Story Transcript
MARCH 2006
A MULTILINGUAL NEWSPAPER FOR A DIVERSE COMMUNITY
Liivviinngg L Laarrggee,, F Feeeelliinn’’ F Fiinnee L
KINGSTON JAMAICA
VOL. 9 NO. 2
JAPANESE 9
GODZILLA MOVIES:
More than Just a Big Scare! ITALIAN
2
The Flame’s Extinguished -What’s Next for Turin? and Italy’s Elections The purpose of this section is to reflect the ethnic diversity of the Bronx and to serve as a cultural and linguistic bridge connecting the borough’s communities. We invite communities whose languages are not in this issue to contact us so that we may include them in the future.
PORTUGUESE 10
Immigration Reform for Brazillians in the United States
F R E N C H 3
SPANISH 4-5-11 World Cup 2006:
Part III of the Foreign Exchange Diaries.
The Multilingual Edition The Bronx Journal, a publication of the Department of Journalism, Communication and Theatre at Lehman College, CUNY 250 Bedford Park Blvd. West, CA 259 Bronx, NY 10468-1589 Tel (718) 960-8353 Fax (718) 960-8218 www.lehman.cuny.edu
Germany Foots the Bill While the World Comes Running!
PUBLISHED BY THE MULTILINGUAL JOURNALISM PROGRAM OF LEHMAN COLLEGE, CUNY www.lehman.cuny.edu
CU LEHMAN COLLEGE IS NY
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ITALIAN
TORINO DOPO TORINO MARA PALERMO The Bronx Journal Reporter
C
on un carnevale felliano termina il momento magico di Torino. Il capoluogo Piemontese ha saputo interpretare le Olimpiadi provando ad essere per due settimane una città al centro del mondo.
Con l’inizio dei Giochi, Torino si è svelata non solo agli stranieri ma anche agli stessi italiani come una città che si affacciava per la prima volta alla finestra del turismo internazionale. Ha sicuramente vinto per energia e calore. Basti pensare ai due sabati in cui i negozi sono rimasti aperti fino alle cinque del mattino, durante le cosidette notti bianche. Le notti dello shopping hanno colpito molti stranieri che si aspettavano solo una grigia città industriale. Torino ha quindi superato l’esame in turismo con voti più alti di quanto non siano toccati all’organizzazione delle gare. C’è una critica che ha messo d’accordo tutti: la scarsa partecipazione del pubblico. «L’Olimpiade delle due anime», come l’hanno giudicata alla Nbc ha patito per la distanza dei vari impianti sportivi. Calato il sipario sui giochi Olimpici 2006, il capoluogo Piemontese spera in un futuro ricco di turismo ed innovazione. Dopo aver vinto la scommessa Olimpica con una carica inaspettata di energia, ora restano le nuove strutture sportive ed una nuova immagine per una città da sempre snobbata dai turisti stranieri. Certo con la sua tipica architettura industriale italiana degli anni sessanta e settanta, molti Americani vedono in Torino solo la Detroit nostrana. È invece una città tutta da scoprire. Non a caso i giochi olimpici hanno fatto del capolugo Piemontese una delle località turistiche più ambite d’Italia. Torino è una citta che vale la pena di visitare anche senza le Olimpiadi. Certo i giochi invernali hanno segnato una svolta. Hanno fatto vedere al mondo che Torino sta cambiando. Sta diventando una città della ricerca e della sperimentazione, con una storia legata all’industria su cui si è innestato un progetto di ridisegno della sua identità. É una grande occasione per Torino. Appena spenti i riflettori sui giochi olimpici, Torino si prepara a organizzare un altro grande evento: per tutto il 2008 la città sarà una vetrina del design. A nominarla ‘World Design Capital’ è stato l’International Council of Societes of Industrial Design. Un bel riconoscimento per una città dominata da decenni dalle sue radici industriali che ora prova a crearsi una nuova identità. Il villaggio Olimpico realizzato nella zona dell’ex mercato ortofrutticolo sarà abitato dalla gente e molto probabilmente dall’Istituto europeo del design. Un anno cruciale, il 2008, in cui Torino, oltre a essere capitale mondiale del design, ospiterà il congresso degli architetti. Per una settimana saranno almeno in diecimila i professionisti che arriveranno in città. Insomma la città grigia e dipendente dalla Fiat sta cambiando pelle.
