LA GOMORRA DI BARCELLONA

ISBN:978-88-359-9204-2 www.editoririuniti.net € xx,xx LA GOMORRA DI BARCELLONA Joan Queralt, giornalista e scrittore di vasta esperienza internazi

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ISBN:978-88-359-9204-2

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LA GOMORRA DI BARCELLONA

Joan Queralt, giornalista e scrittore di vasta esperienza internazionale, ha collaborato con testate spagnole, europee e sudamericane tra cui Revista de Occidente, El Viejo Topo, El País, El Periódico de Catalunya, Diario 16, Avui, la Repubblica, La Opinión e Granta. Originario di Barcellona, è vissuto a lungo in Argentina nel corso degli anni Settanta, pubblicando importanti inchieste politiche. Dalla fine degli anni Ottanta il suo interesse si rivolge verso le mafie: le sue rigorose e approfondite indagini giornalistiche lo portano a scrivere e dirigere il documentario Jueces en tierra de mafia (1995) e a pubblicare i libri Crónicas mafiosas, Sicilia, 1985- 2005 (2006) ed El enigma siciliano de Attilio Manca (2008). Uscito in Spagna nel 2011 (con il titolo La Gomorra catalana), La Gomorra di Barcellona è stato rivisto e aggiornato dall’autore in vista della sua traduzione italiana. Queralt partecipa regolarmente a conferenze, seminari, programmi radiofonici e televisivi intervenendo come esperto del fenomeno della criminalità organizzata.

JOAN QUERALT

Meglio di chiunque altro, la Camorra ha saputo sfruttare la globalizzazione e i nuovi meccanismi dell'economia mondiale espandendosi di paese in paese, di continente in continente. Snodo cruciale di questo mercato è la Catalogna, in particolare Barcellona, città divenuta quartier generale di numerosi boss camorristi che da lì controllano le rotte della droga proveniente dal Sud America e dal Marocco, destinata al mercato europeo. Ma non solo. Barcellona e la costa Brava offrono comode latitanze e tante possibilità per riciclare il denaro sporco, investito in redditizie attività commerciali i cui frutti, come in un circolo vizioso, andranno ad alimentare le attività illecite: «In una società come la nostra, prigioniera del primato dell'economia, l'illecito e ciò che è reato si camuffano sotto le vesti dell'attività economica produttiva, acquisendo così un nuovo aspetto e con esso una nuova e mendace legittimazione». Le indagini delle forze dell'ordine, imbrigliate da leggi inadeguate e confinate nelle frontiere nazionali, vittime del lento coordinamento tra polizie e apparati giudiziari europei, quasi non hanno potere per combattere l'immensità del crimine organizzato. Almeno fino a quando i governi, le istituzioni e la società non decideranno che la lotta alla criminalità organizzata deve essere un obiettivo primario. Affinché questo accada, il primo passo da compiere è svelare questo vasto mondo ancora troppo in ombra. Con questo libro Queralt ce ne dà la possibilità, offrendoci «un fugace e insufficiente bagliore di luce nelle tenebre del bosco della criminalità», grazie a pagine che «costituiscono l’inchiesta giornalistica più rigorosa che sia stata realizzata fino ad ora sulla presenza della Camorra in Catalogna».

Joan Queralt

LA GOMORRA DI BARCELLONA SULL'ALTRA RIVA DEL MEDITERRANEO Prefazione di Gigi Di Fiore

Editori Internazionali Riuniti

Joan Queralt

La Gomorra di Barcellona Sull’altra riva del Mediterraneo

Prefazione di Gigi Di Fiore Traduzione dal catalano di Marcello Belotti

© 2013 Editori Riuniti Int. S.r.l.s. ISBN: 978-88-359-9204-2 La traduzione di questo libro è stata resa possibile grazie al contributo dell’Institut Ramon Llull © della traduzione: Marcello Belotti, 2013 Revisione della traduzione: Valentina Piovani

Immagine di copertina: Edouard Golbin, Plaça Sant Josep Oriol, Barri Gòtic (Barcellona, anni ‘80) Realizzazione editoriale: Andrea D’Ambrosio

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Indice

Napoli-Spagna. Quell’intreccio criminale che parte da lontano di Gigi Di Fiore Introduzione 

9 17

Prima parte Barcellona e la guerra di Scampia. La storia di Raffaele Amato 23 2002. Gli antecedenti. Il clan Di Lauro

25

Raffaele Amato, ‘a vecchiarella. Il clan Amato-Pagano 32 Barcellona, l’altra riva della Camorra

38

La ditta catalana di Raffaele Amato

46

La colonia napoletana

55

La guerra di Scampia

60

2005. La cattura di Amato

73

La tregua e la fine del conflitto

84

Il nuovo scenario del crimine

88

La caduta

99

Camorra.cat

111

Gli antecedenti. La tappa di Lucky Luciano e il «caso Bardellino»

115

1983. Il «caso Bardellino»

117

Conoscere la Camorra

131

La geografia criminale di Napoli

138

I camorristi catalani

141

Clan e famiglie presenti in Catalogna

150

I soldi della Camorra e la crescita economica in Spagna. I rischi del capitale criminale 155 Il mercato della falsificazione

162

Considerazioni finali

170

Castelldefels sulle rotte dell’hascisc

187

Il clan di Edoardo Contini, ‘o romano

193

I traffici di Luigi Mocerino

200

Il tesoro catalano di Gino

206

Paoluccio l’infermiere

215

Carrer Gelabert, l’ultimo scenario di libertà

220

Seconda parte La globalizzazione del metodo mafioso

229

Globalizzazione. Effetti criminogeni e convergenze criminali 233

I vantaggi della globalizzazione secondo l’ottica criminale. Mafie, borghesie mafiose e sistemi criminali. Il nuovo capitalismo misto: integrazione tra economia legale e illegale 238 Economia, criminalità e democrazia. Il fallimento della politica. Complicità e responsabilità

252

La cultura della legalità: il deficit spagnolo

265

Cultura dell’illegalità, diffusione del metodo mafioso e indifferenza sociale

271

Effetti sociali della corruzione e del crimine organizzato 281 L’indolenza dell’Unione europea

