfera, oltre che d’intensa meditazione introspettiva, quella di Lorenza Altamore si pone nel punto focale in cui le arti s’incontrano, accendendo il faro della percezione e della rivelazione. Nell’arduo e accattivante salire della conoscenza e della trascendenza, occorre cercare di congiungere la realtà terrena alla spiritualità universale e, sulla parola poetica di Saffo, ascendere all’Olimpo dell’amore e del mito. [email protected] Infiniti colori screziati, tecnica mista su tavola, cm 50x40

LORENZA ALTAMORE

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Firenze mostre

Grazia Danti

Protagonista fino al 20 gennaio a Palazzo Portinari Salviati con la personale “Femminile plurale” di Anna Balzani / foto Maria Grazia Dainelli

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e dieci opere selezionate per la personale di Grazia Danti intitolata Femminile plurale, in corso dal 27 novembre 2022 e fino al 20 gennaio 2023 a Palazzo Portinari Salviati a Firenze, costituiscono un vero e proprio viaggio che l’artista ci invita a compiere con lei e nel quale confluiscono la memoria mitografica, arcaica, storica, autobiografica con l’attenzione al contemporaneo e alle vicende sociali. La mostra assume la valenza di un personale big bang emotivo e artistico insieme, in grado di suggerire come dal nero più cupo possa scaturire la rinascita, attraverso il colore e le forme che assume, mostrando il percorso di maturazione di Grazia come donna, madre e artista, tra similitudini e antitesi, fino all’autentica conoscenza del sé. Spiccano volti e forme di donne, un femminile eterogeneo, ispirato da ricordi, vicende personali, suggestioni di luoghi, affetti, letture, riflessioni. Donne

Grazia Danti al Bar&Bistrot Salotto Portinari

Follia

forti, libere, poetiche, seducenti, combattive, misteriose, dai tratti esotici, sono protagoniste indiscusse delle tele di piccolo e grande formato, realizzate con la tecnica dell’olio su tela e tela cruda. Attraggono subito l’attenzione Addio a Pearl Harbour e Dolce tepore esposte nella Corte di Cosimo I; successivamente lo sguardo si posa su donne provenienti da luoghi lontani, dalla profondità dei paesaggi dell’Africa, dalla penisola arabica e dall’Asia, come in Aspettando, Pensiero, Preghiera e Donna iraniana. Il trittico allestito nella Sala Beatrice, Il sogno, Follia e Estasi, sembra formare un’unica opera, un’installazione appositamente ideata. Nei lavori dipinti su tela cruda, come Satisfaction, Grazia Danti esegue pennellate stratificate e, dopo aver distribuito il colore, lo toglie per poi aggiungerlo nuovamente, lo graffia, lo gratta, lo scalfisce, lo incide e aspetta che la pittura si secchi per intervenire ancora su di essa. Attraverso la ricchezza e l’eterogeneità dei valori cromatici, l’artista delinea forme sinuose, a tratti generose, a tratti spigolose, decise, perfino minacciose, come nell’emblematica Donna iraniana, dove è ritratta una “guerriera” dalle caratteristiche e personalità talmente forti da sembrare perfino un uomo, quasi un inno a tutte le donne a lottare per conquistare la propria libertà e indipendenza. Grazia Danti ha curato personalmente la presentazione delle opere e la loro relazione con lo spazio circostante, così come i rapporti delle opere e dello spazio con la luce delle sale espositive, al fine di costruire effetti perfino teatrali. Ed è, infatti, una ricca scenografia, plasmata da tante emozioni, quella che si svela allo sguardo dell’osservatore in visita alla mostra. www.graziadanti.com Donna iraniana

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GRAZIA DANTI

Quando tutto ebbe inizio... A cura di Francesco Bandini

Sulla via dorata per Samarcanda di Francesco Bandini 3^ e ultima parte

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i trovo nel cuore dell’Oxiana. Ricordo quando in Iran girovagavo a Persepoli fra le tombe di Naqs -i- Rostam o nei pressi della Tomba di Ciro ormai in aperta campagna. Mi fermai ammirato a guardare giovani cavalieri fare delle evoluzioni con i loro cavalli. Dal Caspio, al Pamir, l’intera Asia Centrale è famosa da millenni per i suoi cavalli che, nelle prime spedizioni lungo la via della Seta, avevano come scopo la loro cattura. Originari della valle di Fergana, erano famosi anche perché sudavano sangue, fenomeno dovuto a dei parassiti o ad infezioni della pelle. Essi servivano ai cinesi Han per contrastare le incursioni delle tribù nomadi e furono chiamati i “cavalli celesti” o “cavalli Chago” perché si riteneva fossero i discendenti dei dragoni o dei destrieri divini. Il gioco più gratificato degli Uzbeki, oggi come mille anni or sono, è il “buzkashi”, simile al polo ma in cui viene utilizzata come mazza una mandibola di capra e come palla una pecora viva, per poco, mentre i cavalli sono impressionanti per la bellezza dei loro volteggi. Già ricordati dallo storico romano Appio, è certo che essi giocarono un ruolo fondamentale nella conquista mongola dell’Asia. Oggi nel mondo sopravvivono circa duemila purosangue (Akhal – Tekè) di cui milleduecento nella splendida valle ai piedi del “tetto del mondo”. Mi tornano a mente le descrizioni del grande viaggiatore Robert Byron nel suo diario La via dell’Oxiana, per me quasi una seconda Bibbia. An-

ch’io ho provato questa sensazione da fine del mondo come poche altre volte in precedenza. La campagna è colorata da campi di papaveri da oppio, le cui larghe foglie verde scuro si stagliano contro un cielo giallo che preannuncia una tempesta di sabbia con fulmini viola che saettano lontano sulle montagne; l’odore aromatico della terra chiazzata qua e là di lupini gialli e iris bianche e viola. Il mio sogno vola via fino sulla via della tratta degli schiavi dall’Akacus libico alla Timbuctù etiope e ad Anghor nella giungla cambogiana. Mi sarà dato di vivere ancora a lungo questi miei sogni? Descrivere le dinamiche in atto in questa parte del mondo remota e lontana da ogni mare quanto strategica, è impresa temeraria. Attraversando l’Uzbekistan torna alla mente quanto disse, molti anni fa in India, un bramino a chi come me prendeva febbrilmente appunti: «Chi viene qui per poche settimane, vuole scrivere degli articoli, se sta qualche mese pensa di scrivere un libro, se rimane un anno capisce che quella che vede è una realtà indescrivibile». In volo da Taskent a Roma Ora immagino di sapere cosa sia Samarcanda. Il suo fascino non è solo nel nome, è anche nella sua gente che sembra aver smarrito se stessa. È nell’aria che odora di spezie e di province lontane, di sale e di terra; è nella voce del vento che porta il respiro dell’Asia infinita, degli altopiani algidi del Pamir che sembra piazzato a difesa della città; è nella storia confusa e sanguinaria delle sue radici, nel nome dei suoi conquistatori e in quello dei distruttori di case e di popoli interi. È, infine, nell’eroismo e nella disperazione di chi lotta per la propria patria, che fanno parte del loro corredo genetico. Nello splendore di oro e cavalli di cobalto e turchesi del suo passato, nella sua leggenda che non muore mai. E ora che so tutto questo, mi si desta dentro una tristezza da bambino, eppure Samarcanda non è una favola da bambini: è qui intorno, è la terra che calpesto, è quella fra le città più antiche. Così scopro che la tristezza viene da altre cose; viene dal fatto che ora sono tornato davvero. Il viaggio sulla via dorata per Samarcanda è finito. No, non è ora di bilanci, ma è l’ora di essere tristi e scoprire che un’altra tappa della mia vita è stata consumata e che per quanti viaggi potrò ancora fare, non sarà più la stessa cosa.

Samarcanda 2006: in questo mondo di sogno “una volta l’anno è lecito fare una follia”; disegno e acquerello di Francesco Bandini

SAMARCANDA

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Angela Puccini Surrealist painter

Medea omaggio a Pier Paolo Pasolini olio su tela, cm 80x100

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Mostre in Italia

Exit to Iceland

L’inventiva e la creatività di tre giovani fotografi trasformata in una mostra che porta l’atmosfera islandese a Ravenna di Maria Grazia Dainelli / foto Miriana Carradorini