Photo:File
La Mole Antonelliana,Turin, Italy
Photo:File
Basilica Soperga, Turin, Italy
Voto all’estero MARA PALERMO The Bronx Journal Reporter
P
er la prima volta nella storia della Repubblica, circa 4 milioni di Italiani residenti all’estero voteranno per corrispondenza. Grazie alla modifica degli articoli 48 e 56 e 57 della Costituzione, questi elettori non saranno più costretti a tornare in Italia per esercitare il loro diritto di voto. Potranno farlo per posta in tutti gli Stati che hanno sottoscritto precise intese con il Governo Italiano. Si tratta di una grande conquista per un vasto numero di italiani che intendono partecipare alla vita politica e civile del Paese di origine pur non essendovi residenti. Si tratta di un’altra Italia disseminata per il mondo. Un popolo di circa 60 milioni di italiani oriundi che in modi diversi sono ancora legati all’Italia. Sono coloro che hanno portato il Belpaese nel mondo e che ora hanno il diritto fondamentale di votare nel loro paese di adozione. Voteranno per le liste di candidati presentate per la Circoscrizione Estero nelle elezioni di Camera e Senato e per i quesiti referendari nel caso di Referendum Popolari. La Circoscrizione Estero è ripartita in quattro aree: Europa compresi i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia; America Meridionale; America Settentrionale e Centrale; Africa, Asia, Oceania e Antartide. Fanno parte della Circoscrizione estero 18 rappresentanti par-
lamentari degli italiani che vivono all’estero: 12 per la Camera e 6 per il Senato, ricompresi nel numero totale dei parlamentari appartenenti alle due Camere. Come si vota per corrispondenza? Per permettere l’esercizio del diritto di voto tramite corrispondenza nei Paesi con i quali si sono raggiunte le intese, l’Ufficio consolare, spedisce un plico a tutti gli elettori della sua circoscrizione (esclusi quelli che hanno deciso di votare in Italia) non oltre 18 giorni prima della data stabilita per le votazioni in Italia. Il cittadino italiano residente all’estero, iscritto nell’elenco degli elettori, riceve le schede elettorali, le istruzioni per esprimere il voto ed una busta prepagata da utilizzare per la restituzione del materiale suddetto al Consolato entro il termine previsto (indicato nelle istruzioni). Il Consolato spedisce successivamente le schede elettorali in Italia per lo spoglio, che avverrà presso il ministero degli Interni, contemporaneamente allo spoglio delle schede elettorali degli italiani residenti in Italia. Potranno votare tutti quegli italiani che hanno compiuto 18 anni (per elezione della Camera dei Deputati e consultazioni referendarie) e 25 anni di eta’ (elezione del Senato) e che siano iscritti nelle liste elettorali predisposte sulla base dell’elenco aggiornato dei residenti all’estero, prodotto dell’unificazione dell’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), dei Comuni e degli schedari consolari. L’iscrizione si
effettua presso il Consolato competente. A seguito dell’entrata in vigore della legge 27 gennaio 2006 n. 22 possono votare per posta con le stesse modalità ed entro i termini stabiliti per i residenti, anche alcune categorie di cittadini temporaneamente all’estero per motivi di servizio o per missioni internazionali e precisamente: il personale appartenente alle forze armate e alle forze di polizia impegnato nello svolgimento di missioni internazionali, i dipendenti delle amministrazioni dello Stato, i professori universitari, i ricercatori e professori aggregati. Apparentemente, la legge n. 22 del 27 gennaio 2006 ha posto fine alla discriminazione a cui erano oggetto i militari impegnati nello svolgimento di missioni internazionali, il personale delle amministrazioni dello Stato all’estero per un periodo superiore a dodici mesi, i ricercatori ed i professori universitari in servizio presso istituti universitari e di ricerca in paesi stranieri. Tuttavia finché il voto per corrispondenza non assumerà veste costituzionale le discriminazioni continueranno a manifestarsi. Infatti, il provvedimento legislativo in questione è provvisorio. Riguarda solo le prossime tornate elettorali, quella legislativa di del 9 e 10 aprile e quella referendaria prevista nei prossimi mesi. Il prossimo Parlamento dovrà trovare una soluzione anche a queste discriminazioni, con l’auspicio che il problema sia affrontato non in una situazione di emergenza, alla fine della legislatura.
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FRENCH
La Vie newyorkaise inoubliable d’une étudiante étrangère
Photo: D.R. Bertille Tayoung
Bertille et son amie Emily au South Street Seaport.