289

Allegati Membri della Camorra arrestati in Catalogna

305

Camorristi che hanno passato parte della loro clandestinità in Catalogna senza esservi arrestati, o con una presenza discontinua in virtù delle loro attività di narcotraffico 307 Membri di bande e di gruppi criminali relazionati con la Camorra 

308

Membri della Camorra arrestati nel resto del territorio spagnolo 

310

Altri camorristi individuati (non arrestati) in Spagna negli ultimi anni 

313

Sequestro di beni di Luigi Mocerino

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Joan Queralt, La Gomorra catalana, Angle Editorial, 2011



Introducció Qui investiga i escriu sobre les organitzacions criminals, i sobre la criminalitat en general, afronta la dificultat —i sovint la frustració— d’abordar un assumpte en què sempre, en tots els casos i en totes les circumstàncies, el que se sap és només una part insignificant de la veritat oculta que voldríem conèixer. Com en el ja tòpic exemple de l’iceberg, el món criminal mostra una petita part de la geografia i impedeix l’accés a la resta del vast paisatge a qualsevol explorador estrany a la seva realitat. Sàpiga doncs el lector que aquestes pàgines són només un petit fragment de la gran història que voldríem explicar i que, malgrat l’aportació que puguin suposar com a aproximació i descoberta d’esdeveniments i personatges ignots fins ara, el món de la Camorra que viu entre nosaltres i amb nosaltres segueix sent un territori desconegut. La Gomorra catalana pretén ser un avanç en la recerca de respostes, però no deixa de ser un pas minúscul en aquesta direcció. Un fugaç i insuficient resplendor en les tenebres del bosc criminal. Feta aquesta necessària premissa, diguem també que, malgrat les limitacions d’origen, aquestes pàgines constitueixen la investigació periodística més rigorosa realitzada fins ara sobre la presència de la Camorra a Catalunya. I que les històries que componen la primera part de l’obra, la de Raffaele Amato i la de Paolo Di Mauro i Luigi Mocerino, els dos únics casos de petició de segrest de béns i unes de les detencions més importants fetes a Catalunya, són exemples per acostar-nos no tan sols a aquest món secret, sinó també per conèixer els límits de la investigació policial a Espanya en matèria de crim organitzat, els buits de la coordinació policial i judicial europea —fins i tot entre països tan pròxims com Itàlia i Espanya— i la lentitud que llasta els procediments de la lluita contra la criminalitat organitzada i els seus resultats. Històries útils així mateix per visualitzar la proximitat, difusa i invisible, dels grans padrins i de les organitzacions criminals a la nostra vida quotidiana, més propera del que ens podem arribar a imaginar. Una altra dificultat afegida sorgeix a l’estudiós del fenomen criminal i també al lector interessat: la visió del crim organitzat és plena de lents deformants, d’estereotips, llocs comuns i impostures, en part responsabilitat del cinema, la televisió, la literatura i la premsa, i en gran part dels qui, des de les instàncies i els organismes oficials encarregats de lluitar contra la criminalitat, no han sabut —o no han volgut— transmetre a la societat la percepció real del problema. Així, fins a arribar als nostres convulsos dies, en què la criminalitat organitzada, que no la delinqüència organitzada, poc o res té a veure amb els tòpics difosos per la indústria de l’entreteniment i per la majoria dels mitjans de comunicació. Com s’afirma en aquestes pàgines: «El crim organitzat, les màfies, han deixat de ser un simple problema policial i judicial, un fenomen particular d’aquest o d’aquell país, per convertir-se en un dels grans reptes que afronta la comunitat internacional. Un problema global que incideix negativament en la vida i el futur de milions de persones —tant en els països

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Joan Queralt, La Gomorra catalana, Angle Editorial, 2011

rics com en els pobres—, en la salut democràtica dels estats, en les economies i en les polítiques de desenvolupament social». Conèixer-lo, disposar d’una perspectiva real, correcta i metodològica sobre la seva naturalesa, les seves causes, les seves funcions, els seus objectius i les seves amenaces, és avui més imprescindible que mai. Ho és en la mesura que el procés de transformació està modificant en profunditat no tan sols la seva naturalesa, sinó la seva aparença, i es corre el risc que la nova forma de visibilitat amagui la perillositat, fent-nos oblidar els riscos de reduir l’alerta social davant de la seva existència i de les seves activitats. En aquest procés de canvi del que és i del que representa la criminalitat organitzada, el blanqueig ja no es refereix únicament als capitals d’origen il·lícit. És la mateixa identitat de la criminalitat organitzada, i la de les seves activitats i els seus protagonistes, la que s’està blanquejant fins a perdre el caràcter criminal. Ocorre quan, en una societat com l’actual, segrestada per la primacia de l’economia, el fet il·lícit i delictiu es transvesteix amb la indumentària de l’activitat econòmica, tot adquirint un nou aspecte i amb ell una nova i falsa legitimitat. Succeeix cada vegada amb més freqüència, i quan més ràpida és la metamorfosi i més substancial en termes econòmics, més consens social troba. Més encara quan la crisi econòmica i financera i la de la política afavoreixen l’expansió de la corrupció i la difusió de la il·legalitat, dues de les portes d’entrada del crim organitzat. Per contextualitzar la presència dels padrins i dels clans de la Camorra napolitana a Catalunya —assumpte abordat en la primera part del llibre— en les dinàmiques actuals de l’escenari criminal internacional, i contribuir a una interpretació més correcta del problema i dels seus riscos, la segona part de La Gomorra catalana descriu l’evolució mundial del fenomen en els darrers vint-i-cinc anys, i revisa com a partir de la globalització econòmica ha crescut exponencialment la colonització de les economies legals per part del sistema criminal. Sota el títol «Globalització del mètode mafiós», el capítol analitza els diversos factors que incideixen en l’expansió imparable de la criminalitat: el fenomen de la globalització, on el paper regulador dels estats i de la política en general tendeix a debilitar-se enfront dels grans poders econòmics i financers; l’avanç dels sistemes criminals i la seva integració en l’economia i les finances i, molt especialment, la manca de voluntat real de la política per acabar —o si més no, combatre adequadament— amb el fet criminal, que continua sense ser un problema prioritari per part dels governs, les institucions i la mateixa societat.