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a fotografia ha un ruolo fondamentale nella comunicazione moderna: vediamo ogni giorno nei nostri telefoni migliaia di scatti ma non tutti riescono a dire qualcosa a chi li osserva. Nel panorama fotografico amatoriale italiano, tre giovani fotografi con i loro scatti hanno cercato di trasmettere emozioni all’osservatore. Realizzando la mostra fotografica Exit to Iceland, Lorenzo Drei, Martina Trentini e Miriana Carradorini hanno provato a trasportare con i loro scatti le fredde e colorate terre islandesi a Ravenna. La mostra, ospitata presso lo Spazio Espositivo PR2 a Ravenna (via M. D’Azeglio 2) dal 10 al 20 dicembre scorso, ha proposto uno sguardo Uno scorcio della mostra sull’Islanda e su ciò che i tre fotografi hanno vissuto. Il percorso espositivo è stato strutturato in due sezioni: la prima ha fatto sì che i visitatori potessero immergersi nelle atmosfere islandesi con immagini “cartolina” dell’isola; nella seconda, invece, i tre autori hanno presentato tre progetti personali. Geyser, eruzioni vulcaniche e scenari tipici islandesi accompagnano il visitatore verso la seconda parte della mostra, più intensa e ricca di immagini: le foto, disposte come tessere di un mosai-

co, espongono le visioni soggettive dei tre fotografi intrecciandole tra di loro, in modo da arricchire l’idea che una persona può avere sull’Islanda. Nei suoi scatti, Lorenzo ha voluto mostrare come cambia la luce in un luogo dove per diversi mesi il sole non sorge o non tramonta mai, presentando anche immagini realizzate in orari dove noi italiani siamo abituati a vivere il buio. Martina è stata colpita dalle diverse forme con cui l’acqua si presenta in Islanda: dai ghiacciai alle innumerevoli cascate che caratterizzano il paesaggio dell’isola. Miriana ha voluto offrire all’osservatore dettagli del paesaggio islandese, caratterizzati da colori irreali e davvero intensi, ai quali non viene data l’attenzione che meriterebbero. Unendo le loro visioni del mondo, i tre sono riusciti a far scoprire una piccola porzione di Islanda a chi ancora non l’ha mai visitata e a riportare idealmente in quei luoghi chi invece c’è già stato. Non una mostra sull’Islanda delle guide turistiche, quindi, ma il racconto della “loro” Islanda. [email protected] [email protected] [email protected]

EXIT TO ICELAND

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Ritratti d’artista

Leda Giannoni

Una figurazione di classica eleganza di Silvia Ranzi / foto Viola Petri

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el catalogo realizzato dal Consiglio Regionale della Toscana, edito nel 2020, si può apprezzare la brillante carriera trentennale, perseguita con successo di critica a tutt’oggi, dell’artista Leda Giannoni – socia di gruppi storici fiorentini quali l’Antica Compagnia del Paiolo, il Donatello, la Casa di Dante e l’Accademia “Le Muse” – contraddistinta da una ricercata dovizia di soggetti ispirativi nella peculiarità delle tecniche adottate. Nata a Montecatini Terme, residente fin da piccola a Firenze, si laurea in Scienze Politiche, esercitando la professione di docente di Diritto pubblico comparato e Storia delle istituzioni politiche presso la Facoltà “Cesare Alfieri”. La propensione all’arte, coltivata con passione fin da giovane, la induce a formarsi

quale allieva di Tiziano Bonanni, frequentando anche il laboratorio di scultura della rinomata Amalia Ciardi Duprè. Il suo ricco percorso produttivo, coronato da prestigiosi premi, personali e rassegne in Italia ed all’estero, si avvale di un’originale poetica stilistica dai consolidati accenti classici che sostanziano una visione figurativa moderna, supportata dallo studio meditativo del vero, rivisitato con compoLeda Giannoni stezza intima, secondo una trasfigurazione lirica assorta, dettata anche dalla sua dedizione allo scrivere versi poetici. La pittura e la grafica sono privilegiate nelle loro valenze esecutive: la suadente varietà timbrica dei pigmenti ad olio, ora pastosi ora descrittivi, a pennello o a spatola, sono dosati da sapienti riverberi luministici, talora impreziositi dalla commistione di altri supporti materici quali crete, sabbia, intonaco o foglia d’oro, su tela o su tavola, per approdare allo sfumato del segno a grafite o sanguigna, come attesta il mirabile ritratto di Leonardo da Vinci. Il raffinato estro pittorico si impone nella realizzazione di carismatici cicli pittorici che svelano la temperie interiore dell’artista, volta ad interpretare la centralità della figura umana in ossequio al bello tra reale e ideale nella varietà dei temi desunti dal mondo sensibile, scelti e rivissuti con immedesimazione emozionale e cognitiva. Superba per impostazione ideativa, disegnativa e cromatica, la serie dedicata alla danza in cui si rimirano ballerine che volteggiano nelle loro voluttuose corporeità al ritmo della musica, omaggiando le spettacolari movenze dei balletti e la delicata fisionomia dell’insigne Carla Fracci, étoile internazionale, accompagnata da Ru-

Alla sbarra (2009)

Carla Fracci (2010)

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LEDA GIANNONI

Dante (2022)

Madre Teresa di Calcutta e Papa Giovanni Paolo II (2010)

Abramo e Isacco (2022)

dolf Nureyev. La predisposizione al ritratto nelle fattezze fisiche ed introspettive di note personalità del mondo polivalente della cultura ha da sempre affascinato la volontà di rappresentazione di Leda Giannoni, che interpreta la caratterialità somatica di un direttore d’orchestra come Riccardo Muti, il regista Franco Zeffirelli, la gestualità di una nobildonna di San Francisco Katherine Cebrian, il poeta Mario Luzi, il presidente della Toscana Eugenio Giani, per commemorare infine la figura del genio riflessivo dantesco, pioniere del volgare Illustre. Dai rinomati personaggi nei celebri contesti, la ricerca espressiva si apre al sentimento di devozione al “Sacro” scandagliato con intensità di immedesimazione teologica – notevoli le suadenti iconografie mariane – che segna l’iter espositivo dell’artista, fedele aderente e recente testimonial – edizione 2022 I Patriarchi – della collettiva su temi biblici promossa dall’Anla Toscana presso la Basilica della Santissima Annunziata a Firenze, a tal punto che un affabile ritratto di Giovanni Paolo II è esposto presso il Museo Civico Sciortino di Monreale (PA). Nel dipinto Beatrice e Veronica trapela il desiderio di tributare all’universalità delle arti una personale iconografia allegorica, di ascendenza seicentesca delle due discipline

Ritratto di Giulia (2008)

Beatrice e Veronica (2018)

amate, nella rivalità compensatoria fra le personificazioni della pittura e scultura, secondo le fogge di due fanciulle, muse della creazione artistica nel suo aulico e redento servire la bellezza. L’intimità contemplativa si dispiega poi nella messa in opera di idilliache scene di vita familiare in cui compaiono i volti e le positure di figlie e nipoti, riesumate dalla quotidianità degli affetti più veri nel relazionarsi generazionale, per spaziare sul naturalismo di composizioni floreali e paesaggi, dilatando lo sguardo su pacificanti distese marine, scorci e vedute prospettiche di località collinari del Chianti – Santa Lucia di Sopra a Panzano, San Leolino, San Polo – in cui l’artista ha soggiornato ed operato quale manager di un’azienda vinicola, profondamente legata con il ricordo all’universo ecologico della flora autoctona, per il respiro evergreen dei declivi a colture, nel profilarsi di eterei orizzonti. Studio: Via Giusti 12, 50121 Firenze +39 055245297 +39 3337343038 [email protected]

Cancello di San Lucia (2010)