Photo: D.R. Bertille Tayoung
Bertille avec une femme en costume au défilé de Halloween, Greenwich Village. BERTILLE TAYOUNG The Bronx Journal Reporter
A
près avoir appris que j’avais été sélectionnée par la MICEFA (The Interuniversity Mission for the Coordination of Franco-American Exchanges) pour le programme d’échange, j’ai décidé de bien préparer mon séjour. Bien que New York ne me soit pas inconnu, je me suis procuré des guides touristiques et livres sur la ville. Coté vêtements, je n’ai rien négligé – surtout pulls et manteaux d’hiver. Enfin j’ai bien veillé à ne pas oublier mon dictionnaire de poche et mes cds favoris. L’aventure pouvait commence ; j’étais parée. Arrivée sur place j’ai dû faire face à un autre problème : le logement. Cela reste
pour moi une des expériences les plus inoubliables. J’ai commencé par les journaux, les annonces Internet en passant par les affiches dans les rues, pour finir par les visites de chambres interminables. Ce n’est qu’une fois installée que j’ai vraiment pu débuter ma vie d’étudiante. La première fois que j’aie visité Lehman College, j’ai tout de suite su que j’allais m’y plaire. Un campus immense doté d’une salle de sport, des courts de tennis, un théâtre, un terrain de foot, un conservatoire... sans oublier les multiples cafétérias. Les cours eux-mêmes sont très intéressants et les professeurs très tolérants. J’ai aussi beaucoup apprécié le grand nombre de cours proposés. L’avantage de l’éducation américaine c’est que la plupart des étudiants sont pluridisci-
plinaires, ce qui m’a permis de rencontrer des étudiants dans tous les domaines. En revanche, j’ai été déçue par la vie des étudiants américains. Il faut dire qu’ils n’ont pas le temps de vraiment s’épanouir, étant donné le fait qu’ils travaillent tant (un tiers à temps plein, un tiers mi-temps) car les études universitaires sont tellement chères à New York. De plus, ils ne bénéficient d’aucune réduction pour les transports, le cinéma ou les autres loisirs, ce qui n’arrange pas les choses. En règle générale, la vie à New York est très chère : que ce soit pour les sorties ou les restaurants (pourboires impératifs !). Durant mon séjour à New York, j’ai eu la possibilité de voyager et de découvrir d’autres états comme le Connecticut, la Floride et la capitale Washington, D.C. Lors de ces voyages, j’ai pu apprécier d’autres cultures et comparer d’autres villes à New York. Une chose est sure : New York est une ville à part. En ce qui concerne la langue, je n’ai pas eu beaucoup de difficultés étant donné que j’avais étudié l’anglais pendant trois ans avant de venir à New York. Par ailleurs, New York est une ville multiculturelle, aux nombreux accents. Je n’ai pas eu de mal à me faire comprendre. Au fur et à mesure, mon vocabulaire s’est enrichi et ma compréhension s’est améliorée. En ce qui concerne la vie américaine, il faut avouer qu’elle est assez stressante. Les
gens dans les transports sont toujours pressés et anxieux. Un endroit à éviter à tout prix pendant les heures de pointe, c’est la 42e rue. La station est noire de monde et on ne peut en sortir. En revanche, ce qui est bien dans les transports à New York c’est qu’ils sont ouverts toute la nuit. Les épiceries sont aussi ouvertes 24/24h, ce qui est pratique pour les courses de dernière minute. Dans l’ensemble, je me suis assez bien adaptée à cette vie newyorkaise. J’ai moimême adopté certaines de leurs habitudes : café et donut dans une main, journal dans l’autre – c’est ainsi que je débute toutes mes journées. Ce séjour reste pour moi une expérience inoubliable. J’ai découvert une autre culture et appris à vivre dans un autre cadre. J’ai pensé que le fait d’avoir de la famille à New York depuis longtemps pouvait m’apporter un grand soutien moral et financier. En plus, spécialisée dans la civilisation et la littérature américaine, je me devais de découvrir et de vivre sur le territoire américain. Il est très recommandé après trois ans d’études d’une langue de passer au moins un an à l’étranger. Enfin, j’ai toujours été fascinée par la culture, la vie, la musique et le cinéma américain. Durant mon séjour j’ai fait de nombreuses connaissances, notamment dans mon université mais aussi dans la rue et durant mes sorties - des moments inoubliables qui restent à jamais gravés dans ma vie.