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Introduzione

Chi fa ricerca e scrive di organizzazioni criminali e di criminalità in generale, affronta la difficoltà – e spesso la frustrazione – di misurarsi con un argomento nel quale, sempre, in qualsiasi caso e in tutte le circostanze, ciò che si giunge a conoscere è solo una parte insignificante delle verità nascoste che vorremmo scoprire. Come nella metafora ormai ricorrente dell’iceberg, il mondo criminale mostra solo una piccola parte della sua mole e non rivela a nessun esploratore esterno il resto del vasto paesaggio sommerso. Sappia dunque il lettore che queste pagine restituiscono solo un piccolo frammento della lunga storia che vorremmo raccontare e che, per quanto potranno apportare informazioni utili a conoscere e a scoprire eventi e personaggi finora ignoti, il mondo della Camorra che vive tra noi e con noi continua a essere un territorio sconosciuto. La Gomorra di Barcellona – Sull’altra riva del Mediterraneo vuole segnare un passo in avanti nella ricerca di risposte, per quanto si tratti di un passo minuscolo. Un fugace e insufficiente bagliore di luce nelle tenebre del bosco della criminalità. Fatta questa necessaria premessa, possiamo affermare che, nonostante le limitazioni in esse connaturate, queste pagi17

Introduzione

ne costituiscono l’inchiesta giornalistica più rigorosa che sia stata realizzata fino ad ora sulla presenza della Camorra in Catalogna. Le storie narrate nella prima parte dell’opera, quella di Raffaele Amato, di Paolo Di Mauro e di Luigi Mocerino, i due unici casi in cui sia stato richiesto il sequestro dei beni, oltre a rappresentare tra gli arresti più importanti realizzati in Catalogna, sono esempi che aiutano non solo ad avvicinarsi ai segreti di questo mondo, ma anche a conoscere i limiti delle indagini della polizia in Spagna nell’ambito del crimine organizzato, l’alternante coordinamento tra polizie e apparati giudiziari europei – financo tra paesi così vicini come l’Italia e la Spagna – e la lentezza che pesa come una zavorra sul cammino della lotta contro la criminalità organizzata e sui suoi effetti. Sono storie utili anche per dare la percezione della presenza, diffusa e invisibile, dei grandi padrini delle organizzazioni criminali nella nostra vita quotidiana, una prossimità ben maggiore di quella che possiamo immaginare. Una difficoltà in più si paventa per lo studioso del fenomeno criminale e il lettore interessato: la visione del crimine organizzato è definita da molte lenti deformanti, da stereotipi, da luoghi comuni e falsificazioni, in parte per responsabilità del cinema, della televisione, della letteratura e della stampa, e in gran parte di coloro che, dalle istituzioni e dagli organismi ufficiali responsabili della lotta contro la criminalità, non hanno saputo – o non hanno voluto – trasmettere alla società la percezione reale del problema. Così, fino ai nostri convulsi giorni, in cui la criminalità organizzata, che non è semplice delinquenza organizzata, ha poco o nulla a che fare con gli stereotipi diffusi dall’industria dell’entertainment e dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione. Come si dirà in queste pagine: «Il crimine organizzato, le mafie, hanno cessato di essere un problema solo della polizia, un fenomeno specifico di questo o quel paese: 18

La Gomorra di Barcellona

è diventata una delle più grandi sfide che deve affrontare la comunità internazionale. Un problema globale che incide negativamente sulla vita e sul futuro di milioni di persone – in paesi ricchi e poveri, sulla salute democratica degli stati, sulle economie e sulle politiche di sviluppo sociale». Conoscerlo, avere una visione reale, corretta e sistematica della sua natura, delle sue cause, delle sue funzioni, dei suoi obiettivi e delle sue minacce, è oggi più importante che mai. Tale importanza è direttamente proporzionale alla rapidità del processo di trasformazione che sta modificando in profondità non solo la natura stessa della criminalità, ma anche al modo che ha di manifestarsi, e si corre il pericolo che la nuova forma di presentarsi ci faccia dimenticare i rischi cui si va incontro, se si attenua l’allarme sociale sulla sua esistenza e sulle sue attività. In questo processo di cambiamento della natura e di ciò che rappresenta la criminalità organizzata, il riciclaggio di denaro non riguarda soltanto i capitali di origine illecita. Coincide con l’identità stessa della criminalità organizzata e delle sue attività e dei suoi personaggi, di tutto ciò che, ripulendosi, perde il suo carattere criminale. Avviene quando, in una società come la nostra, prigioniera del primato dell’economia, l’illecito e ciò che è reato si camuffano sotto le vesti dell’attività economica produttiva, acquisendo così un nuovo aspetto e con esso una nuova e mendace legittimazione. Accade sempre più spesso, e, quanto più veloce è la metamorfosi, e più consistente in termini economici, tanto maggiore è il consenso sociale su cui può poggiarsi. Ancor più, quando la crisi economica e finanziaria, e della politica, favoriscono l’aumento della corruzione e dell’illegalità, due delle porte d’accesso privilegiate della criminalità organizzata. Per contestualizzare la presenza dei padrini e dei clan della Camorra napoletana in Catalogna – questione affrontata 19

Introduzione

nella prima parte del libro – in relazione alle attuali dinamiche dello scenario criminale internazionale, e per contribuire a un’interpretazione più corretta del problema e dei suoi rischi, la seconda parte de La Gomorra di Barcellona – Sull’altra riva del Mediterraneo tratta dell’evoluzione mondiale del fenomeno negli ultimi venticinque anni, e mostra come, a partire dalla globalizzazione economica, sia cresciuta esponenzialmente la colonizzazione delle economie legali da parte del sistema criminale. Il capitolo che porta il titolo “Globalizzazione del metodo mafioso” analizza i diversi fattori che incidono sull’espansione inarrestabile della criminalità: il fenomeno della globalizzazione, in cui il ruolo regolatore dello stato e della politica tende a indebolirsi di fronte ai grandi potentati economici e finanziari; l’avanzata dei sistemi criminali e la loro integrazione nell’economia e nelle finanze e, soprattutto, la mancanza di volontà reale da parte della politica di farla finita con la presenza criminale – o perlomeno di combatterla adeguatamente –, obiettivo che continua a non essere prioritario per governi, istituzioni e neppure per la medesima società.