LEDA GIANNONI

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NELLE PROSSIME ASTE di

WONDIKE

www.wondike.com

Ulrich Wallner, nellanella sua arte applica laapplica fantasia nel di materiali dismessi made”dismessi per creare belUlrich Wallne suaecologica, arte ecologica la riuso fantasia nel riuso dei“ready materiali “ready made”per la bellezza salvando il nostro pianeta.L'artista austriaco gli un lezza salvando il nostrocreare pianeta. L’artista ha completato gli studi pedagogici all’Università di Graz e per annicon ha svolto L’artista ha finito gli studi pedagogici all'Università di Graz e per anni ha svolto un impegnativo ruolo didattico nel settore dell’arte, prima come professore e successivamente come preside di una scuoimpegnativo ruolo didattico nel settore dell'arte, prima come professore e successivamente come preside per della scuola Accanto all'insegnamento per la superiore. Accanto all’insegnamento, lungo tempo superiore. ha sperimentato, nel corso di numerosi workshop, diverse teclungo tempo basandosi ha sperimentato durante tanti workshops diverse iltecniche pittorichee tutto quello niche pittoriche, sempre sullodel studio del figurativo, doveimportante importante eraera contatto con la natura basandosi sempre sullo studio figurativo, dove il contatto con la che circonda l’artista. Le “cianfrusaglie” da lui ritrovate svuotando cantine e soffittesvuotando prendevano vita natura e tutto quello che lo circonda. “le cianfrusaglie”ritrovate le trasformandosi cantine e in soffitte prendevano vita trasformandosi nelle sculturetotemestetica. oppureL’artista oggetti artistici che del sculture-totem oppure in oggetti artistici che toccano le corde della sensibilità riprende la tecnica toccano le corde della sensibilità estetica. L'artista riprende la tecnica ready made ready made dai maestri del dadaismo come Marcel Duchamp e proseguita successivamente da Kurt Schwitters, iniziata daiiniziata maestri di dadaismo come Marcel Duchamp e proseguita successivamente da Kurt Schwittehers, Jospeh Edward e Nancy Kienbolz, ma con Daniel Spoerri, Joseph Beuys,Daniel EdwardSpoerri, e Nancy Kienbolz maBeuys, con un’ottica diversa. Non si tratta di una rottura con la tradil'ottica diversa. Non si tratta diricerca una dirottura con la tradizione della pittura ma accademica e la zione della pittura accademica e della contemporaneità nella società industrializzata, dell’uso dei elementi ricerca di contemporanietà della società industrializzata, ma di uso dei elementi “ready ready made riflettere e cambiare la società consumistica. Con le sue opere, mette in evidenza made” perperfarfarriflettere e cambiare la società consumistica. ConUlrich le sue opere Ulrichl’importan, mette evidenza l'importante ruolo dell'arte un mezzo comunicazione degli te ruolo in dell’arte come un mezzo di comunicazione di ideali come e messaggi di massa.diL’arte deve sensibilizzare alle probleideali e messaggi di massa. L'arte deve sensibilizzare alle problematiche legate allo matiche legate allo smaltimento dei rifiuti per preservare il nostro pianeta e consegnarlo alle future generazioni. smaltimento dei rifiuti per preservare il nostro pianeta e il suo ambiente alle prossimeLa vita generazioni. vitascandita frenetica oggiconsumistica giorno inseguita corsa consumistica tipo austriaco, usa frenetica di oggiLa giorno, dalladicorsa di tipo usaalla e getta, va fermata. Secondodi il pittore getta va fermata. Secondoperl'artista austriaco il pensare ruolo dell'arte è fondamentale per far il ruolo dell’arte è fondamentale far cambiare il modo di della società ed invertire la rotta. Con le sue cambiare il modo di pensare della società ed invertire la rotta Il messaggio che l'artista opere, Ulrich lancia molto e profondoèallo spettatore e lo fa riflettere sulla vita quotidiana. Secondo lancia con un le messaggio sue opere alloforte spettatore molto profondo e fa riflettere sulla nostra vitalui dobquotidiana. lui dobbiamo nostro sempre approccio con il mondo biamo cambiareSecondo il nostro approccio al mondofermare materiale cercando di recuperare i materiali materiale fuori uso e scoprendo cercando sempre di recuperare i materiali in disuso e scoprendo la loro seconda vita. Il la loro seconda vita. Il cambiamento del modo di pensare dellasocietà società può essere indotto dall’arte. Gli oggettiGli apparennuovo cambiamento del modo di pensare della può essere indotto dall'arte. oggetti apparentemente inutili funzione che altrimenti finiscono nella temente inutili oppure fuori funzione cheoppure altrimentifuori finiscono nella discarica possono essere usati come elementi comdiscarica possono essere usati come elementi compositivi per creare l'arte dei nostri positivi e perda creare l’artediventare dei nostri tempi da brutti Per fare questa magia di trasformazione ci vogliono tempi brutti bellie.Per farediventare questabelli. magia di trasformazione ci vuole però però fantasia la fantasia e e la creativa di un artista comecome Ulrich Wallner, ad aprire occhi dell’osservatore una lamente mente creativa di un che, artista Ulrich riesce Wallner chegliriesce a far aprire per gli occhi una a chi guarda per farcose. vedere la nuova estetica cose. diUrlich Wallner faràin Italia, un domostrargli nuova estetica delle Nel 2023, Urlich Wallner saràdelle protagonista una tournée artistica turnee artistico in Italia nel 2023, esponendo i suoi ultimi lavori presso le città d'arte ve esporrà i suoi ultimi lavori presso importanti città d’arte come Roma, Venezia e Firenze. come Roma, Venezia e Firenze. /Arch. Margherita Blonska Ciardi/

/Arch. Margherita Blonska Ciardi/

curato da Studio Artemisia [email protected] Ulrich Wallner in his ecological art applies the imagination in the reuse of "ready made" discarded to create beauty while saving ourof planet. Thediscarded Austrian artistto create finished Ulrich Wallnermaterials in his ecological art applies the imagination in the reuse "ready made" materials behis pedagogical studies at the University of Graz and for years he played a demanding auty while saving Theindustry, Austrian artist finished pedagogical studies at the of Graz and for years he teaching role our in planet. the art first as a his professor and later as University president of the high school. Alongside teaching, long first time experimented during ofmany workshops with played a demanding teaching role in thefor art a industry, as ahe professor and later as president the high school. Alongside different based on the study of pictorial the figurative, where contact teaching, forpictorial a long timetechniques he experimentedalways during many workshops with different techniques always based on the with nature and all that surrounds him was important. "the trinkets" found by emptying studycellars of the figurative, where came contact with nature and all that surrounds him was important. "the trinkets" found byor emptying the and attics to life transforming themselves into totem-sculptures artistic the strings of aesthetic sensibility. The artist upthe the the cellarsobjects and atticsthat came touch to life transforming themselves into totem-sculptures or artistic objectstakes that touch strings of ready-made technique initiated by Dada technique mastersinitiated such by asDada Marcel Duchamp andDuchamp and aesthetic sensibility. The artist takes up the ready-made masters such as Marcel subsequently continued by Kurt Schwittehers, Daniel Spoerri,Jospeh Beuys, Edward and subsequently continued by Kurt Schwittehers, Daniel Spoerri,Jospeh Beuys, Edward and Nancy Kienbolz, but with a different Nancy Kienbolz, but with a different perspective. It is not a question of a break with the perspective. of It isacademic not a questionpainting of a break with tradition of academic painting and the search contemporaneity of intradition andthe the search for contemporaneity of for industrialized society, of the of of "ready made" elements make society consumer society reflect dustrializedbut society, but ofuse the use "ready made" elements to maketo consumer reflect and change. With hisand works change. With his works Ulrich highlights the important role of art as a means of Ulrich highlights the important role of art as a means of communication of ideals and mass messages. Art must raise awacommunication of ideals and mass messages. Art must raise awareness of the problems reness of the problems associated with waste disposalto in order to preserve planet and environment for futurefor geneassociated with waste disposal in order preserve ourour planet anditsits environment future generations. Today's hectic life chased consumer must rations. Today's hectic life chased by the disposable consumerby rushthe mustdisposable be stopped. According to therush Austrian artist,be the stopped. According to the Austrian artist, the role of art is fundamental in changing role of art is way fundamental in changing society's way of the thinking and reversing the course. The message that thesends artist sends society's of thinking and reversing course. The message that the artist to to theviewer viewer with his works is very profound makes us reflect on our daily According to him we must stop our apthe with his works is veryand profound and makes uslives. reflect on our daily lives. According to himworld we by must stop approach the material world bysecond always proach to the material always tryingour to recover disusedto materials and discovering their life. trying The new to chanrecover disused materials and discovering their second life. Thefunction new change in society's ge in society's way of can thinking be induced art. The The apparently useless or out ofor objects that otherwise end way of thinking becan induced bybyart. apparently useless out of function objects up in the landfill can be used compositional elements to create of our times and from ugly to beautiful. To do this that otherwise end upasin the landfill can be usedtheasartcompositional elements to create the art ofofour times and fromitugly Tothe docreative this magic transformation, magic transformation, however, takesto an beautiful. imagination and mind of of an artist like Ulrich Wallnerhowever, who manaitgestakes an imagination and the creative mind of an artist like Ulrich Wallner who to open the of the to show new aesthetics of things. will partecipate in an artistic tour manages to eyes open thebeholder eyes of the the beholder to show theUlrich newWallner aesthetics of things. Urlich in Italy in 2023, his latest works in artincities such Rome,exhibiting Venice and Florence. Wallner willexhibiting make an artistic tour Italy in as 2023, his latest works in art cities such as Rome, Venice and Florence. Margherita Blonska Ciardi/ / Arch.Margherita Blonska /Arch. Ciardi/

Chromatic Emotion Dal 15 gennaio al 26 febbraio 2023

Artiste in mostra: Annette G. Campbell / Valentina Vidette Mary Davoli-Raab / Sophie Saul Mostra a cura di Paola Neri, curator of Borghese Palace Art Hotel Borghese Palace Art Hotel, via Ghibellina 174 r, Firenze Una mostra di respiro internazionale volta a far emergere il valore cromatico come mezzo espressivo del mondo emozionale delle tre artiste Annette G. Campbell, Valentina Vidette Mary Davoli-Raab e Sophie Saul, le quali, con stili, tecniche e culture diverse, amano privilegiare la cromaticità nelle varie sfumature.

Annette G. Campbell, in arte Fleurdelis, è cresciuta in Giamaica. Ha conseguito una laurea triennale alla Bringham Young University (Hawaii, Stati Uniti d’America) e in giovane età ha sviluppato l’amore per le arti figurative. Ad Annette piace usare vari medium per le sue opere d’arte: olio, matite, pastelli a olio, acquerelli, carboncino e punta d’argento. Artista religiosa, attraverso le sue opere ama raccontare storie che traggono ispirazione dalle Sacre Scritture. Ha affinato le sue capacità artistiche negli Stati Uniti seguendo costantemente corsi e lezioni. Attualmente è iscritta ad un corso di studi intensivi in arte classica presso la Florence Academy of Art. Ha esposto in diverse città degli Stati Uniti e all’estero: Utah (tra cui Salt Lake City, Bountiful e Ogden), Hawaii, Roma (presso il Centro Visitatori del Tempio) e Firenze.