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ÉRASE UNA VEZ,
El 2006, como cada cuatro años, el mundo vuleve a girar ULISES GONZALES The Bronx Journal Reporter
E
l próximo 9 de junio, en la ciudad de Munich, las selecciones nacionales de Alemania y Costa Rica darán inicio, oficialmente, a la decimoctava Copa Mundial de Fútbol. Se calcula que la mayor parte de los habitantes de 150 países–de los 198 que existen– donde el fútbol es el deporte más importante, seguirán las incidencias de este campeonato mundial. Se estima en varios cientos de millones de personas los que verán en vivo el partido final que definirá al campeón de Alemania 2006, el 9 de julio en el estadio monumental de la ciudad de Berlín.
Mircea Eliade, el famoso erudito rumano, escribe que los hombres con cierto sentido religioso, antes de establecerse en un lugar que es nuevo para ellos, necesitan definir sus espacios sagrados. La iglesia es uno de ellos. Añadiremos, profanamente, que otro espacio sagrado, tal vez tan importante como las iglesias para darle sentido a una ciudad, es el estadio de fútbol. Cuando los españoles llegaban a los cálidos valles americanos donde debían fundar las primeras ciudades del nuevo continente, trazaban un cuadrado y establecían las posiciones del la catedral, primero y de la sede de gobierno, después. A partir de esos dos espacios se armaba la cuadrícula de calles, también llamado damero, donde se ubicaban los espacios para instituciones y negocios. Luego, algún comerciante emprendedor intuía que aquellos avezados pioneros necesitaban algo más que plegarias, libros y duelos para entretenerse y entonces, se construía la plaza de toros. En esa época, el coliseo, plaza o estadio, era un lugar para el esparcimiento, muy distinto del espacio consagrado para la religión. Los tiempos han cambiado: hoy no es posible imaginarnos una ciudad moderna, al menos en aquellos países donde al fútbol se le adjudica el soberano título de “deporte rey”, sin al menos una gran iglesia y un magnífico estadio de fútbol. El antropólogo Desmond Morris imaginaba que los extraterrestres que nos observaran desde el espacio tendrían problemas para entender el significado del fútbol en al curso de la historia los seres humanos en el siglo XX. Particularmente durante ese período de tiempo de más o menos un mes, en el que cada cuatro años se lleva a cabo un Mundial de fútbol. Morris especulaba sobre las teorías que tejerían estos habitantes de alejadas galaxias al estudiar el comportamiento de una especie supuestamente civilizada en referencia al fútbol. ¿Cómo explicar la devoción casi religiosa con la que cientos de millones de seres humanos, siguen las incidencias de un evento que se podría resumir así: dos equipos de 11 hombres cada uno, vestidos de colores y en pantaloncitos cortos, corriendo como si las vida se les fuera en ello, sobre un pedazo de césped, detrás de un balón? Para esta época, los alienígenas ya habrán descubierto otros aspectos vergonzosos de nuestra historia y las motivaciones ridículas detrás de nuestras magníficas guerras. ¿Pero habrán descubierto la trascendencia del fútbol en algunas naciones del mundo civilizado, la religiosidad con la que se sigue y se define la participación de una selección nacional en una Copa del Mundo? LOS INVENTORES Los inventores del fútbol fueron los ingleses. Por eso, al final de cada mundial, los comentaristas suelen deleitarse satirizando el mal papel que han hecho en la historia los inventores del fútbol. De los 18 mundiales que se han jugado, Inglaterra sólo ha sido campeón en uno, el que se jugó en su país en 1966. A diferencia de otros imperios modernos, los británicos que colonizaron e impusieron sus
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UNA COPA MUNDIAL alrededor de un balón de fútbol
leyes en tierras remotas, se quedaron a vivir en esas tierras y llevaron con ellos sus costumbres, sus ideas, sus vicios y también sus deportes. Sólo así se explica el alcance mundial de esta disciplina. Desde Harare, la capital de Zimbawe, hasta las Malvinas, frente a las costas argentinas, los británicos desperdigaron la semillita del fútbol, y éste, quizás debido a la sencillez de sus reglas y a la economía de sus utensilios (una pelota o cualquier cosa que se pueda patear, un par de mojones o palos que delimiten los límites de los arcos) se extendió entre los seres humanos y se transformó en la religión deportiva de las multitudes. UN POCO DE HISTORIA Es posible que en estos países donde el fútbol es como una religión, muchos niños en edad pre-escolar se sepan de memoria las sedes de los 17 mundiales de la historia del fútbol: Uruguay 1930, campeón Uruguay; Italia 1934, campeón Italia; Francia 1938, campeón Italia; Brasil 1950, campeón Uruguay; Suiza 1954, campeón Alemania; Suecia 1958, campeón Brasil; Chile 1962,