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Barcelona, l’altra riba de la Camorra Quan les diferències entre el nou vèrtex dels Di Lauro i el grup familiar dels Amato-Pagano, ara caiguts en desgràcia, comencen a prendre cos, aquests abandonen Nàpols i es traslladen a Barcelona. ¿Per què precisament Barcelona? Amato coneix bé Espanya pels seus anys com a gestor del trànsit de drogues a compte de Paolo Di Lauro, i millor ancora la capital catalana, on ha residit amb freqüència i on compta amb suports i una infraestructura àmplia i eficaç. El trasllat a Barcelona, probablement a finals de l’any 2002 o a començaments del 2003, no és una improvisació. Ha estat preparat amb tot detall. Amato no arriba sol. L’acompanyen alguns familiars, membres de l’estat major del clan Amato-Pagano, i alguns dels seus col·laboradors més fidels, entre ells el seu equip de seguretat. Un grup al qual es van afegint gradualment, a partir del 2003, altres parents i amics. A ‘o Lello l’acompanyen els seus germans, el seu cunyat Cesare Pagano (a qui alguns anomenen també Paciotti per la seva debilitat per les sabates dissenyades per Cesare Paciotti) i els seus nebots Carmine Pagano, Raffaele Amato júnior, ‘o Piccirillo, i Carmine Amato, a més de les seves famílies respectives, a les que no volen exposar a les possibles venjances transversals pròpies de la Camorra. En arribar a Barcelona, el clan compta ja amb diversos apartaments a disposició, que ocupen familiars i col·laboradors. Els dos grups familiars s’adapten amb normalitat a la vida espanyola perquè des de fa anys, al marge de les activitats professionals, solen passar les vacances d’estiu a la Costa del Sol, prop de Màlaga, on disposen de magnífiques viles que gaudeixen en companyia d’alguns dels amics més propers, com ara Rito Calzone, il Pisano, o Lucio Carriola. A Catalunya, Amato disposa, a més a més, de l'eficaç suport de Paolo Lumia, en el qual ha delegat part de la compra de cocaïna als càrtels colombians així com del seu posterior trasllat a Itàlia. A Lumia, un sicilià nascut a Mazzara del Vallo l'octubre de 1967 i, com Amato, resident a Barcelona en aquesta època, les autoritats policials europees el consideren un dels més importants intermediaris entre els cartells sud-americans de la droga i les organitzacions criminals del sud d'Itàlia. A Barcelona, el sicilià ha aconseguit una sòlida implantació i figura com a administrador únic de diverses societats: Restauralia Olímpic, S.L., amb seu al Centre Comercial Marina Village; Pouni 185, empresa constituïda l'any 2004 i dedicada a la compravenda i arrendament d'immobles ia l'explotació de serveis d'hostaleria, situada al carrer Marina 19-21; i Rebra SL, dedicada a l'explotació d'activitats complementàries i accessòries de negocis d’hostaleria, especialment sales de festa, ia activitats recreatives i d'entreteniment, amb seu al carrer Moià, 1, en ple centre de Barcelona i a pocs metres del domicili barceloní de la família Amato. Lumia, que dirigeix des de la capital catalana un potent grup de



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narcotraficants, no només treballa per als napolitans. Gaudeix d'importants vincles amb algunes famílies de la Cosa Nostra, a les quals proveeix de droga per als mercats de Palerm i Trapani. A Barcelona, Amato se sent més segur i relaxat que a Nàpols. Envoltat de parents, el protegeix a més un eficient, ancora que de vegades poc discret, cinturó de seguretat. Un cop a la ciutat, comença a organitzar els seus efectius: als napolitans que resideixen a la ciutat i als que s’han traslladat amb ell hi afegeix joves afiliats espanyols i nord-africans, els quals incorpora a les activitats del tràfic de drogues i d’armes. Per descomptat, no perd els contactes amb Nàpols, ja sigui amb familiars o amb altres afiliats del clan Di Lauro, o bé amb els representants dels diversos grups i subgrups que, distanciats de la nova direcció, romanen en el territori a l’espera d’esdeveniments. Els èxits del clan Di Lauro han estat obra de Paolo, però també dels seus antics coronels, com ara Amato, caps d’importants i estratègics subgrups que formen part de l’organització i són hegemònics en zones decisives per al control territorial de Secondigliano i del mercat de la droga. Amato sap que ha d’aprofitar al seu favor les crítiques que creixen contra Cosimo i els seus germans en la mesura que ha d’evitar la desunió i els enfrontaments entre els vells capozonas, divergències que estan sent fomentades per la jove direcció del clan i que només poden beneficiar els seus adversaris. Els primers interlocutors són, doncs, els antics alts comandaments del clan. Grups com el de Mugnano, com els Maranesi, implantats al barri de Monte Rosa i dirigits per Raffaele Abbinante, el grup de Rosario Pariante i el de Gennaro Marino. Progressivament se li uneixen altres grups i dirigents. Pocs mesos després de l’arribada d’Amato i els seus, Barcelona comença a esdevenir el centre conspiratiu en el qual maduren els primers moviments tàctics, es van definint les estratègies a seguir i es concerten les aliances inicials, els acords i les traïcions que reforçaran primer l’escissió i més tard els plans militars per al cop d’estat definitiu. De manera reservada, d’amagat dels Di Lauro, importants oficials del clan viatgen a Barcelona per trobar-se amb Amato, posar-lo al dia de la situació, conèixer les seves intencions i concertar estratègies. I de Barcelona cap a Nàpols viatgen també els oficials i els ambaixadors d’Amato per reunir-se amb els representants dels diversos grups i subgrups satèl·lits del clan Di Lauro. El pont entre les dues ciutats es perllonga durant mesos, cada vegada amb més intensitat, i sorprèn que, malgrat l’assiduïtat i el nombre i la importància dels viatgers en el món camorrístic napolità, el trànsit criminal escapi a la vigilància policial, que només intervé dos anys després. Entre els primers a anar a Barcelona hi figuren Giacomo Migliaccio, Giacumino a’ femminella, i Gennaro Marino. Aparentment, Marino arriba amb el propòsit d’intervenir en el conflicte, però en lloc d’arranjar les desavinences i convèncer Amato per tal que torni a Nàpols, li explica que Cosimo vol assassinar-lo. Una intervenció que va resultar determinant. Marino, a qui es coneix en l’ambient criminal com a Genny Mckay perquè el seu germà, que ha perdut les dues mans durant una emboscada, s’assembla al homònim personatge d’un western molt en voga als anys seixanta, és el