Valentina Vidette Mary Davoli-Raab è nata a Santa Barbara, in California, nel 1955. Suo padre, medico di famiglia, chirurgo e neuropsichiatra, nato e cresciuto in Calabria, è emigrato negli Stati Uniti dopo aver terminato gli studi. La madre era una talentuosa modella, cantante, ballerina e occasionalmente conduttrice radiofonica nata da immigrati italiani. Date le sue origini, Valentina ha sempre viaggiato tra gli Stati Uniti e l’Italia. Ha esposto e venduto negli Stati Uniti, in Italia, Svezia e Svizzera. Le sue opere si trovano in collezioni private in Libano e Israele. È laureata in Interior Design ed è stata floral designer e imprenditrice. Il suo medium preferito è l’acrilico ma non si limita solo a quello. Attraverso vari strumenti e tecniche, crea strati, trame ed effetti scintillanti che catturano la luce circostante generando così un effetto magico che affascina gli occhi dello spettatore. [email protected]  Valentina Vidette Davoli International Artist

[email protected]  @islandart77

Sophie Saul è un’artista russa che vive a Firenze. Laureata in Matematica all’Università di Londra, dopo aver lavorato come insegnante e ricercatrice universitaria, si è iscritta alla Florence Academy of Art per studiare arte classica. Sophie esplora le relazioni matematiche tra colori e forme, utilizzando queste intuizioni per esprimere sentimenti soggettivi attraverso un linguaggio universale. Si ispira agli antichi maestri e all’Illuminismo, studia la vita per creare arte e crea arte per studiare la vita, sperimentando le tecniche del realismo classico e rompendo i canoni dei generi. «Sono arrivata ad accettare il fatto che un giorno morirò – afferma – ma non posso accettare che tutti i miei ricordi e sentimenti svaniscano». La sua arte cerca di dare immortalità ai momenti che ha vissuto, raccontando queste storie alle persone, giocando con i simboli e tentando di catturare suoni, odori e ricordi personali. [email protected]  @artssaul   Artssaul

Per informazioni: [email protected]

Mostre in Toscana

Terra e Segni Fotografie e poesie in mostra al Centro Salute La Fenice di Signa di Fabrizio Borghini

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l Centro Salute La Fenice, che ha sede in via delle Terrecotte 23 a Signa, fin dalla sua apertura ha affiancato alla primaria attività rivolta alla cura della salute, una parallela di natura culturale che presta particolare attenzione al benessere psichico; con questa finalità, sono state allestite una serie di mostre d’arte ospitate negli ampi spazi dai quali si accede agli studi

Gnosi Non importa quanta strada compi raggiungere una meta è il percorso che rende nobile un progetto e la vita è un itinerario ad ostacoli con accelerazioni e brusche frenate. A volte corri come un ghepardo, a volte sei lento come una tartaruga a volte il cavallo si impunta e tu barulli oltre lo steccato. La bellezza è nel serbatoio di emozioni di cui ci arricchiamo durante il cammino. Non è la distanza che rende nobili, ma la modalità con cui abbiamo raggiunto quella posizione. (di Lucio Bassolini, tratta da Terre e Segni, ed. Masso delle Fate, 2022)

EMILIO CARVELLI | LUCIO BUSSOLINI

medici. Terra e Segni è l’ultima esposizione, in ordine temporale, che vi si è tenuta ed è stata interamente dedicata alla fotografia e alla poesia. L’ha inaugurata il professor Giampiero Fossi, sindaco di Signa, ed ha avuto come protagonisti Emilio Carvelli, pittore e scultore da decenni alla ribalta del mondo artistico toscano e da qualche lustro impegnato anche, e con successo, sul fronte della fotografia, e il poeta Lucio Bussolini, direttore clinico del Centro Salute La Fenice. Terra e Segni coniuga mirabilmente fotografia e poesia grazie agli scatti artistici di Carvelli, tutti rigorosamente in bianco e nero, fatti di luci e ombre, di campiture scarne che riportano ad un’essenzialità primordiale, e le poesie di Bussolini che assecondano questa vocazione avendo come temi principali il vento, il mare, la neve, la notte e l’ancor più “poetica” brezza. Il connubio fra i due autori dura da vent’anni, da quando hanno capito di essere in perfetta sintonia sulla visione del mondo: «Ho coinvolto Emilio in questo progetto perché da sempre fra noi c’è totale sintonia culturale e artistica» ha dichiarato il dottor Bussolini durante il vernissage. «A La Fenice siamo riusciti a creare – ha proseguito – un centro multifattoriale medico scientifico che svolge un’attività non solo di cultura medica per il benessere fisico ma anche per quello psichico; crediamo che uno dei fattori che salverà l’umanità sarà la bellezza e per questo riteniamo l’arte terapeutica. La Fenice è un centro medico e culturale di quattrocento metri quadrati ed ha un aspetto cangiante molto diverso da quello spesso tetro di molti centri medici. Nell’attesa, i pazienti – ma anche chi non lo è ha libero accesso –, possono leggere poesie e ammirare bellissime foto che può trovare compendiate anche nell’accurato catalogo edito da Masso delle Fate dove liriche e scatti si fronteggiano empaticamente in un dialogo fatto più di istinto che di razionalità». «Ho iniziato una quindicina di anni fa a dedicarmi anche alla fotografia – ha detto Emilio Carvelli – optando per il bianco e nero pur traendo iniziale ispirazione dal paesaggio toscano che in natura è coloratissimo. La zona che mi ha ispirato, ed alla quale nel tempo sono rimasto legato, è quella fra Santa Luce e Orciano Pisano. Lì ho trovato i solchi di lavorazioni secolari, segni simili a graffiti, geometrie disegnate dall’armonica razionalità dei contadini che hanno lavorato quelle terre. Mi sono trovato tutto questo davanti agli occhi ed era totalmente rispondente alle mie esigenze estetiche».

Terra e Segni

In copertina foto di Emilio Carvelli

TERRA E SEGNI

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Ritratti d’artista

Dora Pianezzola

Una pittura ricca di forza e vitalità di Jacopo Chiostri

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no dei problemi che deve affrontare chi produce arte, sia essa pittura, scrittura o altro, è reperire spazi dove presentare le proprie opere. Dora Pianezzola, pittrice maremmana, la questione l’ha risolta drasticamente: assieme a due amici ha creato una propria galleria, Tre Art, dove sono esposti in permanenza i loro quadri. Una scelta coraggiosa, specie se si pensa che Tre Art è nata in pieno lockdown, una scelta che, nel tempo, si sta però dimostrando appagante; la galleria si trova a Follonica, città dove la Pianezzola risiede dal 1975, al numero quattordici di via Colombo. La storia artistica di questa pittrice ha un “prima” e un “dopo”. Lei racconta di essersi appassionata al disegno fin dai tempi delle scuole medie, di avere frequentato corsi di disegno nel periodo della scuola secondaria superiore; poi ci sono stati quarant’anni dedicati al lavoro, come insegnante e commercialista fino al 2000, e successivamente fino al 2015 soltanto come professionista, ma è stato nel 2017, dopo una brutta malattia che l’ha convinta che era giunto il momento di riprendersi in toto il proprio tempo, che la Pianezzola ha ritrovato il vecchio amore ed ha iniziato allora a frequentare, a Follonica, la scuola di Silvia Montomoli Simon Art dove ha lavorato molto con i pastelli morbidi che sono poi diventati lo strumento prediletto, talvolta abbinato alla pittura all’olio – «Tengo due lavori assieme – afferma – uno col pastello e uno con l’olio» – mentre in passato aveva sperimentato gli altri “classici”, l’acquerello, l’acrilico e la china. Nel suo divenire artistico uno spazio importante è dedicato ad esercitarsi. Ed è in questo senso che dobbiamo considerare lo studio della tecnica dell’amato Van Gogh; infatti, tra le altre cose, ha prodotto due eccellenti riproduzioni di altrettanti lavori del grande pittore olandese Cielo stellato e la Pietà. I soggetti della poetica personale invece sono essenzialmente tre: ritratti, fiori e marine. Ciascuno scelto per la peculiare capacità di dare ascolto e forma all’io interiore dell’artista. Nei ritratti sono gli occhi dei soggetti a colpire l’osservatore, occhi che

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DORA PIANEZZOLA

parlano, occhi intensi, che raccontano storie, che guardano divertiti, a volte stupiti, incantati, con espressioni dolci, ma anche contegnose e fiere; è evidente che, preliminare al disegno, c’è da parte dell’artista uno studio della personalità psicologica delle persone. Il segno denota assoluta padronanza della tecnica: è sinuoso, corposo, la postura del soggetto e il punto di ripresa sovente insoliti. Le figure s’impongono, occupano lo spazio; il contrasto coloristico è spesso accentuato, dirompente. I volti possono essere segnati dalle cicatrici del tempo quando il soggetto è anziano, si fa geometrico tanto da ricordare i piani pittorici della Lempicka, oppure si perde nell’incanto ancora intero che appare agli occhi dei bambini. I fiori e le marine, invece, rappresentano per la Pianezzola due elementi indispensabili del proprio vivere. I fiori, con i loro colori e con quell’armonia che solo la natura sa creare, diventano nella sua pittura una sorta di rifugio dell’anima; sulla tela si affievolisce l’aspetto decorativo a vantaggio di una passionalità intimistica in cui convivono forza, bellezza e amore per la vita. Il mare: racconta la Pianezzola che non potrebbe viverne distante. Il mare è per lei, prima di tutto osservazione. «Il mare deve esserci – dice – quando ne avverto il bisogno devo poterlo raggiungere. Lo guardo attentamente, studio le onde, oppure la rasserenante calma delle giornate di bonaccia, e poi le nuvole, nelle quali si vedono tante altre immagini». Le marine della Pianezzola sono colore, colore che tutto domina, che tutto impregna, ricco di forza, di vitalità, mai di ostilità, e foriero di una grande, e sapientemente dosata, serenità; c’è in questa pittura una dilatazione dello spazio, davvero un oltre, confortante, benevolo. Dora Pianezzola, a Roma alla Galleria Leone, ha partecipato al Premio Lazio; con Toscana Cultura ha esposto a marzo scorso nella rassegna Artisti a Pietrasanta e a settembre alla rassegna di arte contemporanea al Chiostro della Santissima Annunziata. Un suo ritratto è apparso, a tutta pagina, su La Toscana Nuova. [email protected]