Es posible que en estos países donde el fútbol es como una religión, muchos niños en edad escolar se sepan de memoria las sedes de los 17 mundiales de la historia del fútbol campeón Brasil; Inglaterra 1966, campeón Inglaterra; México 1970, campeón Brasil; Alemania 1974, campeón Alemania; Argentina 1978, campeón Argentina; España 1982, campeón Italia; México 1986, campeón Brasil; Italia 1990, campeón Alemania; Estados Unidos 1994, campeón Brasil; Francia 1998, campeón Francia; Japón-Corea 2002, campeón Brasil. La organización encargada de todas las decisiones referentes al fútbol mundial, la que fija las reglas del juego y decide quién
será el país organizador de los siguientes mundiales de fútbol, se llama FIFA (Federación Internacional de Fútbol Asociado). Cuando el fútbol comenzó a tomar forma durante las primeras décadas del siglo XX, la prioridad de la FIFA era organizar los mundiales alternando sedes europeas con sedes sudamericanas que eran las dos zonas del mundo donde este deporte tenía mayor influencia. Conforme el fútbol pasó a convertirse en un negocio donde están involucrados millones de euros en recursos corporativos y el fútbol empezó a crecer en otras regions del orbe, se eligieron sedes como Estados Unidos 1994 o Corea-Japón 2002. La FIFA también ha dejado entrever la posibilidad de realizar un mundial en el África que es la zona del mundo donde el deporte se ha extendido con mayor fuerza. Hasta 1982 la FIFA intentó no repetir las sedes organizadoras. En 1986, cuando Colombia por problemas políticos y económicos declinó de organizar su mundial, México se convirtió, voluntariamente, en el primer país en repetir el papel de organizador. Alemania también organiza esta vez su
segundo mundial, después de Alemania 1974. LOS EQUIPOS Y LOS DIOSES Es difícil imaginar un brasileño que sea tan famoso en el mundo como Pelé. O un argentino que la mayor parte de la población del mundo conozca mejor que Maradona. En algunos países donde el fútbol despierta la pasión de la mayor parte de la población, conseguir una copa del mundo puede equivaler a lo que en otros países significa ganar una guerra mundial. En esta Guerra deportiva también hay héroes y leyendas y famosas rivalidades. El Brasil por ejemplo, es un país que resulta imposible de definir sin la idea del fútbol. Una de las mayores tragedias de su historia fue la derrota en la final del mundial Brasil 1950, por 2 a 1, a manos de Uruguay. Los historiadores conocen ese día como el Maracanazo y cada vez que Uruguay y Brasil vuelven a enfrentarse se alude a los fantasmas de aquel infausto día. Ocho años después del Maracanazo, un jugador de 17 años asombraba al mundo futbolístico. Su nombre, según la tradición de los grandes Sigue en la Página B-11
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CITIES OF THE WORLD
CITIES OF THE WORLD
KINGSTON, JAMAICA
The Town That Scarlett, Rhett, Ted Turner and Coca-Cola Call Home
Living Large, Feelin’ Fine
CAMILE DEANS The Bronx Journal Reporter
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n entering Kingston, one can sense a clear difference from most other parts of Jamaica. First, the clinate is more humid than elsewhere on the island. Then, being a city, it tends to be more hectic. Sounds are coming from everywhere, whether in the form of an overconfident street vendor, a honking car horn, or the captivating sounds of reggae music blasting from an old sound system. Even the streets’ walls are busy, exploding with signs and posters. On the streets of Kingston, you can always hear a voice shout out, “Wah gwaan, Star, everthing alright’?!” This is a warm greeting from one Kingstonian to another. “What’s going on, my friend!” You’re in Kingston, the capital city of Jamaica, is located on the southeastern coast of the island, on a stretch of fertile plain called Liguanea. It is near the world famous Blue Mountains.