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capopiazza de les Cases Celestes, una de les principals zones suburbanes de venda de cocaïna de Secondigliano. Durant anys ha estat el pupil de Paolo Di Lauro, el qual, per demostrar-li el seu afecte, li regala el punt de venda alliberant-lo de l’obligació de pagar una part dels beneficis a la casa mare. Tots els beneficis, excloent-hi naturalment els costos de la compra de la droga, són per a ell. Un gest extrem que Genny Mckay agraeix regalant-li al padrí un Rolex d’or massís i als seus fills potents motocicletes del model Transalp. Marino és un capo, una persona respectada al clan. Quan ha estat necessari jugar-se-la no ha donat mai un pas enrere: el 1992, per exemple, és un dels sospitosos de l’homicidi de quatre camorristes de Sant’Antimo.8 Per això, per la seva experiència i pel seu prestigi, per la fidelitat a Ciruzzo ‘o milionario, quan el fill d’aquest, Cosimo, decideix acabar amb el sistema vigent, segons el qual els traficants del clan es beneficien de la venda de la droga mitjançant un percentatge de la inversió realitzada i han de passar a pagar una nova quota, Marino es nega a acceptar la nova regla i decideix posar-se al costat d’Amato. Marino i Amato s’alien i comencen a incorporar a les seves files els voluntaris disposats a participar en l’enfrontament que s’acosta. S’obre un període incert, ple de temors i sospites, de freqüents i prolongades converses telefòniques entre Barcelona i Nàpols, entre Secondigliano i Mugnano, de trobades entre afiliats per conèixer la seva posició respecte als bàndols i convèncer l’altra part dels avantatges de canviar de front. Reunions en les quals els membres d’un bàndol adopten les seves precaucions de seguretat, es conviden a manifestar les opinions amb el to més baix i es mantenen a l’espera dels esdeveniments per prendre les decisions més convenients. Conscients, uns i altres, de la dificultat que el contenciós entre els fills de Paolo Di Lauro i els que aviat comencen a ser coneguts com els espanyols es resolgui finalment de manera no cruenta. Per al clan Di Lauro el moment és delicat, perquè no s’han recuperat ancora dels danys causats per les declaracions dels primers penedits de l’organització. Una circumstància que ha determinat l’aparició d’un element d’inseguretat i de debilitat desconegut fins aleshores. Amb el màxim líder a la clandestinitat i alguns dels seus capos sota pressió de les autoritats, l’últim que el clan necessita és la possible proliferació de divisions i traïcions internes. I menys ancora una guerra. No obstant això, les acusacions d’infame volen d’una riba a l’altra de l’organització com a preludi de la violència que mesos més tard fuetejarà la seva geografia física i més enllà d’ella. La reconciliació sembla cada vegada més difícil i llunyana. També perquè l’actitud dels Di Lauro, la seva voluntat manifesta de provocar malentesos no tan sols entre ells i Amato, sinó també entre ell i alguns dels seus col·laboradors més fidels, resulta insofrible. Amato s’esforça a especificar que la seva desaparició —a Nàpols ancora no es parla de Barcelona— no vol dir que hagi abandonat els seus homes per por, com intenten fer creure des de les trinxeres enemigues, sinó que es tracta més aviat d’un recurs per evitar les tensions que podrien provocar l’esclat del conflicte. A poc a poc, en els mesos successius, les postures es van definint, i també es

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Joan Queralt, La Gomorra catalana, Angle Editorial, 2011

van delineant les files d’un bàndol i de l’altre. El dels que romanen fidels a la nova direcció del clan i el d’aquells que, per contra, confien la resolució de la crisi a Amato, sigui quina sigui la seva decisió final. Perquè aviat queda clar que la revolta contra la nova lleva dels Di Lauro està encapçalada per ‘a vecchiarella, l’home amb el qual s’ha de parlar com a garantia per al futur. Al començament del 2003, els desplaçaments d’Amato i els seus entre Barcelona i Nàpols es repeteixen. Al febrer, agents de l’Esquadra Mòbil de Nàpols identifiquen la presència en un apartament de via Campània, a Caserta, del grup de fidels que constitueixen l’entorn més proper a Amato i del seu estat major. Han tornat de Barcelona per gestionar els esdeveniments des de l’interior del territori. Cesarino Pagano es troba al comandament de les operacions i sovint, igual que faran el seu germà Domenico, Elio Amato i Carmine Amato, repetirà les anades i tornades a Espanya, gairebé sempre a Barcelona, i en alguna ocasió a la Costa del Sol, especialment a Màlaga. En el decurs del 2003, la ubicació d’Amato continua sent un misteri en el submón de la Camorra napolitana. La seva possible residència a Espanya és un rumor estès que no troba confirmació. Les estades napolitanes, d’altra banda, contribueixen a confondre ancora més els seus adversaris. A l’abril, per exemple, a través de les escoltes telefòniques a alguns membres del clan Di Lauro, se sap que és a Nàpols. La notícia que ‘a vecchia ha tornat circula per les vies subterrànies dels disconformes i dels adversaris. També es diu que el seu retorn obeeix al desig de resoldre les controvèrsies sorgides amb el vèrtex del clan i aclarir la situació. A part del fet que el seu allunyament, que mai no ha estat voluntari, i la confusió estan provocant grans dificultats de proveïment de droga al clan, perquè el principal canal d’importació és precisament el seu grup. L’any 2003 és, en efecte, una època de desconcert i d’actituds ambigües que no acaben per assumir perfils clars i necessaris. No obstant això, tot sembla indicar que en aquestes dates Amato no vol trencar ancora els seus vincles amb el seu vell cap Paolo Di Mauro, amb qui ha treballat colze a colze durant anys i a qui reconeix ancora com el seu capo. Pel que sembla, ‘o Lello vol aclarir el seu paper i el dels que han dirigit en aquests anys l’aprovisionament i el tràfic de drogues per compte del clan. El seu interès és doble: d’una banda, vol aclarir les seves diferències personals amb el vèrtex del clan i, de l’altra, pretén assumir el paper de mediador en un moment en què s’està posant en dubte la fidelitat de personatges propers a ell, estigmatitzats per la nova generació del clan. En teoria, és la persona idònia per a aquesta funció. És un home de prestigi dins del clan, respectat pels afiliats que no tan sols reconeixen la seva capacitat de gestió en el gran negoci de la droga i la seva serietat a l’hora d’assegurar l’aprovisionament de totes les places de venda, sinó també el protagonisme assumit en els moments difícils. És probable que Amato pensi que l’aventura que està començant a liderar compta amb un context favorable als seus interessos. La Camorra ciutadana està en crisi, alguns dels capos més potents romanen a la presó i l’adversari,