DORA PIANEZZOLA

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Civita Centola

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Hic est lux mea, olio su tela, cm 120x100

Riflessioni sulla fede A cura di Stefano Marucci

Medjugorje, la storia delle apparizioni dal 1981 ad oggi di Stefano Marucci 2^ parte

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enerdì 26 giugno 1981 si radunano più di mille persone, attirate da un bagliore luminoso. Vicka, su suggerimento di alcuni anziani, getta sull’apparizione una bottiglietta di acqua benedetta per verificare se la figura sia un’entità celeste o demoniaca. «Se sei la Madonna rimani con noi, se non lo sei vai via!» esclama con forza. La Madonna sorride e, alla domanda diretta di Mirjana «come ti chiami?», per la prima volta risponde «sono la Beata Vergine Maria». Ripete più volte la parola “pace” e, finita l’apparizione, mentre i veggenti lasciano la collina, appare di nuovo solamente a Marija, stavolta piangendo e con la Croce alle sue spalle. Le sue parole sono tristemente premonitrici: «Il mondo può essere salvato soltanto tramite la pace, ma tutto il mondo avrà pace soltanto se troverà Dio. Dio c’è, ditelo a tutti. Riconciliatevi tra voi, fatevi fratelli». Dieci anni dopo, il 26 giugno 1991, scoppia la guerra dei Balcani, una guerra feroce e disumana proprio nel cuore dell’Europa che ridisegna completamente la Jugoslavia. Il giorno dopo, sabato 27 giugno, i giovani vengono convocati nell’ufficio della polizia e subiscono un primo lungo interrogatorio che comprende anche degli esami medico-psichiatrici, al termine dei quali vengono dichiarati perfettamente sani di mente. Una volta liberati, corrono alla collina per non mancare la quarta apparizione. La Madonna risponde a varie domande sul ruolo dei sacerdoti («devono essere fermi nella fede e aiutarvi, devono proteggere la fede del popolo») e sulla necessità di credere anche senza aver visto le apparizioni. Domenica 28 giugno una gran folla di persone provenienti da tutte le zone limitrofe inizia a radunarsi fin dalle prime ore, tanto che a mezzogiorno ci sono più di quindicimila persone in attesa dell’apparizione: un imponente raduno spontaneo che non ha precedenti in un paese a guida comunista. La Beata Vergine appare felice, prega con i veggenti e risponde alle loro domande. Domenica è anche il giorno in cui il parroco di Medjugorje, padre Jozo Zovko, rientrato da un viaggio e sbalordito da ciò che gli viene raccontato, interroga i veggenti per valutare la lo-

Il Santuario di Medjugorje

ro buona fede. Inizialmente è scettico e teme che sia una montatura del regime comunista per screditare la Chiesa, ma le parole dei giovani, così spontanee e senza contraddizioni, lentamente vincono le sue riserve anche se sul momento decide di usare prudenza e non appoggiare ciecamente i sei ragazzi. Il lunedì seguente, 29 giugno, è la festa dei Santi Pietro e Paolo, molto sentita dalla popolazione croata. I sei giovani veggenti vengono prelevati nuovamente dalla polizia e portati nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Mostar, dove ben dodici medici li aspettano per sottoporli ad un altro esame psichiatrico. Le autorità sperano che venga stabilita la loro infermità mentale ma la dottoressa che guida questa equipe medica, tra l’altro di fede musulmana, dichiara che non sono i ragazzi ad essere pazzi ma piuttosto chi li ha condotti lì. Nella sua relazione alla polizia segreta scrive di essere rimasta particolarmente colpita dal piccolo Jacov e dal suo coraggio: più veniva accusato di raccontare falsità e più lui si dimostrava fermo e incrollabile nelle sue affermazioni, senza tradire alcuna paura ma anzi manifestando una fiducia incrollabile nella Madonna, per la quale è disposto a dare la vita. «Se c’è una manipolazione in quei ragazzi – dichiara la dottoressa – io non ho potuto smascherarla». Quella sera, durante l’apparizione, tra la folla si trova anche un bambino di 3 anni, Danijel Šetka, gravemente malato di setticemia, ormai incapace di parlare e camminare. I genitori, disperati, chiedono l’intercessione della Madonna per guarire il piccolo e lei acconsente ma chiede che l’intera comunità e in particolare i due genitori preghino, digiunino e vivano una fede autentica. Le condizioni di Danijel migliorano progressivamente e per la fine dell’estate il bambino è in grado di camminare e parlare. Questa è la prima di una lunga serie di guarigioni miracolose che ad oggi sono diverse centinaia.

I veggenti di Medjugorje

MEDJUGORJE

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Mauro Mari Maris Paesaggi inaspettati

www.mauromaris.it [email protected] + 39 320 1750001

Itinerari del gusto A cura di Filippo Cianfanelli

Trattoria dell’Orto

La vera cucina fiorentina nel cuore di San Frediano Testo e foto di Filippo Cianfanelli

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n piazza Tasso, a Firenze, fino all’abbattimento delle mura trecentesche, si apriva la Postierla Giano della Bella. Gran parte dei terreni, che da qui arrivavano fino a Porta San Frediano, nella prima metà del Cinquecento appartennero ai frati camaldolesi, nati in Casentino ad opera di San Romualdo, che vi costruirono un loro monastero e decine di casupole ad esso addossate. Come tutti i frati, accanto al monastero, i camaldolesi avevano un grande orto, sia per le piante medicinali che per gli alberi da frutto e le verdure necessarie in cucina. Ecco spiegato il nome di via dell’Orto, la strada che dall’attuale viale Ariosto conduce a piazza Piattellina, in prossimità di piazza del Carmine. Per secoli è stato un quartiere povero e malsano, ma nel Novecento ha acquistato un suo proprio carattere tanto da essere oggi una delle poche strade cittadine dove ancora trovare i veri fiorentini. Negli ultimi decenni sono nati in questa zona numerosi ristoranti tipici, tra questi eccelle la Trattoria dell’Orto, nata nell’ottobre 2002 ad opera di Arturo Caminati. Arturo ha sempre vissuto nel mondo della ristorazione, muovendosi a proprio agio tra le trattorie toscane così come in ristoranti di classe in Italia e all’estero, e proprio lavorando lontano da Firenze, in Brasile, ha incontrato la sua compagna che oggi accoglie i clienti nel suo ristorante dato che lui è sempre impegnato ai fornelli. La cucina è completamente a vista e lo scambio verbale e scritto fra gli abili camerieri e lo chef avviene con una rapidità quasi incredibile, data anche la grande varietà di piatti nel menù. Bello il locale, con un’ampia stanza dagli altissimi soffitti in travi di legno, dove in una grande vetrina fa bella mostra di sé un’ottima selezione di bottiglie, sapientemente riportate nella ricca carta dei vini, divisa per case produttrici, non solo toscane. In estate è possibile mangiare all’aperto nella corte, agibile però anche in questa stagione grazie alla copertura in vetro e ai tendaggi che creano una diffusa illuminazione naturale. Ho provato il ristorante una domenica a pranzo e, come ormai raramente succede, mi sono subito trovato a mio agio con i commensali dei tavoli vicini. Si capiva che molti erano clienti abituali, alcuni dei quali lavoravano nel commercio alimentare e certamente erano lì perché sapevano che Arturo non li avrebbe delusi. Il menù è molto ampio a partire dalle oltre dieci proposte di antipasti e ben venti primi. Fra i secondi troviamo molti arrosti ma soprattutto specialità alla griglia. Non mancano le proposte per chi non ama la carne, tra le quali mi sono sembrati molto allettanti i fiori di zucca fritti ripieni con mozzarella e acciuga ed un originale spiedino di provola

e porcini. Ho lasciato allo chef la scelta dei piatti per il nostro pranzo, invitandolo a limitarsi a degli assaggi dato che le porzioni solitamente sono molto abbondanti. Abbiamo cominciato con l’Antipastone di Arturo dove, accanto ai vari crostini e affettati, ho apprezzato l’originale crespella salata con speck e provola e l’involtino di verza con salsiccia e stracchino. Tre i primi assaggiati: un delicato risotto ai fiori di zucca e mozzarella, dei caratteristici pici all’aglione e grandi tagliatelle fatte in casa servite con un sugo al cinghiale e grandi pezzi di carne molto tenera. Ho evitato di prendere la bistecca perché solo a vederla ero sicuro della sua qualità, come pure le tagliate di manzo, servite in quattro varianti, con misticanza, gorgonzola, pepe nero e rosmarino o all’alpina. Abbiamo invece assaggiato il classico peposo alla fornacina con spinaci e un saporito coniglio ripieno servito con patate. Per gli amanti del fritto molto invitante il Frittone di Arturo comprendente pollo, coniglio, melanzane e zucchine. Molto richiesta è anche la classica trippa alla fiorentina. Per chiudere, i dolci della casa, con proposte classiche come profitterol, millefoglie con crema Chantilly e crema catalana servita fredda con una croccante crosta di zucchero caramellato creata con il cannello al momento di servirla. A fine pranzo, Arturo, venuto al nostro tavolo, ci ha spiegato quale sia oggi la vita del titolare di un ristorante, le tante difficoltà che s’incontrano, non ultima quella di trovare personale disposto a sacrificare sabati e domeniche per avere in cambio non solo un buono stipendio, ma anche importanti rapporti umani.