Jamaica is divided into 14 parishes (much smaller than states), of which Kingston is the smallest, yet most packed. There is an array of cultures, strong sense of history, a thriving business district and shopping areas and a unique set of inhabitants. Historically, Kingston was settled in the 17th century. It endured a tragic earthquake in 1694 and a debilitating fire, after which the city grew enormously in importance as a port and business district. Kingston is the soul of Jamaica; it is the island at its most vibrant, exciting, developed and dangerous. It is where most of the island’s action takes place, the fashion capital, where young designers compete for attention. In Kingston, the party never stops. From Monday to Sunday, there is always something to do. Nightlife is bustling. You can sip martinis on Tuesday; boogie to yesterday’s hits on Wednesday at Oldies Night at Club Quad; hang out on Thursdays at Ladies’ Night at Club Asylum; and on the weekends, where is there not a party? After dancing and socializing the night away, there are of course a number of things to do during the day, depending on your mood. For a relaxing afternoon in the park, my suggestion would definitely be Emancipation Park, which is sheer paradise in the middle of new Kingston.
One can also visit Devon House for a little history. This white-washed mansion is a fine example of nineteenth century architecture in Jamaica and a great place to relax. Although Kingston can be classified as very busy, there is still the opportunity to take a moment and drink a cool refreshing coconut jelly from a street side vendor, while enjoying the shade of a tree. Kingston has produced some of the greatest musical icons in the world. Reggae and dancehall music are currently Jamaica’s most internationally known cultural products and they originated in Kingston, where Bob Marley spent most of his life gaining the experiences that he sings about. The resident Rastafarian community to which Marly belonged, is made up of many different sects, such as Ethiopian Orthodox, Nyabhingi, and Bobo Shanti. Bob Marley forged the way for many of Jamaica’s artists who came straight out of Kingston: Beenie Man, Buju Banton, Elephant Man, Sean Paul and many others. Kingston is replete with record labels and upcoming artists who sit and “vibe” most of the day, mixing originality with creativity at the studios, hoping that a producer will recognize their skills and give them a break. If you are lucky, you will be able to see this when you visit any studio, whether it be the now-famous Tuff Gong, Bob Marley’s record label, or Gargamel Music, which belongs to Buju Banton. Away from the hustle and bustle, crowded side walks, busy people trying to get their day’s business or selling done, there is the Kingston harbor, which is relaxingly quiet and thrilling, especially to those with an eye for nature. Although downtown Kingston is very challenging and full of dramatic vendors, somewhere in all of its congested, overpopulated streets lie historic buildings, the Methodist church, the Ward theatre, National gallery and the Kingston parish church which, built in 1699, is one of the first churches erected in the Caribbean.
“Although Kingston can be classified as very busy, there is still the opportunity to take a moment and drink a cool refreshing coconut jelly from a street side vendor.” A great deal of Kingston is made up of lower income communities – ghettos or ‘shanty towns’, as they are called -- where political violence and area dons – drug kingpins – are the order of the day. For some in these communities life is an everyday struggle, while others seem to take life at an easier pace without seemingly a care in the world. However Kingston is a fusion of all classes of people from all walks of life: the people who are there just for one day to settle their business, those from “country,” who come to find better jobs, and the upper-class whose mansions can be spotted atop nearby St. Andrew Hills, overlooking Kingston. “Out of many, one people” is the national motto of Jamaica, and it surely pertains to the capital city. Having gone to Jamaica and not visited Kingston you would have left a part of Jamaica’s history and culture behind.