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després d’una llarga temporada de fuites i arrestos, es veu abocat a les limitacions de la supervivència. Un buit que demana ser ocupat, propici perquè ell pugui imposar la seva hegemonia en el tràfic d’estupefaents no tan sols a l’àrea ciutadana, sinó molt més enllà. Siguin quins siguin els propòsits, els seus intents no fan sinó provocar l’efecte contrari: reforçar els recels dels homes de Di Lauro, que veuen en les seves maniobres i en les dels seus fidels constants mostres de rebel·lia i traïció. Al marge de les accions diplomàtiques, de les seves travessies i els seus tràfics, a Barcelona Amato i els seus tampoc descuiden els negocis familiars, ara des de la perspectiva d’un futur espanyol que, a mitjà termini, es preveu durador.



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Barcellona e la guerra di Scampia. La storia di Raffaele Amato

con trafficanti albanesi, un affare per cui si fa aiutare da un traduttore, né più né meno che il nipote del primo ministro di Tirana. Barcellona, l’altra riva della Camorra Quando le divergenze tra il nuovo vertice dei Di Lauro e il gruppo familiare degli Amato-Pagano, ora caduti in disgrazia, cominciano a prendere consistenza, questi abbandonano Napoli e si trasferiscono a Barcellona. Ma perché proprio Barcellona? Amato ha conosciuto bene la Spagna per il suo passato di gestore del traffico di droga per conto di Paolo Di Lauro, e meglio ancora la capitale catalana, dove ha soggiornato frequentemente e conta su supporti e su un’infrastruttura ampia ed efficace. Il trasferimento a Barcellona, probabilmente alla fine dell’anno 2002 o all’inizio del 2003, non è frutto di improvvisazione. È stato preparato in tutti i dettagli. Amato non arriva da solo. Lo accompagnano alcuni familiari, membri dello stato maggiore del clan Amato-Pagano, e alcuni dei suoi collaboratori più fedeli, tra cui le sue guardie del corpo. È un gruppo a cui si vanno aggiungendo gradualmente, a partire dal 2003, altri parenti e amici. Accompagnano ‘o Lello i suoi fratelli, il cognato Cesare Pagano (che alcuni chiamano anche Paciotti per la sua debolezza per le scarpe disegnate da Cesare Paciotti) e i suoi nipoti Carmine Pagano, Raffaele Amato junior, ‘o Piccirillo, e Carmine Amato, oltre alla maggior parte delle loro rispettive famiglie, che non vogliono lasciare esposte alle vendette trasversali tipiche della Camorra. Al suo arrivo a Barcellona, il clan ha già a disposizione diversi appartamenti, che vengono occupati da familiari e collaboratori. I due gruppi familiari si adattano tranquil38

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lamente alla vita spagnola perché da anni, accanto alle attività professionali, erano soliti a passare le vacanze estive sulla Costa del Sol, vicino a Malaga, dove dispongono di magnifiche ville che sfruttano in compagnia di alcuni degli amici più vicini, come ad esempio Rito Calzone, il Pisano, o Lucio Carriola. In Catalogna, Amato si vale, sempre più, dell’efficace aiuto di Paolo Lumia, al quale ha delegato parte dell’acquisto della cocaina dai cartelli colombiani come il conseguente trasporto in Italia. Lumia, un siciliano nato a Mazzara del Vallo nell’ottobre del 1967 e, come Amato, residente a Barcellona in quello stesso periodo, è considerato dalle autorità di polizia europee uno dei più importanti intermediari tra i cartelli sudamericani della droga e le organizzazioni criminali dell’Italia meridionale. A Barcellona, il siciliano si è solidamente insediato e figura come amministratore unico di diverse società: Restauralia Olímpic, S.L., con sede presso il Centre Comercial Marina Village; Pouni 185, ditta costituita nel 2004, che si dedica alla compravendita e alla locazione d’immobili e a servizi di ristorazione, situata nella via Carrer de Marina 19-21; e Rebra S.L., che si dedica all’offerta di attività complementari e accessorie alle imprese di ristorazione, specialmente sale per feste, e per attività ricreative e d’intrattenimento, con sede nella via Carrer de Moià 1, nel pieno centro di Barcellona e a pochi metri dal domicilio barcellonese della famiglia Amato. Lumia, che dirige dalla capitale catalana un potente gruppo di narcotrafficanti, non solo lavora per i napoletani. Si vale di importanti legami con alcune famiglie di Cosa Nostra, a cui procura la droga per i mercati di Palermo e di Trapani. A Barcellona, Amato si sente più sicuro e rilassato che a Napoli. Circondato da parenti, è protetto da un’efficiente, 39