Arturo Caminati, chef e titolare della Trattoria dell’Orto

TRATTORIA DELL’ORTO

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Storie di collezionismo

Un’incredibile collezione di presepi Testo e foto di Barbara Santoro

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n occasione del Natale da poco trascorso, ho ripetuto il rito che da anni ormai, l’8 dicembre, mi vede tirare fuori dagli armadi della mia casa in campagna i ben quattrocentosessantuno presepi che ho collezionato nel tempo. Oggi, ai ricordi della generazione dei figli si aggiunge quella dei nipoti che davvero non possono e non vogliono rinunciare a visitare questa incredibile scenografia di capannucce. Ho avuto la fortuna di visitare tanti luoghi e, ogni volta che tornavo da un viaggio lontano, avevo sempre, dentro una grande borsa, qualche presepe da mostrare. A questi doni portati dai paesi più diversi del mondo, si sono aggiunti poi molti regali di amici cari che hanno fatto accrescere di volta in volta la mia collezione. Ripenso con vero piacere a quando, nell’ex Birmania, oggi Myanmar, riuscii a scova- In questa e nella foto sotto alcuni dei presepi nella collezione di Barbara Santoro re in un grande magazzino un presepe tutto viola, dello stesso colore della Fiorentina. Ancora oggi, erano già ingombre di magnifiche luci ed addobbi strepitomio nipote quindicenne Lorenzo, davanti a questo presepe, si in tutte le attività commerciali. Entrai nel negozio di un cemi sussurra: «Ehi, nonna, ricordati che sono l’unico maschio ramista e scelsi per la mia collezione una giara a forma di ed il presepe viola tocca a me». Un altro bel ricordo è quel- presepe; molte delle amiche venute in viaggio con me si ferlo di una settimana trascorsa in Sicilia. Quando partimmo da marono a comprare oggetti da portare a casa come ricordo. Firenze era il 6 dicembre e la città non era ancora stata alle- Quando arrivammo a Firenze e scendemmo all’aeroporto di stita con le luminarie natalizie. A Palermo, invece, le strade Peretola, prima di salutarci, ognuna di loro mi mise in mano un pacchettino. Ringraziai di cuore le gentilissime signore e, arrivata a casa e scartati i doni, mi resi conto che erano tutti presepi. Ancora oggi, questa raccolta di presepi siciliani fa bella mostra di sé sopra un mobile della mia casa di campagna. Un anno ci recammo a Venezia per far vedere questa città davvero unica alle figlie piccole. Girovagando tra le calli, vedemmo esposto in una vetrina un grazioso presepe di vetro. Benedetta e Francesca, che erano per mano al nonno Riccardo, fecero osservare questo fragile oggetto al nonno, che subito, ricordandosi della mia collezione, lo acquistò per me. Potrei continuare a raccontare tante storie legate alla mia passione ma preferisco raccontarvele dal vivo quando verrete a vederla: siete tutti invitati.

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COLLEZIONE DI PRESEPI

Ritratti d’artista

Nikla Biagioli

Dal 2005 dedita alla digital art, invita l’osservatore a compiere un viaggio alla ricerca del “non visibile” di Jacopo Chiostri

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l 12 dicembre scorso, presso ARTinGENIO Museum, polo di arte contemporanea delle Officine Garibaldi a Pisa, si è tenuta la cerimonia del Premio ARTinGENIO Museum 2022, dedicato a Pier Paolo Pasolini. Tra i partecipanti una figura nota ai nostri lettori, Nikla Biagioli, con un’opera digitale intitolata Dualità. Artista eclettica, con un solido curriculum alle spalle e una poetica in continua evoluzione, la Biagioli crea digital art dal 2005; l’ha scelta per le possibilità che le offre di interagire con il pubblico e per le infinite potenzialità e i tanti possibili esiti cromatici (va ricordato che stampa le opere digitali su tela e le firma col pennello, una soluzione che le consente di garantirne l’autenticità e la non riproducibilità se non sotto il suo controllo). Quale che sia il medium, nell’arte di Nikla Biagioli il filo conduttore non è variato nel tempo e con le diverse forme espressive, siano queste la pittura ma anche l’amata scrittura, la ceramica o la scultura: in quello che crea emerge il medesimo afflato poetico, a volte aulico e delicato, altre autorevole e ricco di forza evocativa. Artista multiforme e di lungo corso, la Biagioli ha iniziato giovanissima a dare forma al proprio estro creativo, scrivendo poesie e prosa e “pasticciando” con matite, gessetti e pennelli sotto la guida del pittore Rinaldo Bettini, cugino della mamma. Ha esposto la sua pittura, ma ha anche pubblicato i propri scritti su riviste letterarie, il tutto sulla spinta, emozionale, di un’interiorità dirompente tradotta in riflessioni, quesiti, simbologie, nelle quali il controllo artistico media con le sollecitazioni intellettuali producendo un equilibrio che in pittura è rintracciabile nell’armonia della forma e nella dialettica coloristica. Nei suoi quadri, su tutto domina il movimento; l’hic et nunc davvero dura quanto il battere di un ciglio, perché subito, sotto i nostri occhi, la narrazione sembra voltare pagina alla ricerca di nuove verosimiglianze con le quali esporre le proprie verità. Nikla Biagioli dà ascolto a emozioni, pensieri, fragilità, timori, e che tutto questo si traduca in una riproduzione del visibile, in fondo non significa granché, laddove le sue ragioni sono, all’opposto, invitare ad un pellegrinaggio interiore alla ricerca del “non visibile”. Il fatto che le opere si occupino anche di tematiche sociali, non fa altro, poi, che validare il suo diritto ad un posto di rilievo nel mondo artistico contemporaneo. Lo spazio a disposizione non consente di elencare tutte le tappe della sua carriera artistica; tra i premi vanno ricordati il 1° Premio “Città di Bibbona” e il Premio Internazionale G. Galilei a Rovigo; tra le esposizioni quella di Phoenix (Arizona) del 2012, poi nel 2013 la personale Sogni… Realtà al Palazzo Pretorio di Barberino di Mugello; nel 2014, 2015 e 2016 le collettive nelle

sale del Teatro Corsini a Barberino di Mugello; dal 2014 al 2020 le collettive alla Casa di Giotto a Vicchio; nel 2016 la mini personale alla galleria Elle di Treviso con Vittorio Sgarbi; nel 2016 a Palazzo Dragoni per Spoleto ArtFestival; nel 2021, allo Spazio Espositivo San Marco di Firenze, I colori del Carnevale, I colori della primavera e la mostra dedicata a Dante; nel 2021, alla Vecchia Propositura di Scarperia, Flora e Fauna del Colle di Vespignano. Ancora nel 2021 la collettiva Art3 alla galleria Elle a Preganziol (TV) presentata da Vittorio Sgarbi, e sempre nel 2021, alla galleria Elle, un’altra collettiva con la presentazione del critico Giorgio Gregorio Grasso. Poi nel 2022 due collettive Art3 a Preganziol presentate da Vittorio Sgarbi; infine, è in pieno svolgimento in questi giorni l’ottava edizione della Fiera Internazionale del Mini Quadro presentata da Giorgio Gregorio Grasso, alla quale la Biagioli partecipa con due opere. [email protected]

Cigno nero (2010), digital art, cm 52,5x80

NIKLA BIAGIOLI

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Massimo Taccetti

Io per la vita, jesmonite bronzea, cm 220x140

Scultura monumentale realizzata e donata dal maestro Massimo Taccetti per onorare il valore del dono svolto dai Confratelli e dalle Consorelle della Misericordia sia nel passato che nel presente e nel futuro. L’opera, alta 220x140 cm, realizzata in jesmonite bronzea e collocata nel giardino della Misericordia a Lastra a Signa, si sviluppa in tre moduli: il Soccorritore, il Salvato e la Morte sconfitta. [email protected]