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PORTUGUESE
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Reforma da imigração nos EUA gera resistência religiosa
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possibilidade do Congresso dos Estados Unidos aumentar o rigor das leis de imigração despertou a idéia da desobediência civil em igrejas e sinagogas, l embrando o Movimento Santuário que, nos anos 80, amparou milhares de refugiados centro-americanos. O cardeal de Los Angeles (Califórnia), Roger Mahony, já proclamou esta Quaresma como um período para refletir sobre os ensinamentos de Jesus: “(...) porque tive fome, e me destes de comer; tive sede, e me destes de beber; fui forasteiro, e me acolhestes (...)”. O apelo à consciência das pessoas religiosas é uma resposta frente às atuais tentativas do Congresso de aumentar o rigor das leis de imigração, que pode chegar a ponto de declarar criminosos os doze milhões de imigrantes ilegais que vivem nos EUA. As leis ainda estão em desenvolvimento, mas - segundo Mahoney e o também cardeal Theodore McCarrick - se forem aprovadas darão instruções a seus sacerdotes e a todos os católicos para que não a respeitem. O jornal “The New York Times” publicou essa semana um editorial no qual afirma que “a declaração de solidariedade de Mahony aos imigrantes ilegais é um surpreendente chamado à desobediência civil, tão valente como oportuno”. ”Há muito tempo que não se ouve nesse país um pedido para a transgressão organizada das leis nessa escala”, acrescentou o jornal. Na mesma linha, dirigentes católicos, protestantes, evangélicos e judeus fizeram essa semana, em Washington, um pedido para que o Congresso aprove uma reforma “humana” das leis de imigração. ”Estamos dando instruções aos párocos para que continuem ajudando as pessoas que
não estão em situação legal”, disse McCarrick, arcebispo de Washington. Nos últimos três anos multiplicaram os trabalhos de igrejas e de grupos religiosos, que do sul da Califórnia até o Texas oferecem ajuda aos imigrantes que cruzam a fronteira ilegalmente e se arriscam em longas caminhadas por áreas desérticas. James H. Walsh, ex-advogado do serviço de imigração americano, disse que “quem entra ilegalmente no país pode ser acusado de um crime federal menor, mas ajudar e acolher imigrantes dentro dos Estados Unidos é um crime federal muito mais grave”. ”Quem dá essa ajuda viola as leis de imigração”, acrescentou. “Com seu desafio às leis, abalam os fundamentos da República, governada pelo voto de seus cidadãos. Os Estados Unidos são uma nação de imigrantes, mas imigrantes que jurem lealdade à bandeira dos EUA e não a outras”, disse Walsh. A incipiente desobediência civil, que poderia se generalizar, caso o Congresso criminalize a imigração ilegal, tem antecedentes históricos no país. O mais remoto é o “trem subterrâneo”, que antes da emancipação dos escravos, em 1865, ajudava os negros que fugiam dos estados escravistas em direção ao norte dos EUA. Outro antecedente mais recente é o Movimento Santuário, que teve início em 1982, em Tucson (Arizona). Em março desse ano, um grupo de dirigentes religiosos do Tucson encarou a possibilidade de serem presos, já que ofereceram o santuário aos centro-americanos que fugiam das guerras civis em seus países. O Movimento Santuário chegou a ter a participação de quase 700 igrejas católicas, protestantes e evangélicas, e sinagogas em todo o país que amparavam os imigrantes, davam alimentos e roupas, além de ajudarem no trasnporte em diferentes cidades. Nos anos 80 se tratava do apoio dos EUA aos Governos e seus esquadrões da morte; agora se trata das leis que prejudicam os imigrantes. ”Todo o conceito de punir as pessoas que ajudam os imigrantes é antiamericano”, disse Mahony. THE BRAZILIAN PRESS
Descobertas duas proteínas que destroem HIV
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ientistas da Universidade Estadual de Ohio (EUA) descobriram um mecanismo celular contra o vírus da aids que pode abrir caminho para uma nova estratégia médica contra a doença. Em artigo publicado na revista Proceedings of the National Academy of Sciences, os cientistas do Centro Integral contra o Câncer (CCC, na sigla em inglês) afirmam que duas proteínas que normalmente reparam o DNA também podem destruir o DNA do Vírus de Imunodeficiência Humana (HIV) quando este invade uma célula. Segundo os pesquisadores, o DNA do HIV é essencial para a sobrevivência e reprodução do vírus que causa a aids. Atualmente, os tratamentos contra a doença usam uma combinação de medicamentos que não eliminam o HIV do corpo, mas neutralizam sua capacidade de propagação e
multiplicação. “Nossa descoberta identifica um novo alvo potencial para um remédio”, segundo Richard Fishel, professor de virologia molecular, imunologia e genética molecular, e diretor do estudo. O cientista acrescenta que os resultados dos experimentos realizados com as proteínas confirmam que estas participam da destruição do DNA do HIV. “Esse processo reduz o volume do DNA do HIV que pode atingir os cromossomos e protege com isso as células de uma infecção”, acrescentou. A próxima tarefa será determinar a forma com que as proteínas destroem o DNA do vírus, o que poderia ajudar na criação de medicamentos que ajudariam essas proteínas a destruírem uma maior quantidade de DNA, afirmam. THE BRAZILIAN PRESS