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pur se a volte poco discreta, cintura di sicurezza. Una volta in città, comincia a organizzare i suoi effettivi: i napoletani che già risiedono nella città e quelli che si sono trasferiti con lui, a cui aggiunge giovani affiliati spagnoli e nord-africani, incorporati nel traffico di droga e di armi. Naturalmente, Amato non perde i contatti con Napoli, con i familiari o con altri affiliati del clan Di Lauro, o con i rappresentanti dei diversi gruppi e sottogruppi, che, messi da parte dalla nuova direzione, rimangono in territorio napoletano in attesa degli eventi. I successi del clan Di Lauro sono stati opera di Paolo, però anche dei suoi antichi colonnelli, come per esempio Amato, capi di importanti e strategici sottogruppi che fanno parte dell’organizzazione, e sono egemonici in luoghi decisivi per il controllo territoriale di Secondigliano e del mercato della droga. Amato sa che deve sfruttare a proprio favore le critiche crescenti su Cosimo e i suoi fratelli, ma al contempo deve evitare che si producano disunione e scontri tra i vari capizona, divergenze che vengono fomentate dalla giovane direzione del clan e da cui possono trarre vantaggio i suoi avversari. I primi interlocutori sono, dunque, quelli che costituivano gli antichi e prestigiosi gruppi di comando del clan. Gruppi come quello di Mugnano, come i Maranesi, radicatisi nel quartiere di Monte Rosa e diretti da Raffaele Abbinante, il gruppo di Rosario Pariante e quello di Gennaro Marino. Progressivamente si uniscono a questi altri gruppi e dirigenti. Pochi mesi dopo l’arrivo di Amato e dei suoi, Barcellona comincia a diventare il centro cospirativo in cui maturano i primi movimenti tattici, vengono definite le strategie, si formano le alleanze iniziali, si prendono accordi e si preparano tradimenti che daranno forza alla scissione e più tardi ai piani militari per il colpo di stato definitivo. In forma riservata, di nascosto dai Di Lauro, importanti ufficiali 40

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del clan si recano a Barcellona per incontrarsi con Amato, metterlo al corrente della situazione, conoscere le sue intenzioni e concordare strategie. E da Barcellona a Napoli si spostano anche gli ufficiali e gli ambasciatori di Amato per riunirsi con i rappresentanti dei diversi gruppi e sottogruppi satelliti del clan Di Lauro. L’andirivieni tra le due città si prolunga per mesi, con il passare del tempo si fa più fitto, e sorprende che, nonostante l’assiduità, la notorietà e l’importanza che coloro che viaggiano hanno nel mondo camorristico napoletano, gli spostamenti dei criminali riescano ad eludere la sorveglianza della polizia, che interviene solo dopo due anni. Tra i primi ad andare a Barcellona, figurano Giacomo Migliaccio, Giacumino ‘a femminella, e Gennaro Marino. Apparentemente, Marino arriva con il proposito di mediare nel conflitto, però, invece di cercare di appianare i disaccordi e fare con Amato opera di persuasione affinché torni a Napoli, gli spiega che Cosimo vuole ammazzarlo. Una confidenza che risulta determinante. Marino, che è conosciuto nell’ambiente criminale come Genny Mckay, perché suo fratello, che ha perso le due mani durante un’imboscata, si paragona con l’omonimo personaggio di un western molto in voga negli anni Sessanta, è il capopiazza delle “Case Celesti”, una delle principali zone suburbane di vendita di cocaina a Secondigliano. Per anni è stato il pupillo di Paolo Di Lauro, il quale, per dimostrargli il suo affetto, gli ha regalato il punto di vendita liberandolo dall’obbligo di pagare una parte dei benefici alla casa madre. Tutti i guadagni, sottraendo naturalmente i costi dell’acquisto della droga, sono per lui. Un gesto eccezionale: per ringraziare il padrino, Genny Mckay gli regala un Rolex d’oro massiccio e ai figli potenti motociclette del modello Transalp. Marino è un capo, una persona rispettata dal clan. Quando è stato necessario giocarsela, non ha fat41

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to mai un passo indietro: nel 1992, per esempio, è uno dei sospettati dell’omicidio di quattro camorristi di Sant’Antimo8. Per tutto ciò, per la sua esperienza e per il suo prestigio, per la fedeltà a Ciruzzo ‘o milionario, quando il figlio di questi, Cosimo, decide di farla finita con il sistema vigente, secondo cui i trafficanti del clan traggono profitti dalla vendita della droga, e impone una percentuale dell’investimento realizzato e perciò di pagare una nuova quota, Marino rifiuta di accettare la nuova regola e decide mettersi dalla parte di Amato. Marino e Amato si alleano e cominciano a reclutare nelle loro file volontari disposti a partecipare allo scontro che si avvicina. Si apre un periodo incerto, denso di timori e sospetti, di frequenti e prolungate conversazioni telefoniche tra Barcellona e Napoli, tra Secondigliano e Mugnano, di incontri tra affiliati con il fine di conoscere la loro posizione rispetto alle due fazioni e di convincere l’altra parte dei vantaggi che conseguirebbe cambiando fronte. In queste riunioni i membri di ciascuna fazione adottano rigide precauzioni di sicurezza, gli affiliati vengono invitati a manifestare le proprie opinioni con tono cauto e si resta ad aspettare lo svolgersi degli eventi per prendere le decisioni più convenienti. Coscienti, gli uni e gli altri, del fatto che è difficile che lo scontro tra i figli di Paolo Di Lauro e quelli che ora comin8 Il punto di vendita delle Case Celesti, controllato da Marino, rendeva a Ciruzzo introiti di trecento milioni di lire alla settimana, secondo il pentito Maurizio Prestieri. Genny Mckay è stato catturato dalla polizia poco dopo l’inizio della guerra di Scampia, nel novembre del 2004, mentre si trovava in una riunione nella quale, a quanto sembra, si doveva pianificare l’offensiva finale contro i Di Lauro, in cui era previsto l’uso di bombe oltre che di fucili mitragliatori. Con lui, sono stati imprigionati altri importanti colonnelli secessionisti, come per esempio Gennaro e Raffaele Notturno, arrestati durante il conflitto più sanguinoso. Gennaro Marino nel giro di tre settimane ha perso un cugino e suo padre, uccisi dai sicari di Di Lauro.