Eccellenze toscane in Cina A cura di Michele Taccetti

CETC

Il colosso cinese del fotovoltaico sbarca in Toscana di Michele Taccetti

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’energia solare è la fonte energetica del futuro. La guerra fra Russia e Ucraina ha messo a nudo la fragilità dell’economia mondiale legata al petrolio, al gas ed al carbone e solo in piccola parte alimentata con l’energia solare. In questi ultimi mesi ogni nazione ha preso coscienza della necessità e dell’urgenza di trovare all’interno dei propri confini fonti energetiche alternative in modo da sviluppare la propria economia ed essere indipendenti da quelle fin qui utilizzate, per lo più controllate da pochi paesi. L’energia solare è da sempre l’alternativa più ecologica e più economica che ogni paese può utilizzare, soprattutto per quelli come il nostro, famosi nel mondo proprio per il sole. I paesi che maggiormente hanno investito Pannello solare realizzato dal gruppo CETC sulla ricerca per lo sviluppo dello sfruttamento dell’energia solare sono gli Stati Uniti e la Stato e terzo gruppo di elettronica e IT della Cina (dopo Cina. I primi, da anni, ricercano nuove tecniche e materia- Huawei e Lenovo) che dipende dal Ministero dell’Industria li anche grazie agli investimenti legati allo sviluppo delle e dell’Informazione Tecnologica di Pechino. Il produttore è piattaforme spaziali necessariamente tenute in vita dall’e- verticalmente integrato: silicio, wafer, celle e moduli con nergia solare; mentre i secondi, come spesso accade, han- una capacità produttiva di 3.5 GW ed è in possesso di tutno creato sinergie con i più qualificati produttori stranieri te le certificazioni sui prodotti e sulla produzione sia cinein USA, Germania, Giappone e Corea, ed hanno sviluppa- si sia internazionali: TUV/CE per l’Europa, UL per gli Stati to centri di ricerca e soprattutto messo a punto capacità Uniti, MCS per il Regno Unito, CEC per l’Australia, ISO, etc. produttive in grado di coprire il fabbisogno mondiale pun- Le linee di produzione sono interamente automatiche per tando principalmente al controllo delle materie prime. Uno la produzione massiva di moduli ad alta efficienza, con gedei più grossi colossi per la produzione di pannelli solari stione smart e controlli automatizzati, riducendo al miniha guardato alla Toscana per creare il suo centro di svilup- mo il rischio di errori umani dovuti alla manualità. CETC po di collaborazioni e vendite sul mercato italiano. China progetta e realizza, inoltre, macchinari per la produzione 2000 srl (www.china2000.it) è l’ufficio di rappresentan- di celle e moduli. I rapporti fra Italia e Cina sono da semza autorizzato per l’Italia di uno dei più grandi produttori pre ottimi ed in continua evoluzione, ed ancora una volta di articoli fotovoltaici cinesi parte del gruppo CETC - Chi- la Toscana ricopre un ruolo centrale nel dialogo fra questi na Electronics Technology Group Corporation, azienda di due paesi.

A

mministratore unico di China 2000 SRL e consulente per il Ministero dello Sviluppo Economico, esperto di scambi economici Italia-Cina, svolge attività di formazione in materia di marketing ed internazionalizzazione.

[email protected] China 2000 srl @Michele Taccetti Michele Taccetti Michele Taccetti

CETC

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A tavola con... A cura di Elena Maria Petrini

Lorenzo Andreaggi Fiorentino DOC, attore e sceneggiatore di talento, è considerato l’erede artistico di Narciso Parigi con il quale ha inciso l’album Italia, America e ritorno di Elena Maria Petrini / foto Cristiano Biagioni e Fabio Mandosio

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uesto mese intervistiamo l’attore, sceneggiatore, cantante e regista Lorenzo Andreaggi, fiorentino DOC ed erede artistico di Narciso Parigi, personaggio leggendario ed elemento di spicco della scuola degli stornellatori toscani, tanto amato dal pubblico radiofonico a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento. Il passaggio del testimone artistico è avvenuto con la realizzazione dell’album Italia, America e ritorno che contiene diciassette brani, per lo più inediti in Italia e composti da Narciso Parigi con l’interpretazione di Andreaggi. A questo disco, che racconta l’amicizia tra i due artisti, hanno partecipato, tra gli altri, il pianista Stefano Bollani e Irene Grandi. Quest’ultima ha duettato con Andreaggi nella ballata melodica dal titolo Cosa sognano gli angeli, con il testo Lorenzo Andreaggi con Chiara Nistri della Compagnia Giovani del Reims nella commedia di Narciso Parigi e la musica di Luciano Della Santa; Sarto per signora (ph. Fabio Mandosio, 2013) di questa ballata è stato realizzato anche un videoclip visibile sul canale YouTube del cantante. Nel 2011, An- regia di Alessandro Sarti, che ripercorre, in chiave romanzata, dreaggi ha fatto parte del nutrito cast della commedia Amici la vita di Leonardo da Vinci; con lui recitano nel film, Alessanmiei - Come tutto ebbe inizio, per la regia di Neri Parenti e dro Calonaci, Athina Cenci, Sergio Forconi, Daniela Morozzi con Michele Placido, Cristian De Sica, Alessandro Benvenuti, e altri. Ha recitato con l’attrice Barbara De Rossi in un reaGiorgio Panariello, Massimo Ghini, Andrea Muzzi, Eros Pagni, ding teatrale sulla misoginia di Dante (2021). Il prossimo 13 Paolo Hendel e altri. Ha interpretato poi il ruolo del messo di gennaio, al Teatro Aurora di Scandicci, andrà in scena come Lorenzo il Magnifico nel film Quel genio del mio amico, per la attore e regista dell’adattamento teatrale del film Il vizietto, celebre commedia cult di Jean Poiret nella quale interpreterà Albin Mougeotte, detto “Zaza Napoli”, al fianco di Alessandro Calonaci nel ruolo dell’altro protagonista Renato Baldi. Quando è nata la sua passione per la recitazione?

Con Narciso Parigi durante la lavorazione del disco Italia America e ritorno (ph. Cristiano Biagioni, 2018)

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LORENZO ANDREAGGI

Ho iniziato a fare teatro in varie compagnie quando avevo quattro anni. La passione per la recitazione l’ho sempre avuta; in famiglia c’era già questo animo goliardico ereditato da entrambi i nonni. Quello paterno era stato scritturato a Cinecittà, anche se, a causa del clima benpensante dell’epoca, dovette tornare a Firenze a finire gli studi. La bisnonna materna, Sira, recitò nel film Romola girato nel 1924 negli studi appositamente costruiti a Firenze, nel quartiere di Rifredi, con la regia di Herny King. Ma quello che mi ha fatto avvicinare di più a questo mondo è stato mio zio Vittorio che spesso riprendeva con la telecamera quello che accadeva in famiglia. Avevamo nel giardino di casa, in zona Firenze sud, una grotta settecentesca dove organizzavamo feste come la rificolona, il carnevale ed altre tradizionali fiorentine, e ci ritrovavamo per cene a base di burle, con scherzi a volte pesanti e abbastanza volgari come tradizione vuole. Avevo 7 anni quando

iniziai a girare i miei primi cortometraggi in casa. Infatti, quando andai a fare il provino da Neri Parenti, suo figlio si stupì del fatto che nel mio curriculum ci fossero già ben duecento cortometraggi girati da bambino. Dopo essere entrato nella Compagnia Stabile di Adelaide Foti a Firenze, sono diventato capo comico della Compagnia Giovani del Reims diretta da Niccolò Biffoli. È autore dei testi che interpreta? E, se sì, a chi o a cosa si ispira? Sì, scrivo personalmente i testi dei personaggi che interpreto e dei film che dirigo. Ho scritto le sceneggiature dei film I trabocchetti del Bandino (2011), Anunnaki (2014) e Fiabe italiane (2022) e del docufilm Quando gli Dei crearono l’uomo (2019), uscito in DVD. Per quanto riguarda l’ispirazione, credo che si debba scrivere di ciò che si conosce bene, per questo motivo studio e mi documento sempre, ad eccezione di alcuni testi fantasy nei quali do libero sfogo all’immaginazione.

Con Alessandro Calonaci nella pièce teatrale Il vizietto (ph. Fabio Mandosio, 2022)

Coltiva altre passioni? Da tre anni a questa parte mi dedico al canto con molta soddisfazione. L’amicizia con Narciso Parigi è nata nel 2013 quando, dopo avergli inviato una lettera, mi invitò ad andare a casa sua. Lui si mise al pianoforte ed io iniziai a cantare; gli piacque la mia voce e mi propose di interpretare alcune sue canzoni che avevano avuto successo in America ma erano ancora inedite in Italia. Allora però non accettai il suo invito. Dissi di sì, invece, nel 2017, perché nel frattempo avevo creato uno spettacolo musicale itinerante intitolato Canta Firenze, nel quale interpretavo i successi di Odoardo Spadaro raccontando le storie della Firenze medievale. Narciso venne a vedermi a teatro e mi chiese di nuovo di cantare insieme. Mi presentò il produttore Sergio Salaorni e nacque così il disco Italia, America e ritorno (2020), dove ho avuto l’opportunità di cantare con grandi interpreti come Stefano Bollani, Irene Grandi, Fabio Armiliato, Alessandro Finazzi della Bandabardò ed Antonio Aiazzi dei Litfiba. In questa occasione, è nata anche una bella collaborazione professionale con Irene Grandi, che insieme a me, al Teatro dei Dovizi di Bibbiena, ha girato il videoclip della canzone Cosa sognano gli angeli. In seguito, ho realizzato la regia del suo ultimo singolo Quel raggio nella notte. Che rapporto ha con il cibo? E con la cucina toscana in particolare?