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Viene de la Página B-5 héroes cariocas era breve: Pelé. Él y la selección de brillantes jugadores que lo acompañaron, le dieron a Brasil la primera copa mundial de su historia en la ciudad de Estocolmo, en el mundial Suecia 1958. Es la única vez que un equipo sudamericano logró ganar un mundial jugado en Europa. Cabe agregar que ninguna selección europea ha conseguido adjudicarse un mundial jugado en tierras americanas. Otro país donde el fútbol es como una religión es Argentina. Este país tuvo durante muchos años tan mala suerte como Brasil para adjudicarse una copa del mundo. En 1930 perdió ajustadamente ante el anfitrión Uruguay y a partir de brillantes actuaciones en campeonatos regionales, nunca pudo ganar un mundial hasta que se realizó en su casa. En 1978, de la mano del goleador Mario Kempes y el estratega Menotti, Argentina consiguió su primera copa del mundo derrotando a la favorita Holanda. Ocho años después, en México 1986, un futbolista que ya había demostrado su talento jugando en los mayores equipos europeos llevó a Argentina a la victoria. Su nombre: Maradona. Al número 10 argentino se le adjudica el haber conseguido el mejor gol de la historia de los mundiales. En el partido de cuartos de final contra Inglaterra, Maradona llevó la pelota entre casi todos los jugadores de la selección inglesa y se desmarcó del portero antes de anotar. Una de las grandes polémicas entre los aficionados al fútbol es cual de ambas estrellas es el mejor jugador de fútbol de todos los tiempos. Unos privilegian la garra, el empuje y la picardía del fútbol de Maradona. Otros prefieren la perfecta danza que Pelé era capaz de realizar cuando dominaba el balón. Hasta que aparezca un jugador tan habilidoso como ellos, ésta será una polémica sin un ganador claro. LOS EQUIPOS DE ALEMANIA Son 32 las selecciones participantes en el mundial de Alemania 2006. Todos los conti-
Es difícil imaginar un brasileño que llegue a ser tan famoso en el mundo como Pelé. O un argentino que la mayor parte de la población del mundo conozca mejor que a Maradona. nentes el mundo tienen al menos un representante en este mundial (Australia es el representante de Oceanía). Cada uno de ellos, excepto el anfitrión, ha tenido que pasar un torneo clasificatorio antes de llegar a Alemania. Es la primera vez que incluso el campeón previo, Brasil, tiene que participar en la ronda clasificatoria. Los favoritos, que se establecen de acuerdo a su “performance” en últimos campeonatos y en la calidad de sus individualidades son: Alemania (por ser el anfitrión); Brasil (porque es el mejor equipo de fútbol del mundo y la única selección que ha ganado alguna vez un campeonato jugado en Europa); Argentina, porque tiene una selección muy fuerte, muy hábil y un director técnico–José Pekerman–que ha probado ser decisivo en las victorias previas de sus jugadores; Inglaterra, que siempre llega como favorito pero siempre tiene pésima suerte en las instancias finales y Holanda, compacto y veloz, pero con la misma suerte lamentable que los ingleses. Hay equipos que llegan en condiciones para realizar brillantes campañas como Italia, Francia, Estados Unidos, México, República Checa, Costa de Marfil , Serbia y Portugal. Sin embargo, la historia ha demostrado, que salvo sorpresas entre los terceros y los octavos puestos, ciertas selecciones de fútbol tienen algún tipo de conformación genética aún no descifrada, que inevitablemente las coloca en las finales de un mundial: sólo 7 naciones han ganado
una copa del mundo (Brasil 5 veces, Alemania 3, Italia 3, Uruguay 2, Argentina 2, Francia 1, Inglaterra 1,) y sólo 3 que no han campeonado han llegado a una final, de esas 3, dos naciones ya no existen: Holanda, Checoslovaquia y Yugoslavia. Y si bien el campeón y los finalistan pueden ser previsibles desde meses antes del mundial, resulta interesante saber cómo llegan hasta las instancias finales. Además uno nunca sabe cuando el fútbol nos regalará partidos históricos o goles fabulosos, como aquél FranciaAlemania de las semifinales de España 1982 (considerado el mejor partido de la historia de los mundiales); o ese golazo marcado por
Maradona en su partido contra los ingleses en México. Especialmente entre las naciones latinas participantes, que saben lo que una gambeta o una individualidad puede aportar en un partido decisivo , como ese pase casi cayéndose de Maradona para Caniggia en el gol contra Brasil en Italia 1990, o ese disparo fabuloso, de Rincón entre las piernas del arquero para que Colombia le empatara a los alemanes, las atajadas fabulosas de Chilavert contra los franceses en Francia 1998 o esos goles potentes con los que Ronaldo asegurara la quinta copa mundial de Brasil en Yokohama el 30 de junio de 2002.