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ciano a essere conosciuti come gli spagnoli, possa risolversi in modo incruento. Per il clan Di Lauro il momento è delicato, perché i suoi affiliati non si sono ancora ripresi dai danni causati dalle dichiarazioni dei primi pentiti dell’organizzazione. Una circostanza che ha introdotto nel clan un elemento d’insicurezza e di debolezza, sconosciuto fino allora. Con il líder máximo in clandestinità e alcuni dei suoi capi tallonati dalle autorità dello stato, l’ultima cosa di cui il clan ha bisogno è la proliferazione di divisioni e di tradimenti al suo interno. E meno che mai, di una guerra. Nonostante ciò, le accuse d’infame volano da una riva all’altra dell’organizzazione, come preludio della violenza che mesi più tardi esploderà in tutto il territorio dei clan e andrà anche oltre. La riconciliazione sembra di giorno in giorno più difficile e lontana: anche perché l’atteggiamento dei Di Lauro, la manifesta volontà di provocare malintesi non solo tra loro e gli Amato, ma anche tra il proprio clan e alcuni dei collaboratori più fedeli, risulta insopportabile. Amato si sforza di spiegare che la sua sparizione – a Napoli ancora non si parla di Barcellona – non vuol dire che abbia abbandonato i suoi uomini per paura, come tentano di far credere dalle trincee nemiche, ma che la sua partenza è stata decisa al fine di evitare tensioni che potrebbero provocare lo scoppio del conflitto. A poco a poco, nei mesi successivi, le posizioni si vanno definendo, e si vanno anche delineando le file di una fazione e dell’altra. Coloro che restano fedeli alla nuova direzione del clan e quelli che, al contrario, affidano la soluzione della crisi ad Amato, qualsiasi sia la sua decisione finale. Perché presto appare chiaro che la rivolta contro la nuova leva dei Di Lauro è capeggiata da ‘a vecchiarella, l’uomo con cui si deve trattare per ottenere garanzie per il futuro. 43

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All’inizio del 2003, i viaggi di Amato e dei suoi tra Barcellona e Napoli si ripetono. In febbraio, agenti della Squadra Mobile di Napoli individuano, in un appartamento di via Campania, a Caserta, la presenza del gruppo di fedeli che costituiscono il giro più vicino ad Amato e al suo stato maggiore. Sono tornati da Barcellona per far fronte agli eventi dall’interno del territorio. Cesarino Pagano ha il comando delle operazioni e spesso, come faranno suo fratello Domenico, Elio Amato e Carmine Amato, farà avanti e indietro dalla Spagna, andando quasi sempre a Barcellona, e in qualche occasione sulla Costa del Sol, in particolare a Malaga. Nel corso del 2003, il luogo dove risiede Amato continua a essere un mistero nel sottobosco della Camorra napoletana. Che forse si trovi in Spagna è una voce che si diffonde, ma non trova conferma. I suoi soggiorni napoletani, d’altra parte, contribuiscono a confondere ancora di più i suoi avversari. In aprile, per esempio, attraverso intercettazioni telefoniche di alcuni membri del clan Di Lauro, si sa che si trova a Napoli. La notizia che ‘a vecchia è tornata, circola per le vie di comunicazione sotterranee di quelli che non sono d’accordo e degli avversari. Si dice anche che il suo ritorno è dovuto all’intento di risolvere il disaccordo sorto con il vertice del clan e di appianare la situazione. Inoltre il suo allontanamento, che non è stato mai volontario, e la confusione che si è generata stanno provocando grandi difficoltà nelle forniture di droga al clan, dato che il principale canale d’importazione è proprio il gruppo di Amato. L’anno 2003 è, in effetti, un periodo di incertezza e di atteggiamenti ambigui, dai lineamenti non chiari. Nonostante ciò, tutto sembra indicare che in questo periodo Amato non vuole ancora troncare i vincoli con il suo vecchio capo Paolo Di Lauro, con cui ha lavorato gomito a gomito per anni e che riconosce ancora come il suo capo. A 44

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quanto pare, ‘o Lello vuole avere chiarimenti sul suo ruolo e su quello di coloro che hanno diretto in questi anni il rifornimento e il traffico di droga per conto del clan. Il suo interesse è doppio: da un lato, vuole che si chiarisca il personale dissenso con il vertice del clan; dall’altro, vuole assumersi il compito di mediatore in un momento in cui si sta ponendo in dubbio la fedeltà di personaggi vicini a lui, stigmatizzati dalla nuova generazione che ha preso il potere nel clan. In teoria, lui è la persona idonea per questo scopo. È un uomo di prestigio all’interno del clan, rispettato dagli affiliati che gli riconoscono non solo la sua capacità di gestione nel grande business della droga e la sua serietà nell’assicurare il rifornimento di tutte le piazze di spaccio, ma anche la sua capacità di intervenire risolutivamente nei momenti difficili. È probabile che Amato pensi che la nuova avventura che sta per vivere possa valersi di un contesto favorevole ai suoi interessi. La Camorra cittadina è in crisi, alcuni dei capi più potenti si trovano in carcere e l’avversario, dopo un lungo periodo di fughe e frenate, si vede costretto ai limiti imposti dalle necessità di sopravvivenza. Si tratta di un vuoto che chiede di essere occupato, che è propizio ad Amato, perché ora può imporre la propria egemonia nel traffico di stupefacenti non solo all’area municipale, ma in una zona molto più ampia. Qualunque siano le intenzioni, i suoi tentativi non fanno altro che provocare l’effetto contrario: rafforzano le diffidenze degli uomini di Di Lauro, che vedono nelle sue manovre e in quelle dei suoi seguaci continue prove di ribellione e di tradimento. Accanto alle azioni diplomatiche, alle trame e ai traffici, a Barcellona Amato e i suoi non trascurano gli affari di famiglia, anche in previsione di un futuro spagnolo che potrebbe prolungarsi sul medio periodo. 45

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