Con Michele Placido, Eros Pagni, Christian De Sica, Giorgio Panariello e Paolo Hendel durante le riprese a Cinecittá nel 2010 del film Amici miei - Come tutto ebbe inizio di Neri Parenti

Con Irene Grandi al Teatro dei Dovizi di Bibbiena durante le riprese del videoclip della canzone Cosa sognano gli angeli (ph. Fabio Mandosio, 2020)

Sono un buongustaio perché sono stato viziato da mia nonna Wilma e da mia madre. La mia specialità sono le penne o altro tipo di pasta al pomodoro. Ricordo quando stavamo girando in una cava, nella zona delle Crete Senesi, il video di Irene Grandi; ci fermammo a mangiare da quelle parti e

ci rimpinzammo di specialità toscane, una vera goduria, come sempre succede quando il cibo incontra l’arte. Il grande Alfred Hitchcock non parlava mai di cinema con i suoi attori quando li portava a mangiare, perché di fronte ad un buon piatto e ad un bicchiere di vino si parla d’altro…

LORENZO ANDREAGGI

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B&B HOTELS Italia

Una nuova apertura in Piemonte con il B&B Hotel Borgaro Torinese di Francesca Vivaldi

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&B HOTELS, catena internazionale con oltre seicentosettanta hotel in Europa, amplia ulteriormente la sua presenza in Italia con l’acquisizione del B&B HOTEL Borgaro Torinese, portando così a quattro i suoi alberghi presenti in Piemonte, tre dei quali aperti nel 2022 nell’area di Torino. Situato nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Torino Caselle, a soli 7 km dalla Reggia di Venaria Reale, a 10 minuti dall’Allianz Stadium, l’hotel è la soluzione ideale per chi desidera soggiornare in una location a 4 stelle a 2 km dal capoluogo di regione per business o per leisure. L’hotel dispone di centoquarantasette camere non fumatori in tipologia singola, doppia, matrimoniale, tripla e quadrupla, tutte dotate dei comfort necessari per godersi un momento di relax dopo gli impegni di lavoro, un viaggio in aereo o un’intensa giornata alla scoperta della destinazione. Non mancano infatti Wi-Fi gratuito a 300 Mb/s in tutti gli spazi comuni e nelle camere, bagno con doccia e asciugacapelli, climatizzazione autoregolabile, Smart TV con canali satellitari e SKY, Frigobar e cassaforte elettronica. Uno stile smart e minimal caratterizza l’arredamento e l’accoglienza. Al mattino, la colazione offre un ricco buffet dolce e salato di alta qualità che si completa con prodotti bio e gluten free. Il B&B HOTEL Borgaro Torinese dispone inoltre di un ampio parcheggio esterno e garage privato accessibile agli ospiti. Per chi non vuole rinunciare ai sapori autentici della tradizione piemontese, il Ristorante Rubino annesso alla struttura è il posto ideale per pranzi e cene in grado di soddisfare ogni palato. A completamento dei servizi è disponibile anche una navetta che collega l’aeroporto alla stazione di Torino. «Crescita e aperture da record nel 2022 che, nonostante un inizio dell’anno segnato dalla pandemia, conta l’apertura di nove strutture sul territorio nazionale superando le otto del 2021» ha dichiarato Valerio Duchini, presidente e amministratore delegato di B&B HOTELS Italia. «Una pipeline serrata, quella di B&B HOTELS, che per il 2023 vede oltre dieci nuove aperture, tra acquisizioni e riconversioni in destinazioni primarie e secondarie, per una clientela sia business che leisure da nord a sud Italia», conclude Duchini. Il B&B HOTEL Borgaro Torinese è una location ideale per anche meeting aziendali grazie a sale modulabili e perfet-

tamente attrezzate per ospitare qualsiasi genere di convegno o evento fino a un massimo di cinquecento persone. Spazio anche per ogni occasione speciale per chi abita nei dintorni: matrimoni, battesimi, comunioni, lauree ma anche compleanni, cene aziendali o semplici feste tra amici. Oltre alla sala conferenze principale, il B&B HOTEL Borgaro Torinese dispone anche di sale secondarie, come la Sala Panorama, la Sala Monterosa e la Sala Monviso, ideali per eventi minori fino a centoventi persone.

Galleria Grande, Reggia di Venaria

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B&B HOTEL BORGARO TORINESE

Il Gruppo B&B HOTELS Acquisito dalla società d’investimento Goldman Sachs Merchant Banking nel luglio 2019, il gruppo B&B HOTELS è la catena alberghiera internazionale di segmento value for money più importante e in più rapida crescita in Europa. In Francia conta 358 hotel, in Germania 162 hotel, in Italia 59 e in Spagna 40. B&B HOTELS gestisce anche 10 hotel in Polonia, 8 in Svizzera, 9 in Portogallo, 1 in Repubblica Ceca, 7 in Belgio, 2 in Slovenia, 6 in Austria, 1 in Olanda, 1 in Ungheria e 6 in Brasile. I B&B HOTELS offrono ai clienti business e leisure una combinazione di comfort, design e servizi di alta qualità ad un prezzo competitivo. Il gruppo B&B HOTELS viene regolarmente premiato in Francia, Germania e Italia per il suo concetto innovativo e la sua forte crescita. www.hotelbb.com Sala congressi all’interno della struttura

Una camera matrimoniale del B&B HOTEL Borgaro Torinese

B&B HOTEL BORGARO TORINESE

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Benessere e cura della persona A cura di Antonio Pieri

Iniziare l’anno prendendosi cura di mani e labbra in maniera naturale di Antonio Pieri

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’anno è ormai iniziato e, si sa, le basse temperature di gennaio non sono sicuramente le migliori amiche della pelle. Inoltre, gli sbalzi termici caldo-freddo sono “terribili” per la pelle, soprattutto per le parti più esposte come labbra e mani. Occorre quindi prevenire per evitare secchezze, screpolature e microtagli della cute dovuti alla scarsa idratazione. Perché con il freddo la pelle si secca? Con il freddo, per evitare la dispersione di calore, l’organismo ricorre al processo di vasocostrizione: i vasi sanguigni si restringono e il sangue affluisce in maniera minore nelle parti esterne del corpo. Tutto questo privilegiando gli organi vitali interni, lasciando però con meno sangue – e quindi anche con meno calore e nutrimento – le parti più esterne. La conseguenza di tutto ciò sono arrossamenti, screpolature e, nei casi più estremi, tagli e ragadi, fenomeni fastidiosi, dolorosi e antiestetici. Come risolvere il problema? Una prima soluzione è quella di tenere sempre ben idratata la pelle, soprattutto le parti più esposte a questo problema (mani e labbra) con una crema idratante e un buon burro labbra. L’idratazione però non basta e poi non tutti i prodotti vanno bene. Infatti, la maggior parte di quelli che troviamo in commercio contengono agenti chimici che aggrediscono la pelle e risolvono il problema solo a livello superficiale. Per questo motivo dovremmo prediligere prodotti naturali e vegetali privi di ingredienti di origine sintetica, che nutrono e idratano la pelle in profondità. Fra i migliori ingredienti che aiutano l’idratazione della pelle sono da evidenziare l’olio extravergine di oliva e gli oli essenziali di rosa damascena, canina e centifolia. L’olio extravergine di oliva, ricco di grassi polinsaturi e monoinsaturi, polifenoli, tocoferoli e vitamina E, riesce a nutrire in modo ottimale la pelle e di conseguenza i pro-

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dotti formulati con questo prezioso principio attivo donano il necessario nutrimento per ricostruire il naturale film idrolipidico superficiale, utile per la difesa dalle aggressioni esterne e in particolare dal freddo. Ed è proprio l’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico il principio attivo naturale presente nella crema nutritiva mani e unghie e nel burro labbra idratante della linea Prima Spremitura di Idea Toscana. Gli oli essenziali alla rosa, nello specifico rosa damascena, canina e centifolia, hanno proprietà idratanti, rinfrescanti, lenitive e elasticizzanti che aiutano a prevenire la secchezza della pelle e l’invecchiamento cutaneo. Nella linea Prima Fioritura, con oli essenziali naturali di rosa damascena e centifolia e olio biologico di rosa canina, sono presenti prodotti come il burro labbra, la maschera labbra o lo scrub labbra, perfetti per prendersi cura delle proprie labbra ed evitare spiacevoli screpolature o tagli. Ti aspettiamo nel nostro punto vendita in Borgo Ognissanti 2 a Firenze, nel nostro negozio aziendale di Sesto Fiorentino in viale N. Machiavelli 65/67 oppure sul sito www.ideatoscana.it per prenderti cura della tua pelle in maniera naturale e biologica.

ntonio Pieri è amministratore delegato dell’azienda il Forte srl e cofondatore di Idea Toscana, azienda produttrice di cosmetici naturali all’olio extravergine di oliva toscano IGP biologico. Svolge consulenze di marketing per primarie aziende del settore, ed è sommelier ufficale FISAR e assaggiatore di olio professionista.

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CURA DI MANI E LABBRA

[email protected] Antonio Pieri

Cosmetici Naturali e Biologici per il Benessere